Silvio Berlusconi scende, ancora una volta, in campo. Dopo la sentenza dell’anno scorso che lo ha “riabilitato”, restituendogli il diritto a ricoprire incarichi pubblici che gli mancava dal 2013 (anno della sua decadenza da senatore per effetto della legge Severino), il fondatore di Forza Italia punta così a farsi nuovamente rieleggere: questa volta a Strasburgo, in qualità di eurodeputato. In molti si sono chiesti se la candidatura di Berlusconi riuscirà a rivitalizzare Forza Italia, in crisi di consensi e sovrastata dalla Lega salviniana, ad oggi di gran lunga il primo partito del centrodestra con oltre il 30% dei suffragi virtuali.
Ma è possibile quantificare l’ipotetico “valore aggiunto” della candidatura di Berlusconi? Quanto potrebbe aspirare a ottenere Forza Italia con il ritorno nella mischia del suo fondatore e leader indiscusso? In assenza di dati appositamente realizzati, cioè di uno o più sondaggi in cui si indagano le intenzioni di voto potenziali verso Forza Italia in due differenti scenari (con e senza Berlusconi candidato), si possono solo fare delle stime, basandosi su quelli che sono stati i dati del passato, sia pure con tutte le cautele del caso.
La crisi di Forza Italia
Prima di tutto, è bene sottolineare che la crisi di consenso di Forza Italia non è iniziata certo ieri: le fortune del partito hanno cominciato a declinare ben prima che Silvio Berlusconi decadesse da parlamentare dopo la condanna in via definitiva per corruzione. Già alle Politiche del febbraio 2013 l’allora Popolo della Libertà aveva registrato un clamoroso arretramento, quasi dimezzando i propri voti rispetto a cinque anni prima e passando dal 37,5% al 21,5. La decadenza e l’incandidabilità di Berlusconi, sopraggiunte più avanti nel corso di quello stesso anno, minarono fortemente l’appeal elettorale del partito, tornato a chiamarsi Forza Italia dopo la rottura con Alfano e la fuoriuscita dal Governo Letta.
Alle Europee 2014, le prime elezioni nazionali dal 1994 senza Silvio Berlusconi candidato, Forza Italia si fermò al 16,8% dei voti, il peggior risultato della sua storia. Negli anni successivi il centrodestra ha recuperato competitività, ma solo grazie all’esplosione della Lega di Matteo Salvini: alle Politiche 2018 Forza Italia è scesa al 14%, nonostante i voti assoluti (4,6 milioni) rimanessero pressoché invariati rispetto al 2014 a causa di una maggiore partecipazione al voto. E dopo la formazione del Governo Conte, stando ai sondaggi, i consensi sono ulteriormente calati.
Al momento della nascita del nuovo esecutivo, secondo la Supermedia YouTrend/Agi, Forza Italia era all’11,9%. Negli ultimi mesi, i consensi del partito di Berlusconi sono scesi al di sotto del 10 per cento. L’ultimissimo dato stima gli azzurri intorno a un mesto 9%.
Non possiamo sapere con certezza se il ritorno in campo di Silvio Berlusconi riuscirà a invertire la tendenza. Quello che sappiamo è che in passato il “contributo diretto” di Berlusconi alle fortune elettorali di Forza Italia non è stato indifferente. E a rivelarcelo sono proprio i dati delle precedenti consultazioni per il rinnovo dell’Europarlamento. Il Cavaliere, infatti, pur non avendo mai ricoperto il ruolo di eurodeputato, si è sempre candidato con successo alle Europee, raccogliendo milioni di preferenze in tutta Italia e risultando – formalmente – eletto in tutte le circoscrizioni.
In queste occasioni, i voti raccolti direttamente da Berlusconi hanno costituito una percentuale estremamente significativa sul totale di quelli raccolti da Forza Italia (o dal PDL). Sia nel 1994 che nel 1999 il leader azzurro ha sfiorato i tre milioni di preferenze, pari a circa un terzo dei voti complessivamente ottenuti dal partito. Nel 2004 le preferenze calarono a 2,3 milioni, ma nel 2009 vi fu una nuova risalita a 2,7 milioni (il che significò “solo” il 25% dei voti totali del PDL: ma solo perché quest’ultimo era il frutto di una fusione con Alleanza Nazionale, e dunque di un bacino di elettori di centrodestra più ampio rispetto alla singola Forza Italia).
