Napoli - Rapporti di lavoro piu' stabili e migliori retribuzioni. Timidi segnali di ripresa del mercato del lavoro nel 2015, a conferma di un trend gia' intravisto per il 2014, anche dal 18esimo rapporto AlmaLaurea sulla condizione occupazionale dei laureati italiani, che considera i dati di 71 dei 73 atenei aderenti al consorzio interuniversitario. Il campione su cui si basa la ricerca e' di oltre 570mila laureati, intervistati a uno, tre e cnque anni dal conseguimento del titolo di studio; nel 2015, 265mila laureati di primo livello, magistrali biennali e magistrali a ciclo unico.
Tra chi e' neolaureato, "cala la disoccupazione e aumentano stabilita' lavorativa, retribuzioni ed efficacia". Tra coloro che si sono laureati a cavallo della crisi, intervistati poi dopo 5 anni dal diploma, "cala l'occupazione e aumenta seppure lievemente la disoccupazione", rispetto la rilevazione tre anni dopo la laurea, ma "migliorano le caratteristiche del lavoro svolto", cioe' "stabilita' e retribuzioni".
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Calo nelle immatricolazioni, ma anche mobilita' per lavoro. Negli ultimi dieci anni le regioni del mezzogiorno perdono costantemente capitale umano, secondo il18esimo rapporto AlmaLaurea che conferma la mobilita' territoriale. Un fenomeno positivo se guardato come modo per gli studenti e degli atenei di valorizzare le proprie potenzialita', ma negativo se si considera invece che sancisce il divario sociale ed economico fra regioni italiane. Il calo delle immatricolazioni, indica il rapporto, registra tra 2003 e 2015 -20% come media nazionale, ma al sud la contrazione e' del 30%. Sul fronte della mobilita' per lavoro, poi, a cinque anni dal conseguimento della laurea, mentre al nord su cento laureati sette se ne vanno prevalentemente all'estero per lavorare, il sud perde oltre un quarto del suo capitale umano, dato che il 26% lavora lontano dalla famiglia d'origine.
Vari sono i fattori che incidono su questo fenomeno, il primo dei quali il calo demografico, dato che negli ultimi 30 anni la fascia di popolazione con 19 anni di eta' e' diminuita del 40%, senza particolari differenze geografiche, anche se per l'Istat nei prossimi 15 anni il calo riguardera' soprattutto le aree meridionali del paese. La stima e' che entro il 2030 i 19enni aumenteranno al Nord del 21% grazie ai recenti flussi di immigrazione e segneranno -13% al Sud. Poi c'e' l'abbandono degli studi dopo il diploma di maturita', complice la crisi, scelta diffusa in tutta Italia ma piu' praticata al Sud, dove a compiere studi universitari e' il 54% dei diplomati contro il 59% del Nord. In Italia, poi, si sposta per motivi di studio fuori casa solo il 9% degli studenti, e in prevalenza chi e' piu' avvantaggiato culturalmente ed economicamente; ma di questi "sono in prevalenza giovani del Sud", dicono i dati del consorzio interuniversitario.
Al Nord, su cento laureati, solo 2 hanno cambiato regione per studiare all'universita'; al centro, la quota di chi migra e' pari all'8%; invece tra i residenti al Sud, il 20% fa la valigia. Tra la triennale e la magistrale, poi, ancora dal Sud va via un'altra quota pari al 14% di quelli che scelgono di continuare a studiare.