Dopo una lunga pausa in corrispondenza delle feste di fine anno, gli istituti di sondaggio hanno finalmente ripreso a pieno ritmo a rilevare gli orientamenti di voto degli italiani. Questa interruzione, durata quasi un mese, ci consente di apprezzare delle variazioni un po’ più consistenti del solito nella nostra Supermedia. Vediamo allora che effetto hanno avuto sull’opinione pubblica le vicende politiche delle ultime settimane del 2019 (e delle prime settimane del 2020).
Nel voto alle liste la Lega resta nettamente il primo partito con il 30,8% dei consensi. Nonostante sia in piena modalità “campagna elettorale”, in vista delle importanti Regionali del prossimo 26 gennaio, il partito di Matteo Salvini non sembra essere riuscito a invertire il trend che lo vede calare – in modo lieve ma continuo – da circa due mesi: era da ben 14 mesi (novembre 2018) che la Lega non scendeva sotto il 31% nella nostra Supermedia.
Ciò nonostante, il vantaggio leghista sugli inseguitori è ancora notevole, dal momento che il Partito Democratico si piazza solo al 19,3%, nonostante sia risalito (+0,6%) dopo il leggero calo di dicembre. Un’altra tendenza che si conferma anche in questo inizio di 2020 è la crisi del Movimento 5 Stelle, che scende per la prima volta sotto il 16%: bisogna risalire a ben 7 anni fa (inizio 2013) per ritrovare il M5S su valori così bassi nei sondaggi.
Un altro trend che si conferma anche nel 2020, dopo aver segnato tutta la seconda parte del 2019, è l’ottimo stato di salute di Fratelli d’Italia. Questa volta l’aumento registrato (+0,1% in 4 settimane) è decisamente più contenuto rispetto al recente passato, ma va detto che per alcuni istituti (EMG, Ixè) il partito di Giorgia Meloni ha ormai sfiorato o persino raggiunto l’11% dei voti virtuali. Stabile Forza Italia, tra il 6 e il 7 per cento, mentre perdono un po’ di terreno (-0,4%) sia la sinistra che Italia Viva; se nel primo caso si tratta di un riallineamento su valori più “normali” dopo il picco un po’ anomalo di dicembre (2,9%), per quanto riguarda il partito di Matteo Renzi potrebbe effettivamente trattarsi di un momento di difficoltà: Italia Viva era partita discretamente, crescendo di un punto nel suo primo mese di vita (dal 4% di ottobre al 5% di novembre), ma poi questa crescita si è interrotta e potrebbe stare soffrendo una sorta di “riflusso” di elettori ex PD che stanno tornando in direzione del partito di Zingaretti oppure, sul lato “opposto”, verso Azione di Carlo Calenda, critico come (e più) di Renzi nei confronti del M5S ma – a differenza di quest’ultimo – posizionato nettamente all’opposizione del Governo Conte.
Tuttavia, l’opposizione parlamentare all’esecutivo continua ad essere pressoché monopolizzata dal centrodestra, che secondo la nostra elaborazione conserva ancora un vantaggio consistente (oltre 7 punti percentuali) sull’aggregazione delle forze di maggioranza (M5S, PD, IV e sinistra).
Il bipolarismo “parlamentare” dell’attuale fase politica tuttavia non ostacola, ma anzi sembra accompagnare, il ritorno a un bipolarismo di tipo più “classico”, basato sui due poli tradizionali di centrosinistra e centrodestra. Lo mostra bene il nostro grafico con le forze politiche riaggregate in base alle coalizioni così come si presentarono alle elezioni politiche 2018: anche in questo caso l’area di centrodestra resta nettamente maggioritaria, ma rispetto a due anni fa il centrosinistra (PD, Italia Viva, Più Europa, Azione) è cresciuto di 5 punti.
Entrambe queste tendenze sono quasi certamente ascrivibili al crollo del Movimento 5 Stelle, che in questi due anni ha più che dimezzato i consensi. Una tendenza che si è persino accentuata negli ultimi mesi, se è vero che dalla nascita del Conte bis (settembre 2019) sono quasi 5 i punti persi dal partito guidato da Luigi Di Maio, la cui leadership, non a caso, è oggi messa in discussione come non era mai avvenuto prima.
Mai come in questo periodo i rapporti di forza tra partiti fotografati dai sondaggi sono importanti per gli sviluppi istituzionali e politici. La sentenza della Corte costituzionale, che ha appena respinto il referendum promosso dalla Lega per un sistema maggioritario, si inserisce nella discussione in corso sulla riforma della legge elettorale.
La recente bozza depositata in commissione Affari Costituzionali alla Camera (il cosiddetto “germanicum”) introdurrebbe un sistema proporzionale con una soglia di sbarramento piuttosto alta 5% che ridurrebbe drasticamente il numero dei partiti presenti in Parlamento. Basti pensare, secondo le nostre simulazioni che ben 2 dei 4 partiti di maggioranza (Italia Viva e sinistra/LeU) rischierebbero seriamente di non eleggere alcun membro, a meno di riuscire nell’impresa di superare un certo numero di voti in alcune circoscrizioni per accedere al cosiddetto “diritto di tribuna”.
Proprio per questo motivo, le discussioni intorno alla legge elettorale potrebbero costituire un ulteriore fattore di instabilità per la maggioranza, che si aggiunge alla “spada di Damocle” del referendum costituzionale per confermare – o rigettare – il taglio dei parlamentari.