Le settimane successive alle elezioni europee, lungi dall’essere teatro di uno “sblocco” della politica italiana, sembrano segnate da uno strano immobilismo. All’indomani del risultato – per certi versi, clamoroso – delle elezioni del 26 maggio, erano circolate le ipotesi più disparate: da quelle di un rimpasto nella squadra di Governo a quelle di una crisi e addirittura di elezioni anticipate. Era anche lecito aspettarsi che la Lega, forte del 34% ottenuto nelle urne, prendesse decisamente in mano l’iniziativa e rilanciasse in modo netto l’azione di governo.
Niente di tutto ciò si è verificato. Certo, a questo immobilismo sembra aver contribuito non poco il perdurare del clima da campagna elettorale anche ben oltre le Europee di fine maggio: prima con i ballottaggi delle amministrative, il 9 giugno, e poi ancora con le amministrative in Sardegna, tenutesi a tre settimane di distanza rispetto a quelle in tutte le altre Regioni. Eppure, nonostante la campagna elettorale permanente in cui il nostro Paese sembra intrappolato, i motivi per dare segni di attivismo non mancherebbero, sia per il Governo che per l’opposizione.
L’istantanea di una politica “immobilizzata” nella stessa posizione che ha assunto nel day after delle Europee ce la dà anche la Supermedia dei sondaggi di questa settimana. Che mostra sì degli scostamenti rispetto al dato elettorale del 26 maggio, ma del tutto sovrapponibili (in certi casi, fino ai decimali) a quelli visti la scorsa settimana, nonostante siano state pubblicate nel frattempo nuove rilevazioni delle intenzioni di voto.
La Lega è sempre nettamente prima ben sopra il 35%, con il PD secondo al 23,5% e il M5S appena sotto il 18%. La novità – se così si può chiamare – rispetto a 7 giorni fa riguarda quella che abbiamo individuato come la “sfida” da tenere d’occhio nel prossimo futuro, ossia quella per il quarto posto tra Forza Italia e Fratelli d’Italia: questa settimana il partito di Giorgia Meloni riduce ancora un po’ – sia pure di un solo decimale – il distacco dagli azzurri di Silvio Berlusconi (6,7% contro 7,5%).
A suo modo è interessante anche ciò che avviene dalla parte opposta dello spettro politico, con La Sinistra che guadagna leggermente (1,9%) quel tanto che basta a sopravanzare gli ecologisti (1,8%) che con la lista Europa Verde era invece stata ben davanti con un lusinghiero 2,3%.
La sfida tra FI e FDI potrebbe in effetti smuovere qualcosa quantomeno nel campo del centrodestra non governativo: secondo il sondaggio SWG i due partiti sarebbero sostanzialmente appaiati, addirittura con la Meloni leggermente in vantaggio (+0,1%). Forse è anche per questo che Silvio Berlusconi, con una mossa un po’ a sorpresa, ha nominato Giovanni Toti e Mara Carfagna nuovi coordinatori del partito.
La scelta non è casuale: il governatore della Liguria ha da tempo praticamente annunciato che guarda alla costruzione di un nuovo soggetto moderato, una sorta di rifondazione di Forza Italia che si schieri senza se e senza ma al fianco di Salvini (e della Meloni); dall’altra parte, la Carfagna si è distinta in questo inizio di legislatura come una delle voci più efficaci dell’opposizione al Governo Conte – in ciò aiutata anche dal suo ruolo di vicepresidente della Camera.
Quanto potrebbe valere un partito di Giovanni Toti, alternativo a Forza Italia? Lo ha chiesto l’istituto EMG, e i risultati – almeno per ora – non sembrano poi così “dirompenti”: lo prenderebbe in considerazione solo il 20% degli elettori di Forza Italia, e il 6% degli elettori in generale. Un po’ poco per puntare a una rifondazione dell’alleanza di centrodestra su nuove e più solide basi.
"Lei voterebbe un nuovo partito guidato da @GiovanniToti?"
— Agorà (@agorarai) 20 giugno 2019
Il sondaggio di @FabrizioMasia1 #agorarai pic.twitter.com/tNfh0y0tmk
Vero è, però, che nelle ultime settimane si registra un allontanamento, per così dire “sentimentale”, tra la stessa Lega e il Governo di cui Matteo Salvini fa parte. Ancora l’altro giorno, nel suo discorso alla Camera, i due vicepremier spiccavano per la loro assenza al fianco di Giuseppe Conte, in Aula per riferire sulle mosse dell’esecutivo in relazione alla procedura di infrazione dell’UE contro il nostro Paese. Ma è da diverso tempo che la comunicazione salviniana somiglia decisamente più a quella di un premier “in pectore” – e allo stesso tempo, paradossalmente, di un capo di opposizione – che non a quella di un ministro, per quanto importante, del governo in carica.
Questo allontanamento si riflette anche sull’atteggiamento che hanno gli elettori rispetto all’esecutivo. Come mostrano i dati di EMG disaggregati per partito votato, gli elettori tra cui si riscontra il maggior tasso di giudizi positivi verso il Governo Conte sono quelli del Movimento 5 Stelle (90%), che sembrano in qualche modo “fare quadrato” intorno al premier.
Decisamente inferiore, benché anch’esso maggioritario, il dato tra gli elettori della Lega (70%): è un dato che segnala un certo “raffreddamento” dei giudizi positivi, e che fa sì che gli elettori leghisti vengano a trovarsi a metà strada tra quelli del M5S e quelli degli altri partiti di centrodestra (Forza Italia e soprattutto FDI). Gli elettori del Partito Democratico sono invece gli unici in cui i giudizi negativi sono in netta maggioranza (83%).