Roma - Si è concluso con un flop il vertice italo-egiziano organizzato a Roma per fare il punto sul caso legato all'omicidio di Giulio Regeni. E il primo, duro, passo formale del governo italiano, tanto auspicato dalla famiglia del 28enne ricercatore di origine friulana in caso di fallimento dell'incontro con l'Egitto, non si è fatto attendere: è stato richiamato a Roma per consultazioni il nostro ambasciatore in Egitto Maurizio Massari. "L'Italia si fermerà solo davanti alla verità", ha scritto su Facebook il presidente del consiglio Matteo Renzi. "L'Italia ha preso un impegno con la famiglia Regeni - ha poi detto al termine del CdM - con la memoria di Giulio Regeni, ma anche con la dignità di ciascuno di noi nel dire che non ci saremmo fermati se non davanti alla verità". Un messaggio ribadito anche dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: "vogliamo una sola cosa: la verità su Giulio Regeni". La famiglia del giovane studioso si è detta "amareggiata" per il fallimento del vertice, e ha espresso "soddisfazione per la decisione del ministro Gentiloni di richiamare in Italia l'ambasciatore Massari".
Formalmente la collaborazione tra le due autorità giudiziarie proseguirà con lo scambio di atti attraverso l'attività di rogatoria e investigativa, ma da un punto di vista sostanziale il bilancio di questa 'due giornì di riunione con l'Egitto, organizzata alla scuola di polizia di via Guido Reni al quartiere Flaminio, parla di 'irritazionè e 'grossa delusionè sul fronte italiano. I magistrati romani e gli investigatori di Sco e Ros non hanno ottenuto nulla di quello che avevano richiesto nella rogatoria dell'8 febbraio scorso e che ritenevano fondamentale per l'inchiesta. Non i tabulati delle utenze telefoniche riconducibili ad alcuni soggetti di nazionalità egiziana presenti al Cairo nel gennaio scorso, quando Regeni è sparito in circostanze mai chiarite, e neppure i filmati delle telecamere della metropolitana e del quartiere dove viveva il 28enne ricercatore italiano. La controparte, invece, ha voluto consegnare i tabulati telefonici delle utenze egiziane in uso solo a due amici italiani di Giulio Regeni presenti al Cairo tre mesi fa, la relazione di sopralluogo, con allegate foto del ritrovamento del corpo di Regeni e una nota in cui si riferisce che gli organizzatori della riunione sindacale tenuta nella capitale egiziana l'11 dicembre scorso, che ha visto la partecipazione del nostro connazionale, hanno comunicato che non sono state effettuate registrazioni video ufficiali dell'incontro. Veramente troppo poco secondo l'Italia per fare un minimo di chiarezza in questa vicenda sin da subito caratterizzata da depistaggi, menzogne e ricostruzioni fasulle. "In relazione alla richiesta del traffico di celle presentata ancora una volta dalla Procura di Roma - recita un passo del comunicato diffuso da piazzale Clodio - l'autorità giudiziaria egiziana ha comunicato che consegnerà i risultati al termine dei loro accertamenti che sono ancora in corso. La Procura di Roma ha insistito perché la consegna avvenga in tempi brevissimi sottolineando l'importanza di tale accertamento da compiersi con le attrezzatura all'avanguardia disponibili in Italia". Nella nota si precisa anche che "i magistrati della Procura Generale egiziana hanno riferito le circostanze attraverso le quali sono stati, recentemente, rinvenuti i documenti di Regeni e che solo al termine delle indagini sarà possibile stabilire il ruolo che la banda criminale, coinvolta nei fatti del 24 marzo scorso, abbia avuto nella morte del ragazzo italiano". Anche su questo punto, la Procura di Roma ha fatto sapere di aver "ribadito il convincimento che non vi sono elementi del coinvolgimento diretto della banda criminale nelle torture e nella morte di Regeni". (AGI)