Come la scorsa settimana, anche stavolta il PD è l’unico partito a crescere (e non di poco) nei consensi rilevati dalla nostra Supermedia dei sondaggi, mentre tutti gli altri partiti calano o nel migliore dei casi rimangono stabili. Prima di vedere i dati, è bene precisare subito che negli ultimi giorni ci sono stati diversi eventi di grande impatto sull’opinione pubblica, ma solo nelle prossime settimane ne potremo apprezzarne gli – eventuali – effetti sulle intenzioni di voto.
Quindi non sappiamo ancora se l’arresto del presidente del consiglio comunale di Roma Marcello De Vito, seguito dalla sua immediata espulsione dal M5S da parte di Luigi Di Maio, farà bene o male alla salute del Movimento, né se l’inchiesta sul finanziamento illecito ai partiti in cui è risultato indagato Nicola Zingaretti frenerà l’ascesa del PD. Difficile dire anche (per ora) se il definitivo salvataggio di Salvini dal processo sul caso Diciotti, il caso dei 49 migranti sbarcati a Lampedusa o i recenti casi di terrorismo (o tentato terrorismo) in Nuova Zelanda e a Milano avranno delle ripercussioni sui consensi alla Lega.
Veniamo ai dati: la Lega è ancora nettamente il primo partito, ma stavolta fa registrare una flessione di quasi un punto, scendendo al 32,3%. Rimane ampio (10 punti) il distacco sul Movimento 5 Stelle, che sembra aver rallentato la sua discesa ed essersi stabilizzato – come avevamo segnalato la scorsa settimana – sopra il 22%. Anche questa volta è notevole la crescita fatta registrare dal Partito Democratico, che guadagna ben 1,7 punti in 15 giorni e soprattutto supera la soglia “psicologica” del 20% per la prima volta da più di un anno.
In poche settimane, quindi, il PD ha ridotto il suo distacco dal Movimento 5 Stelle da oltre cinque punti a meno di un punto e mezzo. Alcuni sondaggi, come quelli dell’istituto Noto, parlano già di un pareggio, mentre il sondaggio SWG mostrato nel TG La7 di lunedì scorso ha addirittura fotografato un sorpasso dei democratici, sia pure di misura (+0,1). Ma altri istituti sono più prudenti, e indicano ancora una distanza di un paio di punti. Quello che si può già dire è che, salvo clamorose inversioni di tendenza, queste tendenze preludono ad un sorpasso nelle prossime settimane.
Tra il voto alle aree politiche è interessante notare come la crescita del PD (e di quella che fu la coalizione di centrosinistra alle Politiche 2018) avvenga apparentemente non più a scapito del M5S, ma del centrodestra. Nelle ultime due settimane, infatti, la somma di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia è calata di quasi un punto e mezzo. Come si spiega questa dinamica? Se molti hanno visto nella nuova leadership di Zingaretti un fattore capace di attrarre nuovamente verso il PD ex elettori progressisti che lo scorso anno avevano votato il M5S, è difficile immaginare un travaso simile, ma proveniente dal centrodestra.
Una possibile spiegazione è che questi spostamenti non siano dovuti tanto a dei passaggi diretti, quanto alla cosiddetta “astensione intermittente”: in altri termini, un certo numero di elettori di sinistra che in precedenza non avevano dichiarato una preferenza di voto potrebbero essere tornati a farlo nelle ultime settimane, aumentando così il numero di rispondenti su cui si calcolano i voti “virtuali”. Se così fosse, il calo del centrodestra sarebbe solo un’illusione, mentre la stabilità del M5S implicherebbe in realtà un aumento in termini di voti assoluti. E in effetti diversi istituti segnalano un calo dei non rispondenti nelle ultime settimane: un calo lieve per l’istituto Tecnè (2 punti da ottobre), più accentuato per SWG (-4,5% in un mese).
La lettura degli elettori di sinistra “scongelati” dall’elezione di Zingaretti troverebbe conferma in una rilevazione dell’istituto Noto, secondo cui su 100 elettori che oggi prenderebbero in considerazione il voto al PD (ma che non lo votarono il 4 marzo 2018), ben 56 sono ex astenuti, 21 sono ex elettori M5S e solo 8 votarono Liberi e Uguali.
Molti (anche tra i non addetti ai lavori) si chiedono a cosa sia dovuta maggiore attrattività del PD a seguito dell’elezione di Zingaretti a nuovo segretario. Una risposta viene probabilmente dal modo in cui è visto il governatore del Lazio: nell’ultimo atlante politico di Demos, l’istituto di Ilvo Diamanti, Zingaretti ottiene il 44% di giudizi positivi; un dato inferiore al 56% di Matteo Salvini, ma decisamente superiore al 23% di Matteo Renzi, a cui viene inevitabilmente ricondotta l’immagine del PD degli ultimi anni. Infine, una rilevazione dell’istituto Piepoli per il quotidiano “La Stampa” mostra come una percentuale considerevole di italiani (compresa tra il 44 e il 48%) ritenga che l’elezione di Zingaretti possa rafforzare il PD e portargli nuovi voti.