Il primo “giro” di consultazioni svolto al Quirinale è servito a certificare ciò che in realtà si sapeva già: la politica italiana è in una fase di stallo, nessuna coalizione elettorale ha i numeri per governare da sola e bisognerà trovare un difficile compromesso tra forze politiche che si sono presentate alle elezioni come avversarie per formare un governo. Tanto che il Presidente ha rinviato ad un secondo “giro” di consultazioni, da tenersi la prossima settimana.
Ovviamente resta sempre in piedi la possibilità di tornare nuovamente a votare, sperando che una nuova tornata elettorale restituisca quella maggioranza che le elezioni del 4 marzo non hanno dato. Ma è un’ipotesi cui non credono in molti, anche perché – dettaglio non secondario – vorrebbe dire rinunciare, sia pur provvisoriamente, al seggio appena conquistato per troppi deputati e senatori alla loro prima esperienza in Parlamento.
Inoltre, sperare che nuove elezioni portino a un risultato molto diverso potrebbe rivelarsi una pia illusione. Non solo perché a suggerirlo è la recente storia politica europea (i casi della Grecia e della Spagna, andate due volte ad elezioni nel giro di pochi mesi tra il 2015 e il 2016, sono da questo punto di vista i precedenti più significativi), ma anche perché gli stessi sondaggi non sembrano confortare questa ipotesi.
Vediamo appunto cosa dicono i sondaggi della nostra Supermedia. Dopo quella che sembra essere stata una “pausa di riflessione”, gli istituti demoscopici sono tornati a sondare l’opinione pubblica a un mese dalla data del voto. Le evoluzioni in effetti ci sono, ed è possibile individuare dei trend: ma questi non sembrano confermare la tesi per cui una nuova tornata elettorale possa cambiare le cose.
Ad oggi, nella nostra Supermedia il Movimento 5 Stelle sarebbe in testa alla classifica delle liste con il 34,2%. Si tratta di un aumento di 1,5 punti rispetto al risultato delle elezioni politiche. Un aumento considerevole, ma c’è chi fa ancora meglio: è la Lega di Salvini, che dal 17,4% del 4 marzo passa al 19,7% di oggi (+2,3 punti). Problema: Salvini si pone come leader non solo della Lega ma di tutto il centrodestra. E la coalizione di centrodestra, nel suo complesso, rimane sostanzialmente stazionaria, aumentando dello 0,5% rispetto al dato delle elezioni a causa dell’arretramento di Forza Italia, che rispetto a un mese fa cede 1,3 punti.
Il centrosinistra rimane in sofferenza, ma senza subire (ulteriori) crolli: il PD rimane, come nelle ultime settimane, sul 18 per cento; Liberi e Uguali scende leggermente al di sotto di quella soglia del 3% che garantisce un ingresso in Parlamento. È possibile che, se si andasse a nuove elezioni, una coalizione tra questi due soggetti possa ribaltare le sorti del centrosinistra italiano?
Appare difficile: anche ipotizzando che sia il PD sia LeU nella loro interezza si dichiarino favorevoli a formare una coalizione di questo tipo, i numeri dicono che questa coalizione non sarebbe comunque competitiva. Se lo scorso 4 marzo LeU avesse fatto parte della coalizione del centrosinistra, infatti, le cose non sarebbero cambiate granché: nei collegi uninominali, il centrosinistra avrebbe ottenuto solamente 5 seggi in più alla Camera e 9 al Senato. Solo un seggio sarebbe stato recuperato nella quota proporzionale, in particolare al Senato a spese del centrodestra in Friuli-Venezia Giulia. In totale, PD e LeU avrebbero totalizzato solo 141 seggi alla Camera (contro gli attuali 136) e 74 al Senato (oggi sono 64): in entrambi i casi, sarebbero lontanissimi dalla maggioranza assoluta.
E se si ri-votasse oggi? Come abbiamo visto, la Supermedia non mostra scostamenti troppo significativi rispetto al 4 marzo: il M5S si confermerebbe ampiamente il primo partito, verosimilmente stravincendo ancora una volta nei collegi del Sud; mentre il centrodestra prevarrebbe nettamente in quelli del Centro-Nord, con la Lega ancor più primo partito della coalizione e una Forza Italia sempre più indebolita. Il centrosinistra perderebbe qualche seggio, sia che PD e LeU decidano di allearsi sia in caso contrario, indifferentemente. Ma questo difficilmente modificherebbe gli equilibri parlamentari. Se nessuna coalizione prevale nettamente sulle altre, sarà sempre difficile ottenere una maggioranza, anche tornando a votare più volte.