Alt di Bankitalia all'indebolimento della legge Fornero. "La sostenibilità del debito pubblico italiano - ha detto il vice direttore generale, Luigi Fedrico Signorini, nell'audizione sul Def - poggia in larga misura sulle riforme pensionistiche introdotte nell'arco degli ultimi decenni, che assicurano una dinamica degli esporsi in complesso gestibile nonostante l'invecchiamento della popolazione. E' uno dei punti di forza della finanza pubblica italiana: è opportuno non indebolirlo". Secondo Signorini, "risulta molto limitato il margine di bilancio per politiche di stabilizzazione macroeconomica, nel caso in cui il ciclo economico peggiori significativamente; non è un punto solo teorico: lo abbiamo drammaticamente vissuto in quella stessa congiuntura quando, per evitare che il rapido aumento dello spread sui titoli di Stato italiani innescasse un circolo vizioso potenzialmente destabilizzante, insieme ai provvedimenti monetari della Bce fu inevitabile, sul piano interno, adottare una politica di bilancio restrittiva in un momento di congiuntura fortemente avversa". Il Def, ha ricordato l'esponente di Bankitalia, "presenta stime dell’evoluzione temporale del rapporto tra la spesa per pensioni e il Pil che incorporano il più recente scenario macroeconomico e demografico concordato in sede europea. Collocare in modo credibile il debito pubblico lungo un sentiero di duratura e visibile riduzione è un obiettivo che credo largamente condiviso. Il momento attuale è propizio per due ragioni: la positiva fase congiunturale e il permanere di condizioni finanziarie distese". Quanto alla crescita economica, Signorini ha ricordato che "a gennaio la Banca d'Italia stimava un aumento del Pil dell'1,4% nel 2018 e dell'1,2% sia nel 2019 che nel 2020. Continuiamo a ritenere che questo rimanga lo scenario più probabile: è però aumentato il rischio di una minore crescita, anche in relazione all'andamento osservato dell'economia e agli sviluppi delle relazioni internazionali". L'introduzione dei dazi Usa e l'incertezza sulle prospettive del commercio mondiale "potrebbe trasmettersi ai mercati finanziari e alla fiducia delle imprese e delle famiglie - ha osservato Signorini - scoraggiando investimenti e consumi. Il nostro Paese che ha una struttura produttiva assai orientata ai mercati esteri, ne risentirebbe".