La nascita del partito di Matteo Renzi “Italia Viva” ha senz’altro dato una scossa al sistema politico pur senza sconvolgerlo o rivoluzionarne gli assetti, in ciò confermando le attese degli osservatori più attenti. Questa settimana, per la prima volta, possiamo inserire Italia Viva a pieno titolo nella nostra Supermedia, dal momento che ormai tutti gli istituti di sondaggio hanno provveduto a includere la nuova formazione nelle loro stime di voto.
Il risultato si apprezza in modo particolare dal nostro primo grafico, che mostra – come di consueto – la variazione rispetto alla Supermedia di due settimane fa, l’ultima prima dell’annuncio della (nuova) scissione del PD da parte di Renzi. La Lega rimane in vetta alla classifica sulle intenzioni di voto ai partiti, confermando un dato di poco sopra il 32%. La cosa non sorprende, dal momento che era ed è difficile ipotizzare un travaso di elettori leghisti verso la neonata creatura renziana. Discorso inverso per il Partito Democratico, che risulta essere il partito con il peggior saldo negativo negli ultimi 15 giorni (-2,5%) e si attesta sul 20%. I democratici riescono comunque a mantenere il secondo posto, poiché anche il Movimento 5 Stelle fa registrare una flessione non di poco conto (-1,4%) che li piazza al terzo posto.
Dietro Fratelli d’Italia e Forza Italia, stabili e separati da un solo punto percentuale, troviamo Italia Viva, al sesto posto con il 4,1%. Come spesso accade – per tutti i partiti – dietro questo dato si nasconde una certa varietà di risultati, a seconda dell’istituto demoscopico: c’è chi fornisce una stima addirittura inferiore al 3% (Ixè) e chi invece vede il partito di Renzi toccare – o persino superare – la soglia del 5% (Euromedia, Demopolis, SWG). Tra gli altri partiti, da segnalare la flessione di mezzo punto di Più Europa, che scende al 2,5% e si ritrova appaiata alla Sinistra ma ancora davanti ai Verdi (1,8%), entrambi stabili.
Il dato di questa settimana dunque chiarisce ulteriormente la genesi dei (primi) consensi registrati per Italia Viva. Come abbiamo visto la settimana scorsa, i primi sondaggi ipotizzavano che il grosso dei consensi provenissero dal PD, partito di cui Renzi è stato a lungo segretario. Quelle prime stime scontavano il difetto di essere state prodotte quando ancora il lancio di Italia Viva non era stato né ufficializzato né – di conseguenza – di dominio pubblico.
Questa settimana siamo in grado di dare un aggiornamento di quelle stime: se non bastasse la coincidenza tra il netto calo del PD e il “debutto” di Italia Viva nella Supermedia, ora abbiamo dati decisamente più solidi a conferma dell’ipotesi iniziale che il partito di Nicola Zingaretti è virtualmente il primo “donatore” di consensi al nuovo soggetto; nonché del fatto che il potenziale di attrazione di Italia Viva verso elettori esterni al perimetro del tradizionale centrosinistra e/o astenuti è estremamente basso, almeno per ora.
Per i democratici, tuttavia, non si tratta interamente di un gioco a perdere: l’uscita di Matteo Renzi potrebbe aver riportato diversi elettori a considerare il PD come “votabile”, come per certi versi dimostra il recente ingresso di Laura Boldrini, ex SEL e poi LeU. Secondo i flussi di voto rilevati settimanalmente dall’istituto SWG, una parte non irrilevante di elettori del Movimento 5 Stelle (pari allo 0,7%) si sarebbe ri-orientata sul partito di Zingaretti proprio a seguito della scissione di Renzi.
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Tuttavia, la domanda che più agita il sonno di politici, osservatori e addetti ai lavori in generale è: la nascita di Italia Viva rafforza o indebolisce il governo? Sul piano puramente parlamentare, è sufficiente che un solo deputato o senatore proveniente dall’opposizione aderisca ai neo-costituiti gruppi renziani per far pendere il saldo dalla parte del “rafforzamento”: poiché Italia Viva si è da subito dichiarata a tutti gli effetti parte della maggioranza che sostiene il Conte-bis, ingressi provenienti dal centrodestra (o da Più Europa, che fa opposizione “da sinistra”) rinforzerebbero la maggioranza in Parlamento.
Ma dal punto di vista politico è chiaro che aggiungere una quarta sedia a quelle di M5S, PD e LeU al tavolo delle negoziazioni interne alla maggioranza stessa equivale ad aumentare – piuttosto che a diminuire – le occasioni di tensione o di scontro. Sembra pensarla così anche la maggioranza degli italiani, interpellati in proposito da tre diversi istituti di sondaggio una settimana fa: solo una piccola minoranza ritiene che la nascita di Italia Viva rafforzi il governo, mentre la maggioranza relativa (o addirittura assoluta) degli intervistati propende per l’idea che quest’ultima rappresenti un fattore di debolezza per l’esecutivo.
Ma un governo perennemente sotto la spada di Damocle di tanti partiti, ciascuno con potere di vita o di morte, quanto può durare? Anche questa è una domanda che molti sondaggisti hanno rivolto agli elettori, a più riprese. In particolare, le previsioni si sono concentrate ad inizio di questo mese, nei giorni in cui il nuovo esecutivo è nato ed entrato in carica (un dettaglio, questo, da tenere a mente). I risultati sono riassunti nel grafico seguente.
Nonostante la diversità (nel numero e nel contenuto) di opzioni di risposta proposte dai rispettivi istituti (che abbiamo ri-categorizzato in modo da rendere possibile un confronto), il fattore comune a tutte le rilevazioni è la sostanziale sfiducia verso l’ipotesi che il governo arrivi fino alla scadenza naturale della legislatura, nel 2023. Gli italiani che la ritengono l’opzione più probabile variano dal 15% scarso registrato da Ipsos al 24% di Antonio Noto.
Una quota significativa di italiani (attorno al 40% se non di più) è invece convinta che il nuovo esecutivo sia destinato a durare solo per qualche mese, o al massimo un anno. Ricordiamo che i dati appena mostrati sono precedenti alla nascita di Italia Viva, che – come abbiamo visto – rende in prospettiva ancora più difficile la navigazione del Governo. Se ne può dedurre che la maggioranza degli italiani è piuttosto pessimista sulla durata del Conte-bis.
Eppure, questa percezione di debolezza sembra cozzare con l’effettivo sostegno – in termini di voti “virtuali” – alla nuova maggioranza. I recenti sviluppi su una coalizione tra M5S e PD in vista del voto in Umbria aprono nuovi scenari anche in vista delle prossime elezioni politiche.
Cosa accadrebbe quindi riaggregando i dati delle componenti dell’attuale maggioranza (PD, M5S, Italia Viva, LeU) e quelle del blocco di centrodestra (Lega, Forza Italia, FDI) che – di fatto – monopolizza l’opposizione? La nostra Supermedia ci dice che siamo di fronte a due aree che sostanzialmente si equivalgono: ad oggi, solo un punto separa la maggioranza (46,2%) dall’opposizione (47,2%).
Si va quindi verso un ritorno al bipolarismo, sia pure con protagonisti e dinamiche molto diversi rispetto al passato? È decisamente presto per dirlo. Ma le ultime settimane ci dicono che gli indizi in questa direzione si stanno via via accumulando, e che stanno trovando un radicamento non solo tra le élite politiche ma anche tra gli elettori.