Roma - A che cosa serve questo bene immateriale che e' la letteratura? Se lo chiedeva Umberto Eco in un saggio contenuto nella raccolta "Sulla letteratura" e oggi i 503mila maturandi alle prese con la prima prova d'italiano tentano di dare una risposta. Per Maria Serena Sapegno, docente di letteratura italiana all'universita' di Roma La Sapienza, gli studenti sono di fronte a un quesito "importante, che di rado emerge nel corso della carriera scolastica e che si presta molto a fare delle riflessioni". "L'effetto che auspico - continua Sapegno - e' quello di spiazzamento, spero che tiri fuori dagli studenti osservazioni e spunti molto personali". Osserva Eco: "La letteratura tiene innanzitutto in esercizio la lingua come patrimonio collettivo. Per definizione va dove vuole, nessun decreto dall'alto, ne' da parte della politica, ne' da parte dell'accademia, puo' fermare il suo cammino". E mette in guardia: "Se qualcuno oggi lamenta il trionfo di un italiano medio diffusosi attraverso la televisione, non dimentichiamo che l'appello a un italiano medio, nella sua forma piu' nobile e' passato attraverso la prosa piana e accettabile di Manzoni e poi di Svevo e di Moravia". Ma se questo passaggio non e' nuovo agli studenti, sostiene Sapegno, ben piu' "stimolante" e' la chiusura del brano in cui il semiologo spiega: "la lettura delle opere letterarie ci obbliga a un esercizio della fedelta' e del rispetto nella liberta' dell'interpretazione. C'e' una pericolosa eresia critica, tipica dei nostri giorni, per cui di un'opera letteraria si puo' fare quello che si vuole, leggendovi quanto i nostri incontrollabili impulsi ci suggeriscono. Non e' vero... le opere ci invitano alla liberta' dell'interpretazione perche' ci propongono un discorso dai molti piani di lettura" ma per "poter procedere in questo gioco... occorre essere mossi da un profondo rispetto" verso l'intenzione del testo. "Fedelta', rispetto e liberta': e' un messaggio molto bello" osserva la professoressa. "Hai a che fare con un'altra persona quindi devi rispettarla e interpretarla proprio come accade quando si dialoga. E proprio questo dialogo puo' produrre ogni volta una cosa nuova perche' i testi hanno diversi livelli di lettura, sono portatori di un messaggio consapevole o inconsapevole". Eco - continua Sapegno - "non predica l'interpretazione assoluta, libera. Dall'altra parte non invita nemmeno alla soggezione e all'adorazione dell'autore. La giusta chiave e' quella di capire e rispettare l'altro percependone l'alterita', aprendosi allo sconosciuto, restando se stessi senza esserne subordinati". (AGI)