La politica italiana si trova in uno strano, breve periodo di “intermezzo”: un periodo successivo alle prime movimentate settimane di vita del nuovo governo (segnate da vicende politiche non irrilevanti, come la nascita di un nuovo partito e l’approvazione definitiva del taglio dei parlamentari e precedente al clima elettorale che tornerà a investirla in pieno, con le elezioni regionali in Umbria previste per il prossimo 27 ottobre e le relative, inevitabili ricadute sul piano nazionale.
Ed è proprio in questo periodo che ha fatto capolino un tema che diventerà facilmente “il” tema da novembre in poi, ossia quello della manovra economica per il 2020. Lo stato di salute dei partiti in questo intermezzo ce lo dà, ancora una volta, la nostra Supermedia settimanale dei sondaggi: questa settimana si tratta di un’elaborazione molto “robusta”, forse come mai prima d’ora, poiché si basa sulle rilevazioni effettuate nelle ultime 2 settimane da ben 10 istituti demoscopici differenti.
I trend delle ultime settimane trovano conferma anche nella Supermedia odierna: la Lega è ancora in leggera flessione, anche se resta il primo partito con il 31,6% (-0,2% su base quindicinale) e nelle rilevazioni più recenti dà qualche segno di ripresa; continua il calo anche del Partito Democratico, che ormai è solo di un’incollatura sopra il Movimento 5 Stelle (19,6% contro 19,5%) e con questo ritmo rischia di effettuare un “sorpasso in retromarcia” nel giro di una o due settimane.
Stabili Fratelli d’Italia (7,8%) e Forza Italia (6,6%) con l’ormai non più neonata Italia Viva che cresce ancora un po’ (4,6%) e Più Europa che, per contro, continua la sua discesa, facendo registrare un nuovo record negativo (1,7%) e finendo ultima dietro La Sinistra (2,1%) e i Verdi (1,9%) nella nostra “classifica” delle liste. Da rilevare che – pur non comparendo nella nostra Supermedia per scarsità di rilevazioni – sia la lista Cambiamo! di Giovanni Toti sia quella “Siamo Europei” di Carlo Calenda si aggirano intorno all’1%.
Se guardiamo all’aggregazione per schieramenti parlamentari, possiamo notare come le proporzioni odierne siano sostanzialmente identiche a quelle registrate sia al momento della nascita del nuovo Governo Conte, oltre un mese fa, sia nelle ultime settimane, con la maggioranza di governo circa un punto sotto l’opposizione di centrodestra. Ciò sembra confermare che i cambiamenti recenti (il calo dei tre principali partiti, la crescita di FDI e la nascita di Italia Viva) vanno a modificare più che altro gli equilibri interni a questi due macro-schieramenti, piuttosto che i rapporti di forza tra loro.
Più interessante è forse il grafico che mostra le aggregazioni delle aree in base al loro assetto coalizionale in occasione delle elezioni politiche 2018. Da questo grafico sembrano intravedersi due tendenze pressoché costanti nell’ultimo anno e mezzo: il calo del Movimento 5 Stelle (con il picco negativo del 17% raggiunto in occasione delle Europee 2019) e la graduale crescita dell’area di centrosinistra, che il 4 marzo 2018 valeva insieme a LeU poco più del 26% e che oggi supererebbe il 29%. Si tratta tuttavia di una crescita troppo debole per impensierire il primato della coalizione di centrodestra, che viaggia sul 47% dei voti “virtuali”: se domani mattina si votasse con gli stessi schieramenti di un anno e mezzo fa (quindi con PD e M5S separati) non ci sarebbe partita.
Veniamo agli orientamenti sulla manovra, che il Governo ha infine presentato mercoledì e che ha già suscitato reazioni di approvazione (quasi sempre tiepida) o di disapprovazione (piuttosto netta), rispettivamente da esponenti della maggioranza e dell’opposizione. Si tratta di una manovra che aveva come primo obiettivo quello di reperire risorse per sterilizzare l’aumento dell’IVA previsto dalle clausole di salvaguardia (innalzate a 23 miliardi di euro dalla scorsa Legge di Bilancio 2019) e in seconda battuta alla riduzione del costo del lavoro e ad una serie di interventi “a pioggia”, che punta molto sulla lotta all’evasione fiscale, quantificata in oltre 100 miliardi di euro l’anno.
Su quest’ultimo punto (il recupero dall’evasione) il Governo sembra segnare un punto a suo favore nell’opinione degli italiani: per recuperare risorse, secondo un sondaggio EMG, per il 53% la lotta all’evasione sarebbe meglio dei provvedimenti di “indulgenza” (condoni o – come recita il sondaggio – “pace fiscale”), mentre il 32% dichiara di preferire i secondi. È però interessante notare come tra gli elettori della Lega queste due percentuali siano pressoché equivalenti.
Allo stesso tempo, però, c’è molta disillusione – se non addirittura pessimismo – sull’efficacia delle misure annunciate dall’esecutivo per far quadrare i conti: un sondaggio condotto da Ixè rivela che il 46% degli italiani le ritiene non efficaci, contro il 39% che invece è ottimista. Anche qui è da segnalare come vi siano differenze tra le basi dei diversi partiti, con gli elettori del PD e – soprattutto – del M5S in maggioranza convinti della bontà di queste misure.
Ma di quali misure stiamo parlando, in concreto? Nel decreto fiscale che dovrà accompagnare la Legge di Bilancio 2020, si prevede un inasprimento delle pene per gli evasori: un provvedimento che incontra il favore degli italiani, se è vero che per EMG il 71% è d’accordo con la “tolleranza zero” per chi evade il fisco (peraltro in modo trasversale tra gli elettorati) e che Ixè rileva una percentuale praticamente identica (70%) di italiani favorevoli ad aumentare le pene anche per chi evade “solo” 50 mila euro (percentuale che supera l’80% tra gli elettori di PD e M5S).
Si parla anche di abbassare la soglia dei pagamenti in contante a 1.000 euro, tornando così a un provvedimento originariamente preso dal Governo Monti dopo che tale soglia era stata alzata a 3.000 dal Governo Renzi. Ancora il sondaggio EMG ci dice che questa misura sembra gradita a quasi due italiani su tre (65%) e che una percentuale ancora maggiore (68%) giudica favorevolmente la previsione di multe per i commercianti e i professionisti che non dispongono di un POS per i pagamenti con carte elettroniche.
Sempre sul fronte fiscale, si segnala un’altra novità: l’introduzione di una “tassa sulla plastica” che colpirebbe i produttori per un importo pari a 1 euro ogni kg prodotto. Nuovamente, il sondaggio EMG ci dice che questo provvedimento vede il 54% degli elettori favorevoli, mentre il 36% la reputa sbagliata. Infine, la manovra lascia invariato uno dei provvedimenti più controversi del precedente esecutivo giallo-verde, ossia Quota 100.
Anche da questo punto di vista, sembra che le scelte fatte dal nuovo Governo incontrino il favore degli elettori: la maggioranza relativa degli italiani intervistati da EMG (46%) vorrebbe lasciare il provvedimento invariato, mentre il 34% lo vorrebbe soltanto modificare (percentuale che tra gli elettori PD raggiunge il 52%) e solo il 12% preferirebbe invece abolirla. Insomma, sembra che le misure prese (o non prese) nella prossima manovra economica tendano a riflettere quanto più possibile l’orientamento degli italiani. Ma nelle prossime settimane, quando partirà il confronto politico – e soprattutto parlamentare – sui contenuti, tante cose potrebbero cambiare. Staremo a vedere.