Roma - Stefano Cucchi "sarebbe stato aggredito da appartenenti all'Arma dei carabinieri", quindi prima di essere "preso in carico dagli agenti di polizia penitenziaria tratti a giudizio". Lo scrive la quinta sezione penale della Cassazione, nella sentenza depositata oggi, ricordando alcune testimonianze raccolte nell'ambito dei processi di merito sul caso Cucchi. La Suprema Corte, con le sue 57 pagine di motivazione, spiega perche', lo scorso dicembre, decise di confermare l'assoluzione di tre agenti della penitenziaria e di disporre un processo d'appello bis nei confronti di 5 medici del Pertini.
In particolare, i giudici di piazza Cavour ricordano le deposizioni dei due assistenti della polizia penitenziaria, che si occuparono di Cucchi nel carcere di Regina Coeli, e di un'infermiera del Pertini, "i quali tutti hanno riferito - si legge nella sentenza - di avere appreso da Cucchi di essere stato picchiato dai Carabinieri". La Corte cita anche nelle sue motivazioni la testimonianza di una donna, che, nelle celle occupate dagli arrestati in attesa di partecipare all'udienza di convalida, aveva parlato con Cucchi "che presentava lividi sul viso, dal quale aveva appreso di essere stato picchiato dagli 'agenti che lo avevano arrestato'". Infine la Cassazione pone in rilievo le testimonanze di alcuni carabinieri che entrarono in contatto con Cucchi prima che fosse condotto in tribunale: "tutti hanno concordemente riferito - si legge nella sentenza - che il ragazzo presentava sul volto dei segni (occhiaie, rossori, rigonfiamenti) compatibili con possibili percosse ricevute", come affermato "con disarmante sicurezza e semplicita'" da uno dei testi (uno dei carabinieri della stazione Casilina, che portarono Cucchi dalla stazione di Tor Sapienza in tribunale) che disse "era chiaro che era stato menato".
La Cassazione speiga anche che il nuovo processo d'appello a carico di 5 medici dell'ospedale Pertini in relazione alla morte di Stefano Cucchi dovra' verificare se vi siano state condotte omissive da parte dei sanitari per impedire il decesso del giovane, che venne ricoverato nella struttura protetta del nosocomio, e per fare cio', cercare di raggiungere la "necessaria certezza" sulla "causa materiale" della morte.
"In tema di responsabilita' professionale del sanitario - scrivono nella sentenza i giudici di piazza Cavour - nella ricostruzione del nesso eziologico tra la condotta omissiva del sanitario e l'evento lesivo non si puo' prescindere dall'individuazione di tutti gli elementi concernenti la 'causa' dell'evento (morte o lesioni del paziente) giacche' solo conoscendo in tutti i suoi aspetti fattuali e scientifici il momento iniziale e la successiva evoluzione della malattia e' poi possibile analizzare la condotta omissiva colposa addebitata al sanitario". Nel caso in esame, "l'esatta individuazione della 'causa materiale' della morte di Cucchi, cioe' della patologia che ne ha determinato il decesso - si legge ancora nella sentenza depositata oggi - rappresenta pertanto il necessario antecedente su cui innestare l'indagine sul nesso di causalita' giuridica". (AGI)