Uno dei caratteri peculiari della politica italiana è la sua imprevedibilità. Lo sanno bene tanto i suoi protagonisti quanto gli osservatori.
Anche quando pare di scorgere una tendenza chiara, che un esito si possa dare quasi per scontato, capita spesso che la realtà si incarichi di smentire le previsioni.
È ciò che è avvenuto anche per il “testa a testa demoscopico” che nelle ultime settimane ha visto protagonisti il Movimento 5 Stelle e la Lega, impegnati a contendersi la palma di primo partito “virtuale” nelle intenzioni di voto degli italiani rilevate dai sondaggi.
Le tendenze delle ultime settimane – per non dire degli ultimi mesi – parevano inequivocabili: a una crescita continua e robusta della Lega di Matteo Salvini si è accompagnato un calo, prima lieve poi più accentuato, del M5S: pareva che ormai il sorpasso fosse cosa fatta.
E anche questa settimana la nostra Supermedia registra alcune rilevazioni (come l’ultima di Ipsos, uscita la scorsa settimana sul Corriere della sera) in cui effettivamente il partito di Salvini è in testa. Ma nel complesso il sorpasso non è avvenuto: nonostante la Lega non abbia smesso di crescere, il Movimento 5 Stelle è ancora davanti di un’incollatura: 29,1% contro 28,6%.
Il M5S è riuscito quindi a interrompere ed infine a invertire la tendenza che lo vedeva in calo da oltre due mesi. A dir la verità, potrebbe essere già accaduto ciò che alcuni analisti avevano in qualche modo pronosticato, anche se magari non in tempi così ristretti: e cioè che spostandosi il focus del dibattito pubblico da un tema favorevole alla Lega (come quello sui migranti) a uno in cui il M5S ha potuto prendere l’iniziativa (economia e lavoro, con il “decreto dignità” prima annunciato e poi presentato dal ministro Di Maio) la situazione si sarebbe in qualche modo riequilibrata. Forse è troppo presto per dire che siamo effettivamente a un punto di svolta, ma è difficile che si tratti di una coincidenza.
Il punto è che al momento questa competizione sembra configurare una situazione “win-win”: dal momento che la Lega non smette di crescere, infatti, la crescita del M5S vuol dire che l’area di governo costituita dalla somma dei due partiti oggi è al suo massimo storico: poco meno del 58% dei consensi. Sulla carta, quindi, i partiti che sostengono il governo Conte possono contare su un’ampia maggioranza delle preferenze degli italiani.
E il governo? Per ora sembra essere in piena “luna di miele”, quel periodo iniziale in cui ogni esecutivo gode di livelli di fiducia piuttosto alti. Secondo l’istituto Piepoli, sia il premier Giuseppe Conte che il suo governo nel complesso godono della fiducia del 54% degli italiani. Per Euromedia Research di Alessandra Ghisleri gli indici di fiducia sono molto alti anche per i due vicepremier: il 52% ha fiducia in Salvini e il 40,5% in Di Maio. Tra i membri del governo più apprezzati, secondo entrambi gli istituti, vi sarebbero Giulia Bongiorno (Pubblica Amministrazione), Giovanni Tria (Economia) e Giancarlo Giorgetti (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio).
Non vanno bene le cose, invece, nell’opposizione. In particolare, il Partito Democratico sembra non essersi ancora ripreso: a 4 mesi dalla disfatta elettorale delle Politiche e alla vigilia di un’assemblea che dovrà fare i conti anche con i risultati di una tornata di elezioni amministrative tutt’altro che entusiasmante, i democratici restano inchiodati poco sopra il 18%. L’istituto SWG ha sondato in particolare l’opinione degli attuali elettori del PD: è emerso che oltre 7 su 10 (il 72%) ritengono che il partito stia vivendo solo una fase di difficoltà transitoria e che per uscire dalla crisi sia sufficiente rigenerarsi in qualche modo. Ma è significativo che circa uno su cinque ritenga che il PD abbia esaurito la sua funzione storica (18%) e che per superare le difficoltà attuali dovrebbe addirittura sciogliersi e dar vita a un nuovo partito.
Pur senza parlare di scioglimento, alcuni (come l’ex ministro Carlo Calenda) hanno pubblicamente proposto di “superare” il PD per dar vita a un “fronte repubblicano” in funzione anti-populista. Gli elettori democratici interpellati da SWG sono in maggioranza contrari a questa proposta (il 52% è poco o per niente d’accordo) ma è tuttavia degno di nota che quasi uno su tre (il 31%) si trovi molto o abbastanza d’accordo con questa proposta.