Dietro l'attentato dinamitardo che ha colpito l'oleodotto libico Waha Oil Company, che porta della il greggio dal giacimento di Zaggut nel sud della Cirenaica al terminale di Sidra, sulla costa della regione orientale, ci sono cellule di Isis, ancora attive nel paese nordafricano dopo la debacle a Derna e Sirte. Lo riferisce il colonnello Muftah Amgharief, delle forze di sicurezza petrolifere all'agenzia statunitense Associated Press. Il comando è arrivato a bordo di due veicoli e ha poi minato l'impianto con gli esplosivi all'altezza di Marada.
L'attacco, che ha innescato un incendio con una densa colonna di fumo che si eleva dalla conduttura squarciata, causerà nell'immediato una riduzione dell'esportazione petrolifero libico di 70.000-100.000 barili al giorno su una capacità della condotta di 250.000 barili. Lo riferisce la società petrolifera statale National Oil Company (Noc) di cui la Waha è una sussidiaria che lavora con gli americani di ConocoPhillips, Hess, e Marathon Oil all'oleodotto.
Secondo la Noc la produzione attuale di greggio in Libia era risalita a quota 970.000 barili al giorno, ancora lontana dagli 1,6 milioni prima della caduta del regime di Muammar Gheddafi nel 2011. Con riserve stimate in 48 miliardi di barili, la Libia insieme alla Nigeria, è uno dei Paesi Opec al momento esclusi dal taglio alla produzione, concordati con potenze non del cartello come la Russia per far risalire i corsi petroliferi. Già stasera il petrolio - solo per la notizia dell'attentato - ha chiuso in rialzo del 2,6% al Nymex di New York il Wti a 59,97 dollari al barile, mentre il Brent è progredito dell'1,47% a 66,72 dollari al barile.