La politica italiana comincia a scuotersi. Come era prevedibile, questo è avvenuto in concomitanza con delle elezioni, le regionali in Sicilia. Che però, più che aver causato i grossi cambiamenti nelle intenzioni di voto (che stiamo per vedere), rischia seriamente di accentuarne le dinamiche nelle prossime settimane. E, se questo avverrà, saremo di fronte a un cambiamento di proporzioni notevoli.
Per farla breve: il centrodestra sale ancora, macinando record su record; il Movimento 5 stelle rimane sostanzialmente stabile; ma la vera notizia è il vero e proprio crollo del Partito Democratico. Cominciamo proprio da qui: rispetto a un mese fa, i dem perdono quasi due punti e mezzo, passando dal 27,8 al 25,5 per cento – un calo di notevoli dimensioni, che non può essere solo un’oscillazione statistica. Di conseguenza, perdono la leadership che avevano a vantaggio del M5S, che ora è davanti di oltre due punti pur essendo rimasto sostanzialmente stabile (questa settimana al 27,6%). Chi continua a crescere è il centrodestra, che questa settimana fa segnare un nuovo record annuale sia come coalizione (il 34,6%) sia a livello di partiti: La Lega eguaglia il suo record del 15% raggiunto già qualche settimana fa, mentre Forza Italia guadagna ben un punto e mezzo in un mese giungendo a tallonare gli alleati, con il 14,9%. Stabile il dato di Fratelli d’Italia.
Vincitori e vinti, ora è tutto chiaro
Mai come questa settimana possiamo dividere i vari partiti in vincitori e sconfitti. Tra i primi rientrano certamente i già citati Forza Italia e Lega, e il centodestra nel suo complesso. Tra gli sconfitti, altrettanto indubbiamente, il PD che fa registrare il suo peggior dato dell’anno; ma in questa categoria rientrano anche a pieno titolo Articolo 1 – MDP, che non recupera nulla da questo calo e anzi scende al suo valore minimo dai tempi della sua nascita (il 3%); e lo stesso si può dire di Alternativa Popolare di Alfano, anch’essa in calo e ormai sulla soglia del 2%. Nel “mondo di mezzo”, poi, troviamo diversi soggetti: oltre al Movimento 5 stelle (che si ritrova primo con un certo distacco, ma oscilla da mesi intorno allo stesso valore compreso tra il 27 e il 28 per cento) ci sono gli “estremi” di destra e di sinistra: FDI, come detto, non va male ma non va nemmeno benissimo, considerando come crescono i suoi due alleati maggiori; e Sinistra Italiana, ancora una volta davanti ai centristi di Alfano, che evita la posizione di fanalino di coda ma rimane lontano persino dalla soglia di sopravvivenza, quel 3% necessario per entrare in Parlamento alle prossime elezioni.
Non sono solo effetti delle elezioni siciliane
Tutto ciò è etichettabile come diretta conseguenza delle elezioni in Sicilia, vinte dal centrodestra e nettamente perse dal centrosinistra, con M5S e sinistra radicale rimasti tutto sommato stabili? In realtà, no: la nostra Supermedia, infatti, rileva le intenzioni di voto pubblicate nelle ultime due settimane. Solo un sondaggio (sui cinque che compongono il “campione” di questa settimana) è stato pubblicato un paio di giorni dopo il voto e potrebbe essere stato influenzato dall’esito delle elezioni siciliane.
Più probabile che sia queste elezioni sia il trend mostrato dai sondaggi dell’ultimo periodo riflettano una tendenza di fondo reale, che sta prendendo piede nel clima d’opinione: ossia un effettivo ricompattamento dell’elettorato di centrodestra (non è un caso che i dissidi pubblici tra Berlusconi, Salvini e Meloni si siano praticamente azzerati nelle ultime settimane) a fronte di una perdita di appeal del Partito Democratico, soprattutto dopo le ultime esternazioni di Renzi (ad esempio sul caso Bankitalia) che sono suonate come una “sconfessione” – se non addirittura come un fattore di stabilità – dell’operato del governo Gentiloni, esso stesso espressione del PD. Ed è proprio questa la tendenza che l’effetto “bandwagon” derivante dalle elezioni siciliane potrebbe seriamente accentuare: uno smottamento degli elettori del PD a tutto vantaggio del centrodestra, magari proprio quello in salsa berlusconiana, magari percepito come argine più efficace al Movimento 5 stelle, che negli ultimi anni proprio il PD aveva elevato al ruolo di proprio avversario ideologico e politico.