Roma - Un cittadino siriano di 23 anni, residente a Varese con la sua famiglia, è stato arrestato a Genova dalla Polizia per associazione e arruolamento con finalità di terrorismo.
L'inchiesta è stata diretta dalla Procura distrettuale antiterrorismo di Genova. Nel corso delle indagini, coordinate dalla Direzione centrale della Polizia di prevenzione, secondo quanto trapela è emersa l'intenzione del giovane di recarsi in Siria per unirsi alle fila di Jabat al Nusra ("Partigiani del soccorso al popolo della Grande Siria", ndr), gruppo di miliziani legato ad Al Quaeda. La pianificazione dell'imminente viaggio ha portato l'autorità giudiziaria ad emettere la misura pre-cautelare del fermo per pericolo di fuga. Non sarebbero state riscontrate prove su possibili piani di attentati da attuare sul territorio italiano.
Nell'ambito dell'indagine sono state eseguite perquisizioni a carico di altre cinque persone, tutte straniere e residenti a Genova. I cinque avrebbero avuto stretti rapporti di amicizia con il siriano. Perquisiti anche luoghi di culto islamici e altri siti tra Genova e Rapallo, posti frequentati dal giovane siriano di 23 anni arrestato e dalle 5 persone con cui aveva stretti contatti in Liguria.
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Oggi il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha riferito al Comitato Schengen che sono 345 "i detenuti interessati dal fenomeno della radicalizzazione in carcere, di cui è possibile fornire una distinzione in base al grado di pericolosità". I dati, acquisiti attraverso il monitoraggio in corso, "mostrano come la situazione in Italia non sia così allarmante come quella di altri Paesi europei", ha rilevato Orlando.
Dei 345 detenuti, ha specificato il ministro, ci sono "almeno 93, per i quali non sono emersi segnali concreti di radicalizzazione, che rimangono sospettati e sottoposti ad osservazione; 99, pur non ancora classificati come radicalizzati, hanno manifestato atteggiamenti di approvazione in occasione degli attentati di Parigi, del Belgio e di Dacca. Dei totali 345 detenuti - ha ricordato ancora Orlando - 153 sono i detenuti classificati a forte rischio di radicalizzazione, di cui 39 sottoposti al regime detentivo di Alta Sicurezza, essendo imputati per reati di terrorismo". I detenuti che provengono da Paesi di fede musulmana "sono complessivamente 10.500 e sono 7.500 quelli che la professano. Per quanto la situazione non sia allarmante - ha ribadito il Guardasigilli - non possiamo permetterci di sottovalutare nulla, perchè il carcere è un luogo dove si realizzano forme di radicalizzazione rapida e perchè si tratta di soggetti vulnerabili".
Intanto, la Questura di Roma ha rimodulato il piano antiterrorismo e ha istituito una zona di massima sicurezza attorno al Colosseo. Estesa anche all'area dei Musei Vaticani quella già vigente attorno alla basilica di San Pietro. (AGI)