Roma - Cinque anni di reclusione al macchinista Angelo Tomei e assoluzione, per non aver commesso il fatto, dei dirigenti dell'epoca della Metro spa, Gennaro Antonio Maranzano (responsabile dell'area esercizio e produzione), Roberto Gasbarra (capo del coordinamento movimento metropolitane) ed Ernesto De Santis (responsabile del servizio Metro A). E' la sentenza che la prima sezione penale del tribunale di Roma ha pronunciato poco fa dopo una lunga camera di consiglio in relazione all'incidente del 17 ottobre del 2006 quando alla stazione della metropolitana di piazza Vittorio (linea A) un convoglio tampono' con violenza il treno che lo precedeva provocando la morte di Alessandra Lisi, giovane ricercatrice, e il ferimento di 400 passeggeri. Gli imputati rispondevano dei reati di cooperazione in omicidio colposo, disastro ferroviario colposo e lesioni gravissime.
Tomei, cui sono state concesse le attenuanti generiche, e' stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e sottoposto all'interdizione legale per la durata della pena. Il tribunale, presieduto da Giuseppe Mezzofiore, lo ha condannato anche a pagare i danni alle parti civili, da liquidarsi in separato giudizio, in solido con il responsabile civile Atac spa. Bocciata la richiesta avanzata dalle parti offese di una provvisionale immediatamente esecutiva. Il 27 novembre scorso il pm Elisabetta Ceniccola aveva sollecitato la condanna del macchinista e dei tre dirigenti a tre anni e mezzo di reclusione. Secondo la Procura, quell'incidente "prima o poi si sarebbe verificato. Capito' quel 17 ottobre 2006 ma poteva capitare anche prima per il modo negligente con cui era gestito il servizio fornito dall'azienda che avrebbe dovuto assicurare, in nome della sicurezza degli utenti e dello stesso personale, il ligio rispetto delle norme che regolano la circolazione ferroviaria".
Il problema a monte - secondo chi ha indagato sull'incidente - era rappresentato "dall'utilita' economica della societa' legata all'attivita' dei macchinisti, a loro volta indotti a non accumulare ritardi nell'espletamento delle corse sulla linea A". Per il pubblico ministero "bastava, specie negli orari di punta, disattivare, con il consenso dei dirigenti (da qui il loro coinvolgimentom, ndr), il sistema di bloccaggio frenante e viaggiare a una velocita' leggermente superiore a quella consentita per tenere una distanza ravvicinata tra convogli precedenti, allo scopo di massimizzare i profitti per la societa' senza subire l'applicazione di penali previste negli accordi presi con il Comune, che e' il titolare del servizio pubblico".
Tomei, che alla lettura della sentenza non era presente in aula a differenza dei tre dirigenti, tampono' il treno che era fermo alla stazione Vittorio Emanuele alla velocita' di 42 km/h "violando le regole che sovrintendono la circolazione ferroviaria. Il giorno dell'incidente - evidenzio' il rappresentante della pubblica accusa - il macchinista non era in un momento di stanchezza, era in piena efficienza, non era neppure in una fase di sovraccarico professionale: aveva pure partecipato alla firma di alcuni accordi sindacali e quindi ben conosceva gli obiettivi aziendali. Nell'ottica di voler andare a recuperare il tempo perso tra il treno che lo precedeva fermo alla stazione di Vittorio Emanuele e quello che lo seguiva che non riusciva a chiudere le porte perche' i passeggeri erano troppi, ha staccato il sistema di bloccaggio e viaggiato a una velocita' non consentita. Un'azione sicuramente imprudente ma che faceva spesso. A Tomei questo modo di agire, noto ai dirigenti, e' sfuggito di mano". Il tribunale si e' preso 90 giorni di tempo per motivare la decisione e spiegare perche' i tre dirigenti sono stati assolti da ogni imputazione e perche' al macchinista e' stata inflitta una pena ben piu' pesante di quella chiesta dalla Procura. (AGI)