Con il giuramento al Quirinale del Governo Conte si conclude la “anomala” crisi di governo estiva aperta quasi un mese fa, a ridosso di Ferragosto. L’insolita tempistica con cui Matteo Salvini aveva annunciato l’apertura della crisi (con gli italiani in vacanza e gli istituti demoscopici impossibilitati a effettuare sondaggi) ha reso impossibile misurare “in tempo reale” le reazioni dell’opinione pubblica ai clamorosi sviluppi in corso.
Anche per questo, come e più che negli anni scorsi, i giorni tra fine agosto e inizio settembre sono stati teatro di una vera e propria “corsa al sondaggio”: sono ben 8 gli istituti di sondaggio che hanno pubblicato le loro indagini, spesso sui principali mezzi di informazione. Ecco perché, dopo ben 5 settimane di “silenzio”, da oggi abbiamo materiale più che sufficiente per ricominciare a elaborare la nostra Supermedia.
I cambiamenti ci sono stati, e sono abbastanza clamorosi. Li vediamo nel nostro primo grafico, che mostra le intenzioni di voto ai partiti: la Lega è sempre il primo partito con il 32,2%, ma cala di oltre 4 punti rispetto a un mese fa (quando la crisi non era stata ancora nemmeno aperta). Al secondo posto c’è ancora il Partito Democratico (22,6%), in lieve ripresa ma nuovamente insidiato dal Movimento 5 Stelle, che fa un balzo in avanti di 3 punti e torna sopra il 20% dei consensi per la prima volta dalle Europee. Un’altra novità è il sorpasso di Fratelli d’Italia su Forza Italia (7,4 contro 6,6). Chiudono la classifica Più Europa (3,2%), La Sinistra (2,6%) e i Verdi (1,8%).
Questi sono i dati aggregati. Ma vediamo più in dettaglio che cosa è successo a ciascun partito secondo i diversi istituti: non sempre, infatti, le rilevazioni sono concordi sulle tendenze in corso.
La Lega è in calo, fin qui, secondo tutti i sondaggi. L’entità del calo rispetto al periodo pre-crisi varia dai 3 punti di Noto/Demopolis ai 7 di Tecnè. La scommessa di Salvini era chiaramente quella di far cadere il governo per andare a nuove elezioni e capitalizzare così l’enorme consenso che oggi il centrodestra a trazione leghista ha rispetto alle elezioni del 4 marzo (e che gli avrebbe consentito, secondo le nostre simulazioni, di ottenere facilmente la maggioranza in entrambe le Camere). I sondaggi sembrano dirci che non solo gli italiani non hanno apprezzato questa mossa, ma che hanno anche percepito la Lega come il principale “sconfitto” di questo delicato passaggio politico.
Il Movimento 5 Stelle, al contrario, è cresciuto secondo tutti gli istituti. Secondo Ipsos, addirittura, il M5s avrebbe guadagnato ben 7 punti in un mese e mezzo, scavalcando il Pd al secondo posto. Ma il partito di Di Maio (e di Conte) è anche quello su cui si registra la maggiore variabilità tra le rilevazioni: si va dal 16,5% di Piepoli al 24,2% della già citata Ipsos, ben 8 punti di differenza nonostante si tratti di sondaggi effettuati negli stessi giorni. Impossibile dire chi abbia ragione e chi torto: quel ch’è certo è che il M5s sta vivendo un “rimescolamento” del proprio elettorato, e che il guadagno fin qui registrato potrebbe avere basi meno solide di quanto sembri. Nelle prossime settimane quello del M5s sarà un dato da tenere d’occhio per capire se (e in che direzione) la tendenza di stabilizzerà.
Il Partito Democratico, individuato da molti commentatori come un vincitore di questa crisi, non sembra – per ora – essersi giovato più di tanto del suo ritorno al governo, almeno per quanto riguarda i consensi tra gli elettori. Vero è che il brusco passaggio dalla linea “mai un governo con il M5s, se c’è crisi si va al voto” (sancita soltanto a fine luglio da una Direzione del partito) a quella “governo di legislatura con il M5s e Conte premier” ha a dir poco disorientato più di un elettore dem – per non parlare delle forti critiche venute da parlamentari di primo piano come Carlo Calenda e Matteo Richetti. Anche in questo caso, il dato del Pd andrà monitorato con attenzione: al disorientamento potrebbe seguire una nuova fase di entusiasmo per il ritorno al governo del Paese, impensabile dopo solo un anno e mezzo dalla peggiore sconfitta del Pd nella sua storia.
E gli altri partiti? La crisi sembra aver rafforzato quei soggetti minori che in qualche “orbitavano” intorno ai partiti principali e alle loro scelte. Parte dei consensi persi dalla Lega, ad esempio, sembra essere finita a Fratelli d’Italia, consentendo al partito di Giorgia Meloni di superare (piuttosto nettamente) Forza Italia. Probabilmente ciò è dovuto alla costanza con cui FDI ha sostenuto – pur da posizioni politiche tutt’altro che distanti da quelle della Lega – che il governo giallo-verde fosse un errore, e che Salvini avrebbe dovuto “staccare la spina” a Conte; non era scontato che, una volta venuta meno questa differenza di vedute, sarebbe stata FDI (e non la stessa Lega) ad avvantaggiarsene.
