Erevan, 26 giu. - (dall'inviato Salvatore Izzo) "Ci siamo impegnati ad opporci ad ogni forma di discriminazione e violenza, e abbiamo commemorato le vittime di quello che la Dichiarazione Comune di Sua Santità Giovanni Paolo II e Sua Santità Karekin II menzionò quale 'lo sterminio di un milione e mezzo di Cristiani Armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo'".
E' questa frase chiave della dichiarazione congiunta tra Papa Francesco e il Catolicos Karekin II, patriarca di tutti gli armeni. Fino all'ultimo, il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi, non aveva voluto confermare l'esistenza di questo documento, segno che c'erano ancora discussioni tra le due parti. Forse il pesante attacco del vice primo ministro turco Nurettin Canikli che nel corso di una conferenza stampa in riferimento all'ennesima condanna lanciata da Papa Francesco ha parlato di "tracce di mentalità da crociata" ha spinto a trovare una sintesi comune tra le due chiese, per evitare l'impressione di un arretramento. E non manca un appello comune per la pace in Nagorno Karabakh, l'enclave cristiana dell'Azerbaigian che chiede di unirsi all'Armenia, dove da quasi 30 anni è in atto un conflitto strisciante, che proprio lo scorso aprile è tornato a infiammarsi con un elicottero azero abbattuto dagli armeni: "proprio perché siamo cristiani, siamo chiamati a cercare e sviluppare vie di riconciliazione e di pace. A questo proposito esprimiamo anche la nostra speranza per una soluzione pacifica delle questioni riguardanti il Nagorno Karabakh", hanno firmato i due "papi".
Purtroppo non c'è nel testo nessun riferimento al tema del traffico di armi, che qui in Armenia - paese che è di fatto in guerra con il vicino Azerbaigian, dove il Papa si recherà in settembre per completare la sua missione di pace - è davvero centrale. Ieri in piazza della Repubblica, Francesco aveva pronunciato invece parole chiarissime: "quanto sono grandi oggi gli ostacoli sulla via della pace, e quanto tragiche le conseguenze delle guerre! Penso alle popolazioni costrette ad abbandonare tutto, in particolare in Medio Oriente, dove tanti nostri fratelli e sorelle soffrono violenza e persecuzione, a causa dell'odio e di conflitti sempre fomentati dalla piaga della proliferazione e del commercio di armi, dalla tentazione di ricorrere alla forza e dalla mancanza di rispetto per la persona umana, specialmente per i deboli, per i poveri e per coloro che chiedono solo una vita dignitosa".
E nel discorso di due settimane fa al PAM aveva detto: "mentre gli aiuti e i piani di sviluppo sono ostacolati da intricate e incomprensibili decisioni politiche, da forvianti visioni ideologiche o da insormontabili barriere doganali, le armi no; non importa la loro provenienza, esse circolano con una spavalda e quasi assoluta libertà in tante parti del mondo. E in questo modo, a nutrirsi sono le guerre e non le persone". Ma nella dichiarazione congiunta di oggi il Papa non ha potuto inserire questi concetti fondamentali del suo magistero, il testo è infatti frutto di un compromesso, analogamente a quello firmato a Cuba con il patriarca russo Kirill.
Il documento dà atto invece che "la Chiesa Armena porta avanti la sua missione con uno spirito di fraterna collaborazione tra le Chiese, sostenendo i fedeli nel costruire un mondo di solidarietà, di giustizia e di pace". "Tuttavia - denunciano insieme Francesco e Karenin II - siamo purtroppo testimoni di un'immensa tragedia che avviene davanti ai nostri occhi: di innumerevoli persone innocenti uccise, deportate o costrette a un doloroso e incerto esilio da continui conflitti a base etnica, politica e religiosa nel Medio Oriente e in altre parti del mondo. Ne consegue che le minoranze etniche e religiose sono diventate l'obiettivo di persecuzioni e di trattamenti crudeli, al punto che tali sofferenze a motivo dell'appartenenza ad una confessione religiosa sono divenute una realtà quotidiana. I martiri appartengono a tutte le Chiese e la loro sofferenza costituisce un "ecumenismo del sangue" che trascende le divisioni storiche tra cristiani, chiamando tutti noi a promuovere l'unità visibile dei discepoli di Cristo". "Insieme - assicurano i due capi delle chiese - preghiamo per un cambiamento del cuore in tutti quelli che commettono tali crimini e in coloro che sono in condizione di fermare la violenza. Imploriamo i capi delle nazioni di ascoltare la richiesta di milioni di esseri umani, che attendono con ansia pace e giustizia nel mondo, che chiedono il rispetto dei diritti loro attribuiti da Dio, che hanno urgente bisogno di pane, non di armi".
"Purtroppo - denunciano Francesco e Karekin II - assistiamo a una presentazione della religione e dei valori religiosi in un modo fondamentalistico, che viene usato per giustificare la diffusione dell'odio, della discriminazione e della violenza. La giustificazione di tali crimini sulla base di idee religiose è inaccettabile, perché 'Dio non è un Dio di disordine, ma di pacè. Inoltre, "il rispetto per le differenze religiose è la condizione necessaria per la pacifica convivenza di diverse comunità etniche e religiose". La dichiarazione cita le parole di Gesù "Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi", e Papa di Roma e Catolicos degli armeni chiedono ai fedeli delle loro Chiese di "aprire i loro cuori e le loro mani alle vittime della guerra e del terrorismo, ai rifugiati e alle loro famiglie". "E' in gioco - spiegano - il senso stesso della nostra umanità, della nostra solidarietà, compassione e generosità, che può essere espresso in modo appropriato solamente mediante un immediato e pratico impiego di risorse".
"Riconosciamo - aggiungono Francesco e Karekin - che tutto ciò è già stato fatto, ma ribadiamo che molto di più si richiede da parte dei responsabili politici e della comunità internazionale al fine di assicurare il diritto di tutti a vivere in pace e sicurezza, per sostenere lo stato di diritto, per proteggere le minoranze religiose ed etniche, per combattere il traffico e il contrabbando di esseri umani". Infine c'è nel testo una analisi della secolarizzazione in atto in ampi settori della società: "la sua alienazione da ciò che è spirituale e divino, conduce inevitabilmente ad una visione desacralizzata e materialistica dell'uomo e della famiglia umana". "A questo riguardo - concludono i due capi delle chiese - siamo preoccupati per la crisi della famiglia in molti Paesi. La Chiesa Apostolica Armena e la Chiesa Cattolica condividono la medesima visione della famiglia, basata sul matrimonio, atto di gratuità e di amore fedele tra un uomo e una donna". (AGI)