Dopo il doppio, importante appuntamento con le elezioni europee e le amministrative in oltre 3.800 comuni, riprendono ad essere pubblicati i sondaggi sulle intenzioni di voto. E può riprendere – dopo un mese – anche la nostra “classica” Supermedia, che questa settimana può basarsi sulle rilevazioni di ben 6 istituti differenti.
Con una base statistica ormai solida, possiamo dire che sono stati confermati gli indizi su un “effetto bandwagon” a favore della Lega che avevamo ipotizzato la settimana scorsa sulla base delle primissime rilevazioni post-voto. Per l’istituto SWG la Lega avrebbe toccato addirittura punte superiori al 37%: anche se si trattasse di una stima esagerata, va sottolineato come nessun istituto vede il partito di Salvini sotto il 35%, e nella nostra Supermedia ciò si traduce in un dato medio del 35,7% (il più alto di sempre, quasi un punto e mezzo in più rispetto al risultato delle Europee).
Anche il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle confermano rispettivamente la seconda e la terza posizione, con un dato leggermente superiore (+0,8%) a quello ottenuto il 26 maggio. All’opposto, Forza Italia scende al 7,6% – peggior dato di sempre per il partito di Berlusconi – evidentemente come conseguenza del deludente dato delle Europee. A meno di clamorosi colpi di scena che impattino pesantemente sul consenso verso i primi 3 partiti, nelle prossime settimane la sfida da tenere d’occhio sarà proprio quella tra gli azzurri e Fratelli d’Italia, che si confermano in buona salute (6,6%) dopo l’ottimo risultato delle Europee.
I sondaggi quindi confermano sostanzialmente il quadro emerso con il voto degli italiani poche settimane orsono. Ciò è vero anche con riferimento alle diverse aree politiche. I tre partiti di centrodestra, che il 26 maggio si sono fermati complessivamente poco sotto il 50%, si confermano come l’area politica predominante, con circa la metà dei consensi. Come è emerso dalle nostre simulazioni realizzate all’indomani del voto, si tratta di un consenso in grado di restituire un risultato molto diverso da quello delle Politiche dello scorso anno, e di consegnare al centrodestra una maggioranza estremamente ampia in entrambe le Camere in caso di elezioni anticipate. L’area di centrosinistra (che comprende PD e +Europa, gli unici partiti facenti parte della coalizione 2018 tuttora rilevate dai sondaggi) vale invece poco più di un quarto dei voti, mentre il M5s è decisamente in calo rispetto a un anno fa. Ancora al momento della formazione del Governo Conte, infatti, i pentastellati godevano del consenso di oltre 3 elettori su 10.
Nonostante la rivoluzione elettorale dello scorso 26 maggio, l’esecutivo gode tuttora del sostegno della maggioranza assoluta degli elettori. La somma dei consensi virtuali a Lega e M5s, infatti, supera abbondantemente il 50%, crescendo addirittura di due punti rispetto alle Europee. Segno che il recente appuntamento elettorale è stato letto da molti italiani come una sostanziale promozione dell’operato del Governo.
Allo stesso tempo, è sempre più evidente come le preferenze di chi si oppone all’esecutivo giallo-verde vanno ben più in direzione del centrosinistra che del centrodestra. Le formazioni che in Parlamento si trovano all’opposizione da sinistra raccolgono oggi il 28,1% dei consensi, quasi il doppio di quelle che contrastano l’esecutivo da destra (FI e FDI).
Nelle ultimissime settimane, però, la compattezza della maggioranza è stata messa seriamente in discussione, e lo stesso Giuseppe Conte è stato costretto a ribadire la sua posizione richiamando le forze politiche che lo sostengono a una maggiore disciplina. Alcuni osservatori hanno cominciato a chiedersi se queste iniziative del Presidente del Consiglio possano preludere ad un suo impegno diretto nell’arena politica, e perfino ad una sua candidatura alle elezioni.
Secondo l’istituto di Antonio Noto, un partito di Conte alternativo al Movimento 5 Stelle (da cui il premier inizialmente era stato indicato) potrebbe valere il 12% dei consensi. Cifre simili a quelle del sondaggio di EMG per la trasmissione “Agorà”, da cui emerge un’ulteriore indicazione interessante: un eventuale “PDC” (partito di Conte) toglierebbe al M5s quasi un terzo dei suoi attuali consensi, mentre il contributo dagli elettori di Lega e PD sarebbe marginale e statisticamente irrilevante.
"Se Giuseppe #Conte presentasse una sua lista lo voterebbe?"
— Agorà (@agorarai) 13 giugno 2019
Il sondaggio di @FabrizioMasia1 #agorarai pic.twitter.com/1kJjBeUjyb
Questi dati ci dicono due cose: da un lato che il Presidente del Consiglio ha acquisito una certa credibilità presso gli elettori tale da consentirgli quantomeno di prendere in considerazione l’ipotesi di una sua “discesa in campo” in prima persona, come fatto a suo tempo da altri suoi predecessori a-partitici (come Lamberto Dini o Mario Monti); dall’altro, che il suo bacino potenziale si trova ad oggi prevalentemente nell’area del Movimento 5 Stelle, e un eventuale nuovo soggetto non toglierebbe quasi nulla ai principali competitor del M5s stesso (cioè Lega e PD).
Finora queste sono, ad ogni modo, soltanto ipotesi. L’attualità è fatta di questioni più pressanti, come quella che riguarda i cosiddetti “minibot”. Bocciati dal Presidente della BCE Mario Draghi e dallo stesso Ministro dell’Economia Giovanni Tria, lo strumento dei minibot continua tuttavia ad essere promosso da molti esponenti della maggioranza, sia nella Lega che nel M5s. Il giudizio dei cittadini è però, almeno fino a oggi, molto scettico: sempre secondo l’istituto EMG, solo il 17% degli italiani accetterebbe i minibot come forma di pagamento, contro il 77% che non li accetterebbe.
Persino nella Lega, partito di appartenenza di Borghi e Bagnai (principali “sponsor” politici dei minibot) ben due terzi degli elettori si mostrano diffidenti. Va però detto – come emerso dal sondaggio di Noto mostrato l’altra sera a “Cartabianca” – che un’enorme percentuale di italiani dichiara di non sapere esattamente cosa si intenda per minibot: si dichiara non abbastanza informato in materia ben il 93% degli intervistati.