Roma - "Metà dei reclusi nei penitenziari minorili italiani sono musulmani. In cella ci sono circa 500 ragazzi, abituati a stare su Internet come tutti i loro coetanei. E per questo possono facilmente entrare in contatto con i siti che predicano la Jihad: sono a rischio altissimo di radicalizzazione". A lanciare l'allarme in un'intervista a "La Repubblica" è il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo Franco Roberti. "In Italia - spiega Roberti - pensiamo di correre pericoli inferiori ai francesi e ai belgi. Probabilmente è vero: la comunità musulmana nel nostro paese è diversa, le seconde generazioni sono ancora adolescenti. Ma se non interveniamo subito, tra cinque-dieci anni ci troveremo nella stessa situazione di Bruxelles o delle banlieue parigine. Già oggi la minaccia crescente sono i giovani che dall'Italia vogliono andare a combattere in Siria, superiore al numero che conosciamo. Un fenomeno che stiamo cercando di fermare". Ma le mafie italiane sono in grado di 'bloccare' le attività terroristiche, soprattutto al sud. "Non è vero, anzi è esattamente il contrario - risponde il procuratore nazionale - da sempre mafie e terroristi fanno lo stesso gioco. Negli anni di piombo le migliori regie investigative venivano distolte dall'eversione, permettendo a Cosa nostra e alla camorra di crescere. Ma ci sono tanti elementi del passato e del presente che ci indicano come mafia e terrorismo siano in affari". E "l'Is è un punto di svolta, perché incarna l'intreccio tra terrorismo e criminalità: è una realtà mafiosa che sfrutta il controllo del territorio per attività di imprenditoria criminale come il traffico di droga, il contrabbando di petrolio e di reperti archeologici, i sequestri di persona". (AGI)