Una carneficina: sono almeno 215 i morti dell'attentato avvenuto ieri a Mogadiscio, e 350 i feriti. Lo hanno riferito fonti mediche. Diverse fonti indicano nei terroristi di Al Shabab i responsabili del massacro. I feriti muoiono come mosche negli ospedali, dove mancano le attrezzature, i medicinali e il sangue per poterli tenere in vita. La gran parte delle vittime è costituita da venditori ambulanti che si trovavano sulla grande arteria stradale Jidka Afgooye, in cui è esploso il camion-bomba, dove si trova, tra gli altri edifici, quello del'hotel Safari. "In dieci anni di primo soccorso non abbiamo visto nulla di simile", ha scritto in un tweet il servizio Aamin Ambulance. E sarebbe potuta essere peggiore: un secondo camion bomba, secondo alcune fonti investigative, era pronto ad esplodere davanti alla vecchia sede della Somalia Airlines, nel quartiere di Wadajir, lo stesso dove sorge l'Hotel Safari e contiguo all'aeroporto. Si tratta dell'attacco più sanguinoso dalla ultime elezioni presidenziali dello scorso 8 febbraio, vinte dall'ex premier Mohamed Abdullahi Mohamed, conosciuto con il soprannome di 'Farmajo' per la sua predilezione per i prodotti caseari, Elezione che si sperava dessero una parvenza di stabilità alla Somalia dal 1991 - caduta di Siad Barre - considerato dalla comunità internazionale "Stato fallito" per eccellenza, tanto da indicarlo come modello negativo ma al tempo stesso facendo poco per rimetterlo in piedi e non lasciarlo in balia del terrorismo locale e internazionale. L'attentato è avvenuto a 2 giorni dalla visita a Mogadiscio dei vertici del comando militare americano per l'Africa, ricevuti dal capo dello Stato nelle stesse ore in cui si dimettevano il ministro della Difesa e il capo delle Forze armate somali. Gli Shebaab controllano ancora il centro ed il sud della Somalia e puntano a ricreare proprio a Mogadisco uno Stato islamico sulle orme delle Corti Islamiche che controllavano il paese fino al 2006, quando grazie all'intervento delle truppe etiopiche e degli Stati Uniti il cosiddetto allora Governo di Transizione di Baidoa, riprese il controllo della capitale.