Milano - "Volevamo andare in Siria per aiutare i bambini colpiti dalle guerre, non per arruolarci nell'Isis". E' quanto hanno detto nell'interrogatorio di garanzia Abderrahim Moutaharrik e sua moglie Salma Bencharki, arrestati nell'ambito dell'inchiesta antiterrorismo condotta dalla procura di Milano. Lo ha riferito il loro legale, Francesco Pesce, lasciando il carcere di San Vittore. "I miei assistiti - ha sottolineato l'avvocato - hanno spiegato ai magistrati che sono cresciuti in Italia e non vorrebbero mai fare seriamente del male a nessuno". I loro proclami, quindi, ha precisato il difensore, vanno contestualizzati nel proposito di "aiutare i civili innocenti martoriati dalla Siria e, in particolare, i bambini". Moutaharrik ha detto che non era sua intenzione "unirsi all'organizzazione terroristica. Le cose che ho detto le ho dette per rabbia, le guerre sono terribili e fanno più vittime tra chi non c'entra. Non mi farei mai saltare in aria, non farei mai del male a gente con cui sono cresciuto", ha aggiunto il campione di kickboxing.
Strage a Baghdad, 16 morti e 42 feriti
Secondo i coniugi arrestati, poi, il finanziamento di settemila euro chiesto alla banca non sarebbe servito per organizzare un viaggio in Siria per unirsi alle forze dell'organizzazione terroristica dello Stato islamico, ma per coprire dei debiti personali. Secondo la procura di Milano, quel denaro chiesto a una filiale di Deutsche Bank sarebbe invece servito per partire verso la Siria assieme ai figli di due e quattro anni. "I miei assistiti - ha spiegato l'avvocato Pesce - sono cresciuti in Italia, dove si trovano da 16 anni, sono integrati e non hanno mai riportato condanne penali". Il legale ha precisato che nessuna domanda è stata posta dai magistrati sulla possibilità di un attentato a Roma e sui contatti tenuti dal campione di kickboxing con lo sceicco autore del "poema-bomba". I due, ha annunciato il legale, "saranno trasferiti in un carcere in Calabria oppure nel penitenziario di Nuoro, perche' San Vittore non puo' ospitare presunti terroristi".
"La loro è una famiglia normale - ha insistito il difensore - lui fa il metalmeccanico ed e' istruttore di kickboxing, lei e' una casalinga e si occupa dei figli e della famiglia. L'ammirazione per Oussama (il fratello di un altro degli arresti morto in battaglia con l'Isis) si spiega col fatto che era una figura che per il Corano aveva una certa importanza". "Non potevano negare di aver detto le frasi che sono state registrate - ha proseguito il legale - ma le loro frasi vanno viste in un contesto più ampio. Avevano rapporti con persone non collegate direttamente con l'Isis che gli servivano per andare in Siria. A un musulmano occorre un nulla osta per entrare in quel Paese".
Arrestato, le mie solo fanfaronate al telefono
Non volevo fare del male a nessuno, le mie erano solo fanfaronate al telefono". Cosi' si è difeso da parte sua, nell'interrogatorio di garanzia, Abderrahmane Khachia, il ventitreenne marocchino di Brunello (Varese) arrestato nell'ambito della stessa indagine. Il suo legale, l'avvocato Luca Bauccio, ha affermato che il giovane "è caduto in una situazione di cui non capisce né la gravità né l'importanza, ma non ha commesso alcun reato e non è un pericolo per la società". "Non abbiamo alcun elemento fattuale contro di lui - ha aggiunto - agiamo in un contesto epocale che rende i sospetti dei colpevoli. Ha soltanto fatto delle affermazioni esagerate, e' un ragazzo fanfarone e superficiale che e stato trasformato in un terrorista. Le sue sono espressioni generiche, iperboliche che non traducevano un suo pensiero. E' un ragazzo di 23 anni, che beve, fuma le canne e non faceva nulla in concreto che corrisponda alla figura del terrorista". "Sono sconcertato e angosciato - ha detto l'avvocato - è più facile difendere un fanatico islamico che un ragazzo che non c'entra nulla". (AGI)