Roma - Eppure le chiamiamo prostitute. Sono le ragazze crocifisse sulle nostre strade, le nuove schiave del XXI secolo, "le donne invisibili - le definisce ad 'Avvenire' don Aldo Buonaiuto, del servizio antitratta della Comunità Papa Giovanni XXIII - visibili solo a quei nove milioni di maschi italiani che credono sia un diritto pagare per averle e poi gettarle via usate".
Da 25 anni i volontari dell' associazione fondata da don Oreste Benzi percorrono le notti italiane da Nord a Sud con le loro 21 unità di strada e avvicinano le schiave, parlano loro di libertà, di alternative. E dopo aver parlato, fanno: offrono accoglienza immediata, basta che le ragazze lascino la strada e li seguano subito, senza aspettare domani.
Lo hanno già fatto in settemila, finalmente libere dai loro 'protettori', curate, mandate a scuola, avviate a un lavoro vero... "Sempre troppo poche", precisa però don Aldo Buonaiuto, nuovi dati alla mano. Le schiave vere e proprie sono infatti 120mila, secondo le stime più recenti, il 65% su strada, contro un 35% che è sfruttato nelle case chiuse e quindi paradossalmente ancora meno visibile.
Più di una ragazza su tre (37%) è minorenne, spesso poco più che bambina (dai 13 ai 17 anni), e la grande maggioranza di loro arriva da Nigeria (36%), Romania (22%), Albania (10,5%), Bulgaria (9%), Moldavia (7%), e a seguire Ucraina e Cina. Il business si aggira sui 90 milioni di euro ogni mese, che le mafie straniere si spartiscono in connivenza con quelle italiane.
E i clienti? Sono quei 9 milioni di schiavisti che alimentano il mercato: senza la loro domanda, la tratta umana languirebbe. "E' per questo che ci appelliamo al governo e al Parlamento affinché recepiscano le direttive della Comunità Europea e si adeguino al modello nordico, che punisce il cliente anziché le schiave, unico modo per far cessare la domanda e così fermare il mercato".(AGI)