Forza Italia continua invece a pagare una mancanza di incisività: nonostante alcuni avessero perfino ipotizzato un ruolo per FI in un’ipotetica “maggioranza Ursula”, il partito di Berlusconi è rimasto – ancora una volta – ai margini, e i suoi consensi ne stanno risentendo. Sul fronte progressista, invece, crescono leggermente sia Più Europa che La Sinistra, probabilmente per ragioni opposte: se Più Europa potrebbe essere l’approdo naturale per gli elettori “liberal” in uscita dal Pd a causa dell’accordo con il M5s, la sinistra radicale riguadagna un ruolo, entrando a far parte della maggioranza con la sua rappresentanza parlamentare (che paradossalmente porta ancora il nome di LeU, soggetto politico formalmente estinto).
Di fatto, Più Europa è – almeno per quanto riguarda la linea politica ufficiale, salvo ulteriori sviluppi – l’unico partito di centro-sinistra presente in Parlamento a non collocarsi all’interno del perimetro della nuova maggioranza di governo. Come si nota dal nostro secondo grafico, i partiti che sostengono il Conte bis valgono ad oggi il 45,9% dei consensi, mentre il centrodestra ormai riunito rappresenta di gran lunga la principale area di opposizione, con il 46,3%. Dopo un anno e mezzo di rapporti “squilibrati”, con un’area di governo nettamente maggioritaria ben poco impensierita dalle due opposizioni inconciliabili alla sua destra e alla sua sinistra, i rapporti di forza sembrano essere tornati a una sorta di “bipolarismo parlamentare” più tradizionale.
Se i principali schieramenti parlamentari sembrano essere tutto sommato equivalenti sul piano dei consensi, non è così per quanto riguarda le “famiglie politiche” di provenienza, perlomeno se si guarda alle coalizioni per come si erano presentate alle elezioni politiche del 4 marzo 2018 da cui è nato l’attuale Parlamento. Anche qui si possono apprezzare le conseguenze della crisi, con il centrodestra che si allontana dalla soglia psicologica del 50% pur restando (e di gran lunga) la maggiore tra le aree politiche del “tripolarismo asimmetrico” italiano.
Queste gli orientamenti politici e le intenzioni di voto. Ma cosa pensano gli italiani della crisi di governo? Più precisamente, cosa avrebbero preferito in conseguenza della crisi: nuovo governo o nuove elezioni? Anche qui, sono tanti i sondaggisti che hanno provato a dare (o meglio, ad avere) una risposta. Partiamo dai giudizi sull’apertura della crisi. Come abbiamo visto, la maggioranza degli elettori sembra non aver gradito questo sviluppo: secondo l’istituto Demopolis, quasi due terzi degli italiani (il 65%) giudica la scelta di Salvini “inopportuna”; per Antonio Noto, il 62% ritiene che in generale i leader politici abbiano avuto un atteggiamento “irresponsabile” nell’aprire una crisi – e nella sua gestione.
Una volta aperta la crisi, cosa si doveva fare? Una settimana dopo Ferragosto, Ipsos ha rilevato un 33% di elettori orientati ad andare a nuove elezioni, contro un 21% che avrebbe preferito una nuova maggioranza tra M5s e Pd (ciò che poi si è in effetti verificato); ma altri ancora avevano indicato altre soluzioni che comunque escludevano il voto (11% nuova maggioranza M5s-Lega, stessa percentuale di chi tifava per un governo istituzionale “a tempo”). Numeri simili a quelli del sondaggio Quorum/YouTrend per SkyTG24: 42,8% per il voto subito, 30,4% per un governo istituzionale, 20,6% per un nuovo governo di legislatura Pd-M5s. Riducendo le opzioni a due tra “nuove elezioni” e “nuovo governo”, come ha fatto Noto, i margini si restringono parecchio: il 46% avrebbe scelto le urne, il 41% una nuova maggioranza.
Infine, i giudizi sul nuovo governo appena nato. Quando ancora non si conoscevano i nomi dei suoi componenti (ma si sapeva che il premier sarebbe stato ancora Conte) gli orientamenti sembravano in prevalenza negativi: secondo Tecnè, il 30% degli italiani avrebbe votato la fiducia al Conte bis, mentre ben il 55% avrebbe votato contro; il 55% è anche la percentuale degli italiani che – secondo Piepoli – gradicono “poco o per nulla” il nuovo esecutivo, contro un 41% che invece lo apprezza “molto o abbastanza”; anche secondo Noto, i giudizi sul nuovo governo più negativi (44%) che positivi (32%). Sono anche questi numeri da tenere sotto controllo nelle prossime settimane, per valutare se ci sarà un’inversione di tendenza o se questo governo parte con il non indifferente handicap di un’opinione pubblica in prevalenza sfavorevole.