(AGI) - Roma, 4 lug. - Non hanno diritto al vitalizio previstoper le vittime del terrorismo i feriti nella sparatoria diSezze, in cui perse la vita Luigi Di Rosa il 28 maggio 1976, aseguito dei colpi di pistola esplosi in occasione di un comiziodell'allora deputato del Msi Sandro Saccucci. Lo ha sancito laprima sezione civile della Cassazione, rigettando il ricorsopresentato da Antonio Salvatore Spirito, che nei 'fatti diSezze' venne ferito riportando una invalidita' permanentetotale. La Suprema Corte ha infatti condiviso le conclusionidel tribunale di Latina, che aveva respinto l'istanza diSpirito ritenendo che quanto avvenuto a Sezze non fosse un"atto terroristico", ma un "isolato atto di violenza a sfondopolitico". I giudici di piazza Cavour osservano che "la condotta inquestione non e' annoverabile tra gli atti di terrorismocontemplati dalla disciplina interna e da quellainternazionale, con la conseguenza che in favore delle vittimenon possono trovare applicazione neppure i benefici introdottidalle normative". Sulla base di quanto emerso dal giudiziopenale, che condanno' come responsabile Pietro Allatta, idisordini di Sezze "non furono dovuti ad un'imprevista reazionedi persone o gruppi appartenenti ad un'avversa parte politica,ma costituirono il risultato di una vera e propria provocazioneintenzionalmente posta in essere da un gruppo di attivisti didestra guidato dal predetto deputato (Saccucci, che venneassolto in via definitiva dalla Cassazione nel 1985, ndr) ilquale si reco' in quella cittadina preparato ad uno scontroarmato ed animato dalla specifica intenzione di mettere in attouna spedizione punitiva nei confronti degli attivisti locali disinistra". Per la Cassazione, "non puo' escludersi nellacondotta di Saccucci e dei suoi sostenitori l'intenzione didiffondere il panico nell'ambito della comunita' territoriale,al fine di condizionarne l'orientamento politico o quanto menoil voto in vista dell'imminente consultazione elettorale, intal modo producendo un effetto oggettivamente destabilizzantenello svolgimento dell'attivita' politica della cittadina":secondo la Corte "va posto in risalto il valore emblematico cheSaccucci e i suoi seguaci attribuivano all'obiettivo presceltola loro azione, essendosi realizzato, attraversol'identificazione dell'avversario politico nell'interacittadinanza di Sezze, proprio quel fenomeno dispersonalizzazione delle vittime in cui viene ravvisato uno deitratti tipici dell'attivita' terroristica". L'elemento che manca, pero', spiega ancora la Cassazione inrelazione alla configurabilita' di "atto terroristico", e' la"riconducibilita' dell'episodio di violenza ad un programmacriminoso che prevedesse il ricorso sistematico all'uso dellaforza": il tribunale di Latina, osservano i supremi giudici,"ha anzi riconosciuto espressamente il carattere episodicodella vicenda, escludendo che il gruppo di attivisti di destraavesse in mente un disegno politico volto a seminare il panicotra la popolazione per uno scopo ulteriore e sottinteso,comprensibile agli avversari politici ed alle istituzioni,diverso dalla delittuosa aggressione armata". Cio' "nonsignifica ovviamente - conclude la sentenza - che coloro cheposero in essere tale aggressione non fossero persone per lopiu' aduse alla violenza e pronte a servirsene a scopo disopraffazione o d'intimidazione degli avversari politici", ma"non e' stato accertato che il ricorso alla violenza come mezzoper colpire in maniera indiscriminata e casuale un numeroindeterminato di persone costituisse espressione dellespecifiche finalita' perseguite dal gruppo organizzatocomandato da Saccucci in vista di obiettivi trascendenti ilsingolo episodio". (AGI) .