Nemmeno dopo l’apertura di un dialogo con la Commissione europea teso a trovare un accordo per modificare la legge di Bilancio (sconfessando così la linea dura inizialmente intrapresa dal Governo italiano), i consensi alla maggioranza formata da Lega e Movimento 5 Stelle conoscono una flessione significativa.
Anzi, i sondaggi ci dicono che la salute della maggioranza è molto buona, mentre non altrettanto – e questa non è una novità – può dirsi delle opposizioni. Nella nostra Supermedia di questa settimana, la Lega si conferma al primo posto tra le liste con il 31% e i due partiti di governo arrivano congiuntamente a sfiorare il 57%.
Rispetto alla scorsa settimana in realtà la Lega fa registrare una flessione (-0,8%). Ma questo non deve trarre in inganno: innanzitutto, leggermente diverso era il “paniere” degli istituti presi in considerazione. Inoltre, il dato di sette giorni fa (31,8%) costituiva già un valore record, il più alto mai registrato per il partito di Salvini; quello odierno, infine, è comunque leggermente in aumento rispetto a 2 settimane fa (che è ciò che conta, dal momento che la nostra Supermedia è calcolata sugli ultimi 15 giorni di rilevazioni).
A conferma del buono stato di salute della Lega, l’analisi in dettaglio delle tendenze ci dice che praticamente tutti gli istituti presi in considerazione mostrano un aumento rispetto alla rilevazione delle settimane (o del mese) precedenti.
Discorso diverso per il Movimento 5 Stelle, che tocca un nuovo valore minimo (25,8%) risultando in lieve flessione (o al massimo stabile) per tutti i sondaggisti. È vero che per il partito di Di Maio si tratta di un valore analogo a quello del “boom” delle Politiche del 2013, quando al suo debutto il M5S divenne la lista più votata in Italia, davanti al PD per un’incollatura. Ma si tratta anche di un calo di quasi 7 punti esatti rispetto alle Politiche 2018, e che – soprattutto – implica un gap dalla Lega che ormai supera i 5 punti.
Il Partito Democratico resta stabile poco sopra il 17%. Non c’è dubbio che gli ultimi, clamorosi sviluppi degli ultimi giorni (il ritiro di Marco Minniti dalla contesa congressuale, le polemiche e i retroscena legati all’attivismo di Matteo Renzi) abbiano avuto dei contraccolpi sull’appeal elettorale del PD. Ma per poterli quantificare correttamente sarà necessario – come non ci stanchiamo mai di ricordare – attendere almeno un paio di settimane.
In quella sede potremo anche fare il punto sugli orientamenti degli elettori democratici in vista del congresso (e delle primarie): scade infatti il 12 dicembre il termine per la presentazione delle firme a supporto delle candidature alla segreteria, e non è affatto scontato che tutti coloro che hanno annunciato di candidarsi riescano a completare questo adempimento.
I dati riaggregati per coalizioni (prendendo a riferimento quelle del 4 marzo) mostrano un andamento inequivocabile: una crescita continua del centrodestra, che dal 37% delle Politiche è passato al 40% al momento della formazione del Governo Conte, per poi sfiorare il 43% un mese fa e ritrovarsi, oggi, sopra il 44%. A questa crescita si è accompagnata una diminuzione pressoché speculare per il Movimento 5 Stelle, mentre il campo del centrosinistra (costituito essenzialmente dal PD e da liste minori, prima tra tutti Più Europa) si mantiene leggermente sotto il 20%.
La maggioranza continua quindi a godere, nonostante le fibrillazioni delle ultime settimane, di un buon tasso di consenso da parte degli elettori. Lo conferma, tra le altre cose, anche un sondaggio dell’istituto Demopolis realizzato la settimana scorsa, secondo cui il 56% degli italiani ha un’opinione positiva del Governo Conte, contro un 35% che invece lo boccia.
Lo stesso sondaggio, però, rileva anche – ancora una volta – come sia la manovra economica il tallone d’Achille della maggioranza giallo-verde in questa fase. Solo un terzo degli elettori è convinto che la legge di Bilancio vada bene così come concepita dal Governo. La maggioranza assoluta (51%) pensa che vada cambiata in qualche modo per tutelare la stabilità finanziaria del Paese, mentre un ulteriore 16% ritiene che vada addirittura riscritta da capo.
Già, ma a chi spetta una simile decisione? Non al premier Giuseppe Conte, e nemmeno al Ministro dell’Economia Giovanni Tria. Per gli italiani, a contare maggiormente nel Governo è il Ministro dell’Interno e leader della Lega, Matteo Salvini: la pensa così il 66% degli italiani, secondo il più recente sondaggio dell’istituto EMG. Due settimane fa, lo stesso istituto mostrava che a pensarla così era “solo” il 63% degli intervistati: siamo dunque in presenza di un trend in aumento.