(AGI) - Roma, 20 lug. - Non e' necessario sottoporsi a unintervento chirurgico che modifichi i "caratteri primarisessuali", ossia gli organi genitali e riproduttivi, perottenere la rettificazione di sesso all'anagrafe. Lo ha sancitola prima sezione civile della Cassazione, accogliendo ilricorso di un 45enne che, nel '99, aveva ottenuto dal tribunaledi Piacenza l'autorizzazione al trattamento medico chirurgicoper diventare donna: dopo 10 anni, pero', aveva chiesto dipoter rettificare i propri dati anagrafici senza sottoporsiall'intervento, temendo le "complicanze di natura sanitaria" edaffermando di aver gia' "raggiunto un'armonia con il propriocorpo, che lo aveva portato a sentirsi donna a prescindere daltrattamento". Il tribunale aveva rigettato l'istanza,sostenendo che il trattamento chirurgico fosse "condizionesufficiente ma necessaria", conclusione condivisa anche dallaCorte d'appello di Bologna. La Suprema Corte ha invece accoltoil ricorso, e decidendo nel merito, ha detto si' alla domandadi rettificazione di sesso da maschile a femminile, ordinandoagli ufficiali dello stato civile competenti le modificheanagrafiche competenti. "L'interesse pubblico alla definizionecerta dei generi, anche considerando le implicazioni che nepossono conseguire in ordine alle relazioni familiari e filiali- si legge nella sentenza depositata oggi - non richiede ilsacrificio del diritto alla conservazione della propriaintegrita' psico fisica sotto lo specifico profilo dell'obbligodell'intervento chirurgico inteso come segmento non eludibiledell'avvicinamento del soma alla psiche". Per i giudici dipiazza Cavour, infatti, "l'acquisizione di una nuova identita'di genere puo' essere il frutto di un processo individuale chenon ne postula la necessita', purche' la serieta' ed univocita'del percorso scelto e la compiutezza dell'approdo finale siaaccertata, ove necessario, mediante rigorosi accertamentitecnici in sede giudiziale". La Cassazione rileva quindi che"la scelta di sottoporsi alla modificazione chirurgica deicaratteri sessuali primari non puo' che essere una sceltaespressiva dei diritti inviolabili della persona, sacrificabilisoltanto se vi siano interessi superiori di caratterecollettivo da tutelare espressamente indicati dal legislatore",mentre "il silenzio della legge sulla specificazione relativaai caratteri sessuali da modificare costituisce un indicatorerilevante in ordine all'insussistenza di interessi collettivisuperiori". Inoltre "ci possono essere - si legge ancora nellasentenza - casi in cui l'adeguamento chirurgico non e'possibile per ragioni di salute, trattandosi di interventiinvasivi e non ancora fondati su una tecnica chirurgica sicura.E' pertanto sempre necessario procedere al bilanciamento deldiritto all'identita' personale e del diritto alla salute conuna prevalenza del secondo sul primo, purche' in presenza diuna diagnosi di disforia di genere e di una modificazione certadei caratteri sessuali secondari", quali conformazione delcorpo, timbro di voce, atteggiamento e comportamenti esteriori,"attraverso interventi di chirurgia estetica e terapieormonali". Quanto alla condizione di sterilita', annoveratadalla Corte d'appello di Bologna tra le ragioni per sostenerela necessita' dell'intervento chirurgico per la rettifica disesso, la Suprema Corte osserva che "essere sterile non puo'essere una condizione ineliminabile per la rettificazione degliatti anagrafici e cio' perche' la legge non lo prevedeespressamente; il giudice non puo' aggiungere tale condizioneattesa la riserva di legge di cui all'articolo 32 dellaCostituzione (tutela della salute e divieto di trattamentosanitario obbligatorio, ndr); in ogni caso - conclude lasentenza - sarebbe violata da dignita' della persona umana". (AGI) .