La politica italiana non concede un attimo di tregua. L’evento principale della settimana appena trascorsa sembrava essere il tradizionale raduno annuale della Lega a Pontida, in cui Matteo Salvini ha rilanciato la sua battaglia in opposizione al neonato governo Conte bis. Invece, dopo molti mesi di incertezze accompagnate da indiscrezioni, Matteo Renzi ha rotto gli indugi e ha lanciato il suo partito: “Italia Viva”. Il nuovo soggetto renziano, che ha già una rappresentanza parlamentare (non enorme, ma nemmeno irrilevante), sarà la “quarta gamba” dell’esecutivo, dal momento che lo stesso Renzi ha telefonato personalmente a Giuseppe Conte per garantire che il suo sostegno al governo continuerà.
Nonostante si sia appena verificato, questo piccolo “terremoto” ha già prodotto effetti misurabili sul consenso ai partiti registrato dalla nostra Supermedia, che questa settimana tiene conto di ben 8 rilevazioni da parte di altrettanti istituti. Come si vede dal nostro primo grafico, tutti i partiti sono stabili o lievemente in calo. Le variazioni – sia positive che negative – sono di lieve entità, ascrivibili a oscillazioni statistiche. Con un’importante eccezione: il Partito Democratico.
“Italia Viva” non è – ancora – presente in veste “ufficiale” nella nostra Supermedia, dal momento che solo pochissimi istituti l’hanno già sondata nelle loro indagini sulle intenzioni di voto (così come “Cambiamo” di Giovanni Toti). Nonostante ciò, il suo effetto si fa sentire, facendo perdere al PD ben 1,5 punti rispetto al dato di 2 settimane fa. La Lega rimane il primo partito, anche se il suo 32,1% è frutto di dati contraddittori: se per SWG e Noto il partito di Salvini è in crescita, toccando il 34%, per altri è in calo addirittura sotto il 30% (29,9% il dato di Ixè). La stessa cosa vale per il Movimento 5 Stelle, che rimane in terza posizione dietro il PD, anche se per alcuni (Euromedia, Ixè) il partito di Luigi Di Maio avrebbe ri-superato quello di Nicola Zingaretti.
Concentriamoci però sul neonato partito di Matteo Renzi, nato da una (ennesima) scissione del PD con il dichiarato intento di creare una forza liberal-democratica in cui si possano riconoscere elettori (ed eletti) provenienti anche da altre formazioni, come Più Europa o Forza Italia. Proprio dal partito di Silvio Berlusconi proviene quella che per ora è l’unica parlamentare ad aver aderito al gruppo di Italia Viva senza provenire dal PD, e cioè la senatrice Donatella Conzatti.
La domanda di questi giorni è: quanto vale Italia Viva? A questa domanda hanno già provato a rispondere diversi sondaggisti, ottenendo risposte tutto sommato simili. Se per Noto ed Euromedia Italia Viva ha il 5% dei consensi, per Ixè il dato si ferma al 3,8% e per EMG è ancora un po’ più basso (3,4%). Dati che consentirebbero al partito renziano di eleggere dei parlamentari in caso di elezioni anticipate – dal momento che la soglia di sbarramento è del 3% – ma lontani da quello che forse era l’obiettivo massimo sperato dal suo promotore, e cioè un dato in doppia cifra (o comunque più vicino al 10 che al 3 per cento).
Ovviamente si tratta di stime iniziali: la consistenza elettorale di Italia Viva nelle prossime settimane potrebbe aumentare (quando ci saranno più elettori a conoscenza della sua nascita) oppure diminuire (se dovessero scemare l’entusiasmo e l’effetto novità). Ma da dove vengono questi consensi? Secondo tutti i sondaggi realizzati finora, Italia Viva sembra togliere voti principalmente al Partito Democratico.
Sia per Noto che per Ixè, circa 6 voti su 10 che vanno a Renzi vengono dal PD; EMG ed Euromedia rilevano un calo consistente per il PD in corrispondenza della nascita di Italia Viva. L’istituto presieduto da Fabrizio Masia vede una perdita di 2,8 per i democratici, ma nel suo sondaggio rileva anche – per la prima volta – una “lista Calenda”, che stima all’1,1%. La lista di Calenda non esiste ancora, perlomeno ufficialmente (anche se ha già un rappresentante nel Parlamento italiano, nella figura del senatore Matteo Richetti, ex renziano) ma comincia ad essere sondata da più parti: per Noto sarebbe al 2,5%, mentre Euromedia dice 1,6%. In tutti i casi, per l’ex ministro dello Sviluppo economico, oggi europarlamentare, si parla di un bacino elettorale iniziale inferiore a quello del suo “competitor” Renzi.
Ma per ques’ultimo i primi segnali non sembrano comunque entusiasmanti: se il suo obiettivo era quello di raccogliere consensi pescando tra gli elettori moderati “alla destra” del PD, i numeri appena visti ci dicono che il suo neonato movimento toglie ben poco ai bacini elettorali al di fuori del bacino “classico” del centrosinistra.
Tutti questi rimescolamenti hanno però anche un altro effetto: quello di arricchire l’offerta politica, in particolare quella riconducibile ai soggetti politici che sostengono l’attuale governo. Ecco perché, mentre l’area di centrodestra che si oppone al Conte bis – dentro e fuori dal Parlamento – si conferma tonica (47,5%) l’area di maggioranza (M5s-PD-LeU-Renzi) ad oggi ha ridotto lo svantaggio, portandosi a solo mezzo punto di distanza (47,0%).
E tuttavia, anche se maggioranza e opposizione sembrano equivalersi in termini di sostegno popolare, trova conferma l’assenza totale di una “luna di miele” degli elettori col neonato governo. Ancora oggi l’istituto EMG vede solo un 29% di italiani che ha fiducia nel nuovo esecutivo, a fronte di un 48% di giudizi negativi, e un calo di ben 4 punti in una sola settimana nel gradimento al premier Conte (da 43% a 39%). Sono dati che confermano il paragone tra Conte I e Conte II visto la scorsa settimana sulla base dei dati di Ipsos. Tuttavia, sempre dai dati di Ipsos, troviamo un elemento interessante: l’istituto di Nando Pagnoncelli ha infatti chiesto agli elettori anche quale fosse, oggi, il loro governo preferito: quello giallo-verde o quello giallo-rosso? Il risultato è un sostanziale pareggio, con il 36% che dice di preferire l’esecutivo precedente (frutto di un’alleanza M5s-Lega) e il 32% che invece preferisce la nuova alleanza tra pentastellati e centrosinistra.
A favore dell’attuale esecutivo gioca quindi, paradossalmente, la disillusione per ciò che il sistema politico nel suo complesso ha espresso in quest’ultimo anno e mezzo: alleanze di governo “forzose” tra partiti avversari, che hanno deluso le aspettative o che partono con presupposti tutt’altro che entusiasmanti. Da questo punto di vista, sembra che la discontinuità invocata dal segretario PD Zingaretti non ci sia stata. Vedremo se la nascita di nuovi soggetti “al centro” dello spettro politico (ieri Toti, oggi Renzi, domani Calenda?) contribuirà a mutare l’atteggiamento degli italiani verso l’offerta politica.
Salvatore Borghese