La marcia della politica italiana verso il “nuovo, strano bipolarismo” (come lo abbiamo definito la scorsa settimana) continua. La Supermedia dei sondaggi conferma che il quadro politico è in evoluzione, con l’ingresso di Italia Viva – il nuovo soggetto frutto della scissione di Matteo Renzi dal Partito Democratico – ma non solo. In atto vi sono tendenze che, per essere intepretate al meglio, vanno guardate in un’ottica di medio termine.
Vediamo gli ultimi dati: la Lega resta il primo partito ma scende, per la prima volta dopo le Europee di maggio, sotto il 32% – sia pure di un soffio: 31,8%. Al secondo posto la sfida tra Partito Democratico (20,1%) e Movimento 5 Stelle (19,8%) è ormai questione di pochi decimali: i democratici sono davanti ai rivali in 4 sondaggi su 8 degli altrettanti istituti demoscopici considerati questa settimana, mentre negli altri sono i pentastellati a prevalere (va detto che, in entrambi i casi, il distacco è minimo). La tendenza, in particolare per il PD, è anche questa settimana negativa, dopo la nascita di Italia Viva che si conferma al sesto posto con il 4,3%. Fratelli d’Italia compie un altro passo in avanti verso quota 8%, staccando Forza Italia di 1,2 punti (7,8% contro 6,6%). Perde molto terreno Più Europa (-0,8%), che ormai balla intorno alla soglia del 2% insieme a La Sinistra (2,2%) e ai Verdi (1,7%).
Riaggregando i dati in base alla collocazione parlamentare (con PD, M5S, IV e LeU in maggioranza, centrodestra e Più Europa all’opposizione), possiamo notare come – rispetto al momento della nascita dell’esecutivo a inizio settembre – lo spazio politico si stia sempre più bi-polarizzando tra maggioranza giallo-rossa e centrodestra.
In altri termini, da un lato si riduce lo spazio per i soggetti non rappresentati in Parlamento (“Altri”), dall’altro emerge la difficoltà per i soggetti progressisti che non fanno parte della maggioranza (Più Europa dentro il Parlamento, la futura lista di Carlo Calenda dal di fuori) di guadagnare spazio e consensi.
Soffermiamoci un attimo sui “vincenti” e i “perdenti” di questa settimana in particolare. Tra i primi va senz’altro citata Fratelli d’Italia, che con il 7,8% ottiene il suo record storico nella nostra Supermedia. Se si pensa che a inizio anno il partito di Giorgia Meloni era intorno al 4% e che oggi è davanti a Forza Italia (che alle Politiche di un anno e mezzo fa raccolse il triplo dei voti di FDI) la progressione è abbastanza evidente. Il buon risultato delle Europee (6,5%) e l’esito della crisi di governo agostana sembrano aver dato ragione alla linea di FDI, che ha vinto (per ora) la sua battaglia per la riunificazione del centrodestra – sia pure all’opposizione. Nelle ultime settimane il raduno di FDI (Atreju) ha dato al partito una centralità anche mediatica, con le ospitate “eccellenti” del premier Giuseppe Conte, ma anche del suo omologo ungherese Viktor Orbán e del leader del movimento sovranista spagnolo Vox.
Dall’altro lato, si conferma il periodo negativo di Più Europa. Il partito di Benedetto Della Vedova è tra quelli maggiormente sotto pressione in questa fase, per varie ragioni: in primis, la nascita del governo giallo-rosso, che ha visto i parlamentari di +EU comportarsi diversamente alla Camera (dove hanno votato la fiducia) e al Senato (con il deciso “no” pronunciato da una figura prestigiosa come Emma Bonino); la scelta – ufficiale – di rimanere all’opposizione, pur restando ben lontani dalle posizioni di un centrodestra a trazione sovranista, ha comportato il distacco di Più Europa dal suo alleato alle ultime elezioni politiche, cioè il Partito Democratico; inoltre, la nascita di Italia Viva ha senza dubbio attratto molti elettori progressisti, di ispirazione liberal-democratica, che faticavano a riconoscersi nel PD zingarettiano – il bacino “naturale” di riferimento per Più Europa; infine, l’ultimo momento di difficoltà c’è stato con la fuoriuscita di Bruno Tabacci, che proprio con la sua adesione al progetto lanciato all’epoca dalla Bonino ne garantì la partecipazione alle Politiche “donando” a +EU il simbolo del suo Centro Democratico. Se il partito non si rilancerà in qualche modo (magari unendo le forze al nascente movimento di Carlo Calenda, anch’esso a vocazione liberale e in opposizione al governo PD-M5S) rischia seriamente di precipitare nell’irrilevanza – se non addirittura di estinguersi.
Per il momento, comunque, i grattacapi che fanno più notizia sono quelli interni alla maggioranza, dove le varie forze politiche sono divise sui contenuti della Legge di Bilancio. La Nota di aggiornamento al DEF, appena approvata, non ha appianato le divisioni, dal momento che si è limitata a stabilire i parametri di spesa da rispettare ma nulla ha stabilito circa le misure concrete da approvare. Difficile dire, ad ora, chi vedrà maggiormente soddisfatta la propria linea tra PD, M5S e Italia Viva: di certo, con la nascita del partito renziano è già emersa una pluralità di figure considerate come “decidenti” all’interno dell’esecutivo.
Rispetto ai tempi del governo giallo-verde è decisamente aumentato il credito di Giuseppe Conte come leader de facto (oltre che de iure) del Governo, ma secondo un sondaggio di EMG vi è un buon 20% degli elettori secondo cui a contare maggiormente sia proprio Matteo Renzi, seguito da Luigi Di Maio (12%). Solo un 6% ritiene invece che la “golden share” dell’esecutivo sia in mano a Nicola Zingaretti, che pure è il leader del partito di governo che in questo momento gode dei maggiori consensi “virtuali”.
Chi conta di più nella maggioranza di Governo? "Conte + Renzi valgono complessivamente il 69%" spiega @FabrizioMasia1 #agorarai #sondaggi pic.twitter.com/DzSiPtfXqT
— Agorà (@agorarai) October 3, 2019