Da settimane il clima all’interno della maggioranza di governo si fa sempre più rovente: questo surriscaldamento è dovuto in buona parte al disaccordo sulla riforma della prescrizione, tema su cui Italia viva – e in particolare il suo leader Matteo Renzi – ha ingaggiato un braccio di ferro durissimo con il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede (M5s).
Lo scontro sembra aver raggiunto il suo culmine mercoledì in occasione dell’intervista di Renzi a “Porta a Porta”, in cui l’ex premier ha (tra le altre cose) paventato una mozione di sfiducia allo stesso Bonafede. Molti osservatori hanno attribuito il recente “attivismo” di Renzi alla volontà di smuovere gli equilibri politici e istituzionali e far guadagnare ulteriore centralità e “peso” politico alla sua Italia viva. Vedremo tra poco se questa intenzione è effettivamente dettata da ragioni di consenso.
Intanto, vediamo qual è la situazione fotografata dalla nostra Supermedia dei sondaggi: anche oggi, infatti, si confermano alcuni elementi che abbiamo già visto (o intravisto) nelle scorse settimane, in particolare la crescita di Fratelli d’Italia (ma anche del Partito democratico) e il calo del Movimento 5 Stelle (ma anche della Lega).
Le prime due posizioni continuano ad essere piuttosto “blindate”, con la Lega al 30,3% e il PD staccato di quasi 10 punti. Si fa sempre più serrata la lotta per il terzo posto, con Fratelli d’Italia che per la prima volta supera il 12% nella nostra Supermedia e si porta a soli 2 punti di distanza dal Movimento 5 Stelle, fermo poco sopra il 14%. Alle spalle dei “big four” si segnala il calo piuttosto importante di Forza Italia (-0,6%) e il discreto stato di forma della sinistra (ex LeU) che arriva a sfiorare il 3%.
Come abbiamo visto la scorsa settimana, nonostante la Lega resti sopra il 30% e la crescita di FDI appaia inarrestabile, il centrodestra non riesce ad andare oltre il 50%, mentre il centrosinistra risale ed è ormai prossimo a toccare quota 30%. Ma anche tra le due macroaree parlamentari – quella della maggioranza giallorossa e quella dell’opposizione di centrodestra – gli equilibri sono sostanzialmente invariati, con un distacco che ormai da qualche mese rimane stabile intorno ai 7 punti.
Appare quindi comprensibile che alcuni attori politici abbiano pensato che i tempi siano maturi per imprimere una nuova “scossa” all’attuale quadro. E forse su questo si basa l’ultima scommessa di Matteo Renzi, che ha deciso di sfidare apertamente il premier Giuseppe Conte contestando l’immobilismo del governo e la sua natura, a suo dire, scarsamente riformista.
I primi sondaggi sembrano però portare cattive notizie per il leader di Italia Viva: due distinte rilevazioni degli istituti Ixè e SWG hanno dato risposte molto simili quando hanno chiesto agli italiani chi avesse ragione tra i due, e per entrambi gli istituti circa il 40% degli intervistati dà ragione all’attuale premier e molti di meno (tra il 16 e il 19%) sono quelli che prendono le parti di Renzi.
Questa sproporzione può spiegarsi in vari modi. Il primo motivo può essere senz’altro l’orientamento degli italiani su quello che almeno “ufficialmente” è l’oggetto del contendere, ossia la riforma Bonafede: secondo Ixè, solo il 14% degli elettori è d’accordo con la posizione di Matteo Renzi sulla prescrizione.
Ma in ogni caso sono in molti a ritenere che gli ultimatum del leader di Italia Viva su questo tema siano siano un bluff: per EMG, soltanto una settimana era il 53% degli elettori a pensarla in questo modo, mentre solo un elettore su 5 attribuiva a Renzi la volontà di andare fino in fondo, anche a costo di mettere a rischio la vita dell’esecutivo.
Il braccio di ferro di Renzi sulla prescrizione, come è visto dagli intervistati nei nostri #sondaggi#agorarai a cura di @FabrizioMasia1 pic.twitter.com/NsQE3tn1IT
— Agorà (@agorarai) February 13, 2020
Renzi e il suo partito sembrano però continuare a scontare una sorta di “peccato originale”: quella di aver dato vita a un elemento di destabilizzazione del governo che lo stesso Renzi, con una mossa a sorpresa, aveva contribuito in modo decisivo a far nascere lo scorso agosto.
Uno scetticismo di cui avevamo dato conto già nei giorni del lancio ufficiale di Italia Viva (settembre 2019), quando la maggioranza degli elettori interpellati da diversi istituti di sondaggio ritenevano che il nuovo partito renziano avrebbe indebolito l’allora neonato Conte-bis. Uno scetticismo che ha trovato conferma nelle intenzioni di voto, in cui Italia Viva è stata costantemente accreditata di un consenso mai nemmeno prossimo alla doppia cifra.
Dopo una partenza non entusiasmante (ma nemmeno troppo negativa) che ha visto Italia viva situarsi attorno al 4% dei consensi virtuali fin dai primissimi giorni della sua fondazione, il partito è gradualmente cresciuto fino a sfiorare il 5%, per poi ridiscendere – lentamente ma inesorabilmente – verso i valori odierni, in tutto e per tutto analoghi a quelli iniziali, nonostante le tante iniziative con cui Renzi ha fatto di tutto per acquisire centralità politica (e mediatica).
Infine, un elemento che può contribuire a spiegare i motivi per cui Italia Viva non è mai decollata nei sondaggi (e che rende difficile immaginare che possa farlo nell’immediato futuro) è il gradimento del suo leader: secondo le due rilevazioni più recenti (EMG e Ixè) gli italiani che hanno fiducia nei confronti di Matteo Renzi sono solo il 13%.
Un valore decisamente basso, forse troppo basso, e soprattutto che presenta tratti di trasversalità: al di fuori degli elettori di Italia Viva (in cui, comprensibilmente, la fiducia verso Renzi è molto alta: 77%), secondo Ixè l’ex premier resta sotto il 20% di fiducia tra gli elettori di tutti i partiti, a destra come a sinistra, e persino tra quelli del PD (17%), partito di cui Renzi è stato segretario per anni.