Non possiamo sapere quanti di questi voti sarebbero mancati al partito se Berlusconi non si fosse candidato. Sappiamo però che alle Europee 2014 (quando il leader risultava incandidabile, nonostante sul logo di FI restasse in bella evidenza la parola “Berlusconi”) Forza Italia ha ottenuto, come si è visto, un risultato molto peggiore rispetto al passato. Se la possibilità di votare direttamente per Berlusconi con le preferenze dovesse rivelarsi un forte stimolo per tornare a scegliere Forza Italia da parte di chi non lo ha fatto negli ultimi anni, è lecito attendersi per FI un risultato migliore, rispetto ai sondaggi attuali, alle Europee.
Il Fattore Berlusconi
Già, ma quanto migliore? Fino a dove può “allargarsi” Forza Italia? Qual è il suo potenziale massimo? Ci sono essenzialmente due modi per rispondere a questa domanda. Il primo è guardare alla fiducia personale nei confronti di Silvio Berlusconi. Se il consenso verso un partito è dovuto in gran parte – come in questo caso – al consenso del leader, il tasso di fiducia verso Berlusconi ci suggerisce una stima di quanti sono gli italiani che potrebbero votare il suo partito: infatti, se è vero che non tutti coloro che esprimono fiducia verso Berlusconi indicherebbero automaticamente FI come prima scelta di voto, è altrettanto vero che nessuno (o quasi) voterebbe quel partito se non avesse fiducia nel suo storico presidente. Ultimamente, però, la fiducia verso Berlusconi non è certo elevata: secondo i dati rilevati negli ultimi due anni dall’istituto Ixè, il numero di italiani che hanno dichiarato di avere “molta” o “abbastanza” fiducia nel Cavaliere non ha mai superato il 25%.
A febbraio 2018, alla vigilia delle Politiche, il dato registrato da Ixè era del 22%. Il fatto che il 4 marzo Forza Italia abbia ottenuto il 14% sembrerebbe confermare l’ipotesi che gli elettori di FI costituiscono un sotto-insieme di coloro che hanno fiducia in Berlusconi. Ma quanti sono, ad oggi questi elettori? I dati Ixè disponibili si fermano a settembre, ma secondo un sondaggio dell’istituto EMG di pochi giorni fa, la fiducia verso Silvio Berlusconi è passata in un mese dal 15% (dicembre 2018) al 14% di oggi. Fatte le dovute proporzioni tra la fiducia rilevata da Ixè e il risultato delle Politiche 2018, il dato di EMG sembra perfettamente compatibile con la Forza Italia poco sotto il 10% che emerge dai sondaggi.
Elettorato potenziale
Ma c’è un altro modo di stimare l’elettorato potenziale di un partito, ed è quello di misurare la cosiddetta PTV (Propensity to vote). In pratica, si fa un sondaggio chiedendo agli elettori di indicare quanto si sentono vicini, o quanto è probabile che votino, un determinato partito (ad esempio su una scala da 1 a 10). È ciò che ha fatto, da ultimo, un’indagine del Cise condotta lo scorso dicembre. Secondo questa ricerca, il consenso elettorale effettivo di Forza Italia sarebbe di poco superiore all’8 per cento; ma il suo bacino potenziale – ossia gli elettori che indicano una PTV per Forza Italia pari o superiore a 7 su 10 – sarebbero maggiore, e pari all’11,6% degli elettori totali.
In conclusione, sembra di poter dire che per Forza Italia gli spazi continuano ad essere piuttosto ristretti. La candidatura di Silvio Berlusconi incontrerà quasi certamente – come avvenuto più volte in passato – un forte sostegno tra gli elettori (effettivi o potenziali) di Forza Italia. Ma l’analisi della fiducia verso Berlusconi e dell’elettorato potenziale del partito sembra porre l’asticella dell’obiettivo minimo di FI per le prossime Europee intorno al 10%.
Se, anche grazie a Berlusconi, Forza Italia dovesse ottenere un risultato superiore a questa soglia “psicologica” (sotto la quale staziona nei sondaggi ormai da molti mesi), gli azzurri potranno legittimamente dichiararsi soddisfatti, visto l’attuale quadro politico. Se invece Forza Italia dovesse restare sotto il 10% anche con il ritorno in campo dello storico e indiscusso leader, saremmo probabilmente di fronte ad una crisi irreversibile.
(Salvatore Borghese)