Nicola Zingaretti è il nuovo Segretario del Partito Democratico. Non si tratta di un risultato inatteso, ma quello che dà particolare forza alla vittoria di Zingaretti sono le percentuali con cui si è imposto. Alla vigilia i sondaggi accreditavano al Presidente della Regione Lazio una forbice tra il 48% e il 60%: la domanda non era dunque chi sarebbe stato il nuovo vertice del partito, quanto piuttosto se sarebbe riuscito a chiudere i giochi già in occasione del voto di ieri, raggiungendo la fatidica soglia del 50% dei votanti.
I risultati sono più che netti: quando nel conteggio di Youtrend sono stati raccolti oltre 935 mila voti, Zingaretti ha raccolto i due terzi dei consensi (66,2%). I risultati più pesanti sono arrivati dall’Emilia Romagna (70,7% su 185 mila voti definitivi) e dal Lazio, dove il conteggio è ancora in corso ma l’affluenza sfiora i 200 mila votanti, con il neosegretario vicino all’80%.
In generale, è frequente che il front runner nel voto dei circoli – che ha sempre vinto le primarie aperte – si affermi più largamente nelle primarie aperte. Questo sia per un motivo di maggiore notorietà nel grande pubblico, sia per il radunarsi dei candidati esclusi dietro quello che più probabilmente verrà eletto. Zingaretti, che aveva vinto nel voto degli iscritti con il 47,4%, è cresciuto quindi di quasi il 20%, una percentuale vicina al +22% ottenuta da Renzi nel 2013.
L’affluenza cala ma non crolla
La partecipazione alle primarie, inizialmente prevista di poco superiore al milione di votanti, è stata superiore alle attese. Anche se non sono ancora disponibili dati definitivi, i dati diffusi dalla commissione congresso del Partito Democratico prevedono un risultato finale intorno al milione e settecentomila partecipanti.
In realtà probabilmente il dato definitivo sarà inferiore: nelle dieci regioni di cui disponiamo di risultati ufficiali o ufficiosi (Lombardia, Emilia Romagna e Toscana in testa) il calo medio è stato del 16% rispetto al 2017. Se i dati del Lazio saranno in crescita e quelli in Puglia e Campania caleranno nettamente, come ci si aspetta, l’affluenza finale potrebbe attestarsi fra gli 1,5 e gli 1,6 milioni di votanti. Un dato non eccezionale, con circa 300 mila voti in meno rispetto al crollo del 2017, ma neanche il flop atteso da molti.
I due sfidanti
Una delusione annunciata quella dei due competitor di Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti. In tutti i sondaggi, infatti, il loro distacco era più che sufficiente per tranquillizzare il presidente del Lazio fino ai primi dati ufficiali.
Eppure, anche i sondaggi più pessimisti non sono riusciti a prevedere con precisione il calo del segretario uscente Maurizio Martina, crollato dal 36,1% del voto nei circoli al 21% (dati parziali). Martina è riuscito a ottenere comunque un buon risultato in Campania e Basilicata, imponendosi in province come Potenza e Benevento, mentre il risultato è stato ben sotto le attese nelle regioni del Centro e del Nord. Soprattutto in Emilia Romagna e in Liguria, due regioni dove aveva ottenuto buoni risultati fra gli iscritti, l’ex reggente è rimasto sotto la soglia del 20%.
Per quanto riguarda Giachetti, invece, il risultato intorno al 13% ricade perfettamente negli intervalli di confidenza dei sondaggi più recenti prima delle primarie, ed è addirittura in crescita rispetto all’11,1% del voto nei circoli. Il distacco dal secondo posto è più contenuto nella ex Zona Rossa (sotto il 5%) rispetto al Nord (quasi -9%) e soprattutto al Centrosud, dove Martina doppia Giachetti con il 24,1% contro il 10,1%.
Cosa aspetta ora il Partito Democratico
Negli oltre 200 sondaggi sulle intenzioni di voto considerati nella Supermedia Youtrend/Agi negli ultimi 12 mesi, il Partito Democratico non è mai uscito dalla finestra compresa fra il 15% e 20%. Riuscirà Zingaretti a porre fine alla fase di stallo che ha ingabbiato il Partito Democratico a partire dal 4 marzo 2018, dovuta anche a una profonda crisi di leadership lunga un anno?
Le prossime settimane saranno decisive per due motivi. Da un lato, ci permetteranno di capire se il neoeletto segretario possa essere in grado di intercettare almeno una parte dell’emorragia di voti che da mesi affligge il Movimento 5 Stelle; dall’altro, sarà importante in vista delle Europee di fine maggio, per capire come Zingaretti riuscirà a relazionarsi con quel gran numero di sigle che a sinistra stanno cercando una collocazione.
Il primo test sarà già fra tre settimane, con la terza tornata di elezioni regionali di questo 2019, in Basilicata: in una regione storicamente favorevole, il centrosinistra si trova in difficoltà in seguito alle inchieste che hanno visto coinvolto il presidente dimissionario Marcello Pittella. Vedremo quale sarà l’impatto che il nuovo segretario potrà avere in pochi giorni per provare a far uscire il suo partito dallo stallo.
(Giovanni Forti)