Raramente un turno di elezioni regionali è stato caricato di attese come quello del prossimo 26 gennaio. Quel giorno si andrà al voto in due regioni, Calabria ed Emilia-Romagna: ma le attese sono concentrate quasi interamente su quest’ultima. Non è una sorpresa – si sapeva già da diversi mesi che sarebbe stato così – ed è anche abbastanza ovvio, considerando il peso e la storia politica dell’Emilia-Romagna. Si tratta infatti della più popolosa (e ricca) tra le “regioni rosse”, ovvero quelle che hanno visto una prevalenza dei partiti progressisti e di sinistra praticamente da sempre.
Il clamoroso precedente dell’Umbria, prima regione rossa a vedere al vittoria di un candidato di centrodestra alle elezioni regionali – nonostante il tentativo di alleanza “last minute” tra Pd e Movimento 5 Stelle – ha ancor più aumentato le attese per la sfida del 26 gennaio. Un’ulteriore conferma della grande importanza di questo voto (anche per la politica nazionale) ci è data dall’elevatissimo numero di sondaggi pubblicati negli ultimi mesi, decisamente insolito per una competizione locale.
Da domani scatterà il “silenziatore” sulla pubblicazione dei sondaggi, previsto dalla legge per le due settimane che precedono un voto. Vediamo allora cosa è emerso dalle indagini pubblicate finora su queste elezioni regionali.
Cominciamo dalle intenzioni di voto per l’Emilia-Romagna. Come è noto, il candidato del centrosinistra (Pd e alleati) è Stefano Bonaccini, presidente uscente in cerca della riconferma, dopo essere stato eletto nel 2014 in un’elezione in cui la partecipazione al voto fu estremamente bassa, inferiore al 38% degli aventi diritto (un record negativo). La candidata del centrodestra è invece Lucia Borgonzoni, attualmente senatrice della Lega.
Dopo qualche mese di incertezza sulla strategia da seguire, il Movimento 5 Stelle ha ufficializzato a dicembre la candidatura di Simone Benini, consigliere comunale di Forlì che ha vinto le “regionarie” sulla piattaforma Rousseau. Vi sono anche altri candidati (Domenico Battaglia, Marta Collot, Stefano Lugli), ma secondo tutte le rilevazioni svolte finora la partita per la vittoria sarà un affare riservato tra Bonaccini e Borgonzoni.
Cosa emerge da questi numeri?
Innanzitutto che, come detto, si tratterà di una competizione in tutto e per tutto bipolare, come quelle che eravamo abituati a vedere nella Seconda Repubblica. La marginalità del Movimento 5 Stelle non è una sorpresa: alle Regionali, dove vince il candidato (e la coalizione) che prende più voti, il partito di Beppe Grillo non è stato mai particolarmente competitivo, e solo in poche occasioni è andato in doppia cifra.
Il secondo elemento degno di nota è che finora quasi tutti i sondaggi hanno visto Bonaccini in testa. Non sempre si è trattato di un vantaggio ampio, anzi: in media lo scarto è intorno ai 2 punti percentuali, inferiore al margine d’errore statistico, il che significa che è perfettamente possibile che i due candidati siano appaiati – o persino che sia la Borgonzoni ad essere in testa di poco.
Per Bonaccini ci sono altre due note positive da considerare: la prima è che vi sono alcune rilevazioni (ad esempio quelle realizzati da Ixè o da IZI) che lo accreditano di un vantaggio più ampio, dai 5 ai 7 punti; la seconda è che se si considera lo storico dei singoli istituti il ritardo della Borgonzoni è rimasto stabile o è persino aumentato: per Tecnè a fine novembre i due erano in parità, mentre il 31 dicembre Bonaccini risultava avanti di un punto; per EMG il 7 novembre il presidente uscente era avanti di +1, mentre il 18 dicembre il suo vantaggio era salito a +3; per SWG il 19 novembre era addirittura la Borgonzoni ad essere in testa (unico sondaggio a rilevarlo) per 45 a 43, ma nella rilevazione pubblicata giusto ieri (9 gennaio) la situazione si è invertita, con Bonaccini stimato tra il 45 e il 49% e la candidata leghista tra il 43 e il 47%.
La partita però è a tutti gli effetti da considerarsi apertissima. Non solo per il margine di distacco rilevato tra i due principali candidati (inferiore al margine d’errore, come si è detto). Ma anche perché alle Regionali si vota sia per il candidato presidente che per le liste di partito: se si vota solo una lista, senza scegliere un candidato presidente diverso (il cosiddetto voto disgiunto), il voto si trasmette automaticamente al candidato presidente sostenuto dalla lista votata.
Dal momento che quasi tutti gli elettori votano per una lista, ma pochi votano solo per un candidato presidente (e pochi sono anche quelli che fanno voto disgiunto), si capisce bene perché è importante avere delle liste competitive in proprio sostegno. E da questo punto di vista i sondaggi da tempo confermano che la coalizione di centrodestra a sostegno della Borgonzoni è più competitiva rispetto a quella che sostiene Bonaccini.
Lo stesso sondaggio citato di SWG che ha certificato il sorpasso di Bonaccini ha però anche ribadito che nel voto alle liste è il centrodestra ad essere davanti, intorno al 47%, mentre la coalizione di centrosinistra sarebbe indietro di 2-3 punti (44,5%). In particolare, la Lega (partito della Borgonzoni) risulterebbe essere la prima lista, tra il 29 e il 33%, davanti al PD fermo tra il 23 e il 27%. Un risultato, quest’ultimo, non del tutto inatteso, visto che già alle Europee del maggio 2019 la Lega fu il primo partito della Regione con il 33,8% (contro il 31,2% del PD). Tutto ciò rende chiaro quanto la sfida sia a tutti gli effetti apertissima.
E la Calabria?
Lo stesso 26 gennaio infatti si voterà anche nella più meridionale delle Regioni dell’Italia continentale. Anche qui, nel 2014, la vittoria andò al centrosinistra con Mario Oliverio (PD), e anche in questo caso con un’affluenza molto bassa (44%). I risultati delle ultime Politiche e delle Europee 2019 lasciano però presagire che la partita sia ben poco aperta: con la convergenza di tutto il centrodestra su un’unica candidata, la forzista Jole Santelli, sembra che per l’imprenditore Pippo Callipo, candidato di centrosinistra, vi siano poche speranze.
Lo conferma, peraltro, l’unico sondaggio pubblicato su questa sfida dopo che sono state definite le candidature: si tratta di una rilevazione di Noto sondaggi, secondo cui la Santelli sarebbe addirittura al 52%, con un vantaggio di ben 18 punti su Callipo, fermo al 34%. Anche in questo caso il Movimento 5 Stelle sarebbe fuori dai giochi, con il suo candidato Aiello stimato intorno al 10%.
Va ricordato però che la Calabria è una regione con una volatilità elettorale particolarmente alta – un tratto caratteristico delle regioni meridionali – e non sono quindi da escludersi sorprese, anche vista la scarsità di indagini demoscopiche realizzate alla vigilia. Insomma, la “maratona” elettorale del 26 gennaio si preannuncia come una delle più interessanti da molti mesi a questa parte.