La Supermedia dei sondaggi di oggi è speciale. Il motivo è che si tratta dell’ultima Supermedia della legislatura: da venerdì a mezzanotte, infatti, scatterà il divieto sulla diffusione dei sondaggi previsto dalla legge. Il black-out durerà finché non saranno chiuse le urne, e a quel punto più che con i sondaggi avremo a che fare con i numeri reali: di voti ma soprattutto di seggi.
I numeri di oggi saranno quindi l’ultima pietra di paragone con cui fare i conti prima del voto. Numeri, peraltro, estremamente robusti, vista l’enorme quantità di sondaggi pubblicati a ridosso del voto – molti anche nella stessa mattinata di oggi. Se di solito la Supermedia considera tra i 5 e gli 8 sondaggi da parte di altrettanti istituti, oggi ne include ben 12. Vediamo allora questi dati:
Anche questa settimana il Movimento 5 Stelle “regge” in prima posizione, arrivando a toccare il 28 per cento. Il dubbio: quanto può avere influito lo scandalo dei bonifici? La risposta non è semplice. Gli ultimissimi sondaggi (quelli pubblicati stamattina, appunto) non hanno rilevato alcun calo nelle intenzioni di voto verso i pentastellati; sono passati solo pochi giorni dallo scandalo, e le ricadute sulle intenzioni di voto potrebbero effettivamente manifestarsi solo dopo queste ultime rilevazioni “ufficiali”. Un indizio di quanto questa vicenda potrebbe influire però ce lo dà una recente indagine dell’istituto Ixè, che ha chiesto agli intervistati quale fosse la priorità da affrontare in Italia: ebbene, alle spalle della questione del rilancio economico (50%), ben il 21% del campione ha risposto “Onestà, etica”. Si tratta di un storico cavallo di battaglia per il M5S, e infatti tra i suoi elettori tale percentuale sale a oltre il 32%. Difficile stimare quanti elettori (anche solo potenziali) si allontaneranno dal Movimento a causa di questa storia, certo è che la base a 5 stelle è tra le più sensibili su questo tema particolare.
Cosa succede a sinistra
Brutte notizie invece a sinistra: Liberi e Uguali scende per la prima volta sotto il 6% (5,7) proseguendo in un trend calante, non troppo netto ma costante nel tempo. Anche per il PD il bicchiere è mezzo vuoto: il 22,8% costituisce un nuovo record negativo dall’inizio del nostro tracking, ma almeno in questo caso i dem possono guardare con un minimo di ottimismo al risultato delle liste minori alleate: questa settimana Insieme, +Europa e Civica Popolare toccano il 4,5%, un dato che consente al centrosinistra di restare testa a testa con il M5S e al PD in lizza per la palma di primo gruppo parlamentare nella prossia legislatura. Attenzione, però: se +Europa dovesse superare la soglia di sbarramento 3% (e magari, allo stesso tempo, le altre due liste restassero sotto l’1 per cento), il PD si vedrebbe togliere seggi, e neanche pochi: addirittura fino a 19 seggi, secondo una nostra recente stima basata sulla Supermedia. Peraltro, secondo alcune delle rilevazioni più recenti – come quella dell’istituto Demos di Ilvo Diamanti, pubblicata stamattina su Repubblica – vedono +Europa già nettamente sopra il 3%.
Cosa succede a destra
Nel centrodestra si sorride, ma anche qui non troppo: la coalizione è saldamente in testa con il 36,7% dei voti, quasi 9 punti in più rispetto ai suoi avversari. Ma è un dato ancora troppo basso per poter puntare alla maggioranza assoluta. Nella battaglia tutta interna tra Forza Italia e la Lega per la palma di primo partito della coalizione, è il partito di Berlusconi ad essere nettamente favorito, con oltre 3 punti di vantaggio sul rivale. La strategia dell’ex premier di premere sull’acceleratore nelle settimane che hanno preceduto lo scioglimento delle Camere (e la composizione delle liste) sembra aver dato i suoi frutti, come si può evincere anche dal seguente grafico, che ci mostra la “storia” di questa legislatura attraverso delle “Supermedie mensili”:
Il grafico mostra molto plasticamente come, dopo essere rimasta alle spalle della Lega per quasi 3 anni, nell’ultimo periodo Forza Italia abbia scalzato l’alleato/avversario, in modo sostanzialmente speculare alla perdita di consensi fatta registrare dal PD, in ultimo sulle vicende legate alle banche e al lavoro della relativa commissione parlamentare d’indagine.
Il Partito democratico
Per il partito di Renzi, comunque, dal 2014 la legislatura ha regalato quasi solo dispiaceri: un primo calo, dopo l’incredibile 40,8% delle Europee, è arrivato verso la fine di quell’anno con le polemiche sull’articolo 18 e il Jobs Act con i sindacati. Un secondo calo c’è stato nel 2015, con gli scontenti generati dalla riforma della “Buona Scuola” e con i risultati non proprio entusiasmanti delle Regionali. Il 2016 è stato l’anno della “campagna referendaria permanente” che ha portato alla cocente sconfitta del 4 dicembre. Da lì a poco, un’ulteriore smottamento c’è stato in occasione della scissione di Articolo 1 – MDP (poi confluito in Liberi e Uguali), e il clima arroventato dei mesi successivi all’estate, con la sconfitta pesante del centrosinistra in Sicilia e le polemiche sulla nuova legge elettorale, hanno completato l’opera.
Il Movimento 5 Stelle
E il Movimento 5 Stelle? Dopo il “boom” delle Politiche 2013, in cui fu la lista più votata alla Camera sul territorio nazionale, il M5S ha inizialmente sofferto la sua “marginalità” parlamentare, e in seguito l’effetto-novità incarnato da Renzi. Il 2015 è stato però l’anno della riscossa per i pentastellati, che incalzando in continuazione il PD e il suo segretario/premier si sono arrampicati gradualmente fino alle soglie del 30%, e da lì non si sono praticamente più mossi nell’ultimo anno e mezzo. Una tale stabilità è sorprendente, per un Movimento che si professa post-ideologico. Il quadro degli ultimi due anni sembra comunque essersi piuttosto stabilizzato, prendendo la forma di quel “tripolarismo asimmetrico” cui abbiamo fatto cenno altre volte, caratterizzato dall’anomalia per cui il polo più consistente (il centrodestra) è in realtà diviso in due al suo interno tra due anime profondamente diverse.
Conclusioni
Come si traduce quest’ultima Supermedia in seggi? Secondo la nostra proiezione, sia alla Camera che al Senato il centrodestra rimarrebbe lontano dalla maggioranza assoluta (con 288 e 135 seggi rispettivamente). Il centrosinistra e il Movimento 5 Stelle sarebbero destinati a competere per la seconda posizione, con i pentastellati in vantaggio 157 a 150 alla Camera e una situazione di parità assoluta al Senato, con 81 seggi per entrambi.
Nessuna maggioranza, quindi? Se proviamo a sommare i seggi di PD, Forza Italia e centristi delle due coalizioni principali (per stimare il “potenziale parlamentare” di un eventuale governo di larghe intese) arriviamo a 292 seggi alla Camera e 153 al Senato. In tutto ciò, dobbiamo sempre considerare i deputati e i senatori eletti all’estero: sono 12 alla Camera e 6 al Senato. Anche ipotizzando che siano tutti eletti in quota PD o Forza Italia (o altro partito favorevole a un governo di larghe intese), ci sarebbero i numeri al Senato, per quanto molto risicati, ma non alla Camera. L’esito delle elezioni del 4 marzo quindi, alla luce di questi numeri, rischia di essere un Parlamento “bloccato” alla difficile ricerca di una maggioranza, qualunque ne sia la composizione.