Il voto in Baviera ha tutto sommato confermato le previsioni degli osservatori e dei sondaggi più recenti, restituendo un’immagine di grande fermento del Land e anche del resto del Paese: è probabile che ancora una volta ciò che succede nel ricco sud della Germania anticipi dinamiche e tendenze più generali.
Ma andiamo con ordine e soffermiamoci sugli aspetti più rilevanti di queste elezioni.
1) Un voto molto partecipato
Già intorno alle 10, a due ore dall’apertura dei seggi, a Monaco di Baviera aveva votato il 35% degli aventi diritto, il 2% in più rispetto al 2013 – e dati analoghi si sono registrati un po’ in tutto il Land. A mezzogiorno il dato generale aveva già superato il 40%, e alle 18 – ora di chiusura dei seggi – è arrivato il dato finale: 71,8%.
Siamo lontani dall’affluenza record dell’82,4% del 1954, o anche solo dal 78,2% delle elezioni federali di un anno fa, ma si tratta comunque di un dato molto superiore al 63,6% della tornata precedente (nel 2013).
Facile intuire il motivo: si trattava di elezioni cruciali non solo per il destino del Land, ma anche di uno dei partiti della Grosse Koalition che governa a Berlino, la CSU del Ministro degli Interni Horst Seehofer che si è spesso scontrato con Angela Merkel nei mesi scorsi. La tensione sempre più alta, che questa estate ha toccato vette decisamente pericolose per la tenuta del governo, ha evidentemente funzionato da catalizzatore dell’attenzione dei bavaresi, e ha caricato queste elezioni di un peso e di un’importanza del tutto particolari.
2) Vincitori e sconfitti
Gli sconfitti di questa domenica sono soprattutto due, e sono proprio i due partiti con cui Merkel governa a Berlino: CSU e SPD.
La CSU va forse un po’ meglio rispetto a quanto gli ultimi sondaggi lasciavano prevedere, ma si assesta comunque su un 37,4% che rappresenta il peggior risultato dal 27,4% del 1950: è forse esagerato sostenere che “la vecchia CSU è morta” [LINK: ], ma certo il partito non gode di buona salute. Il candidato (e governatore uscente) Markus Söder guiderà la nuova maggioranza, naturalmente, ma non potrà più governare da solo: siamo oltre 10 punti sotto il 47,7% del 2013 che garantì un monocolore CSU a Monaco di Baviera.
Secondo molti, anche all’interno del partito, per comprendere il motivo di questo tracollo bisogna guardare a Berlino: non solo ad Angela Merkel, con cui i rapporti da tempo sono tutt’altro che idilliaci, ma anche – forse soprattutto – ad Horst Seehofer, leader del partito bavarese. Seehofer ha sempre duramente criticato la Merkel per la sua politica di apertura nei confronti dei rifugiati, identificata come la causa principale dell’emorragia di voti che ha visto molti tedeschi abbandonare l’Union (l’alleanza strutturale di CSU e CDU) e preferire Alternative für Deutschland, il partito di estrema destra; non sorprendentemente, dunque, il Ministro degli Interni si è sempre più “spostato a destra” proponendo misure molto rigide sull’immigrazione, convinto in questo modo di drenare l’emorragia di voti. Quando alcuni sondaggi hanno iniziato a mostrare l’inefficacia di questa strategia – e il continuo calo della CSU – Söder ha invertito la rotta, rivolgendo pesanti attacchi ad AfD e denunciandola come un vero e proprio pericolo per la tenuta democratica del Paese. Ma, come si usa dire in questi casi: troppo poco, troppo tardi.
La SPD, invece, è stata virtualmente spazzata via, con un risultato (9,3%) che rappresenta il dato peggiore addirittura dal 1893. Anche in questo caso per le responsabilità si guarda a Berlino: la leader del partito Andrea Nahles, ha individuato nel rendimento – finora negativo – della Grosse Koalition la causa principale di un’autentica débâcle.
Inevitabile che le conseguenze si ripercuotano anche nel governo di Angela Merkel: ad ora Horst Seehofer esclude le dimissioni e la SPD non intende smarcarsi, ma ancora per quanto?
Anche per Alternative für Deutschland il trend delle ultime settimane sembra confermato. Certi di entrare nel Parlamento regionale, i populisti di destra si aspettavano però qualcosa di più – come alcuni esponenti locali hanno ammesso esplicitamente, tra le dichiarazioni di giubilo dei leader nazionali. Addirittura quarta forza, se i dati finali rispecchieranno le proiezioni, AfD potrebbe aver iniziato in Baviera se non la sua parabola discendente quantomeno la sua fase di assestamento.
Come due sono gli sconfitti, due sono chiaramente i vincitori: Freie Wähler e Grünen.
I Freie Wähler, realtà locale molto affine alla CSU ma più vicina alle comunità agricole e al territorio, non solo si impongono come terzo partito, ma hanno già una porta spalancata verso il governo: Söder ha infatti dichiarato i “liberi elettori” come la sua prima scelta di partner di coalizione, invitandoli ad una “alleanza civica” che rappresenta a suo dire la principale priorità del Land post-voto.
Ma la vera storia è quella dei Verdi (Grünen), il partito ecologista che con oltre il 17% dei voti ottiene un vero e proprio trionfo. Un trionfo le cui ragioni sono probabilmente nascoste nei flussi elettorali.
3) Flussi elettorali e classi di voto
Questo è il grafico dei flussi di voto dei Grünen secondo l’istituto Infratest dimap:
I Verdi pescano dagli astenuti (“Nichtwähler”), ma soprattutto dai due grandi sconfitti: 180.000 voti dalla CSU, addirittura più di 200.000 dalla SPD. L’impressione è che una fetta rilevante del sostegno ai Verdi sia figlio della delusione per i partiti maggiori: una delusione che però non si è riversata, come ci si sarebbe aspettato, verso i populisti di AfD, ma verso quella che è ormai, a tutti gli effetti, la vera forza “di centro” – politico e sociale – del panorama tedesco.
Anche secondo altri parametri il voto ai Verdi risulta particolarmente trasversale e “centrato”: se guardiamo all’età anagrafica, ad esempio, il partito ecologista è sì tendenzialmente più votato tra i giovani, ma ottiene buoni risultati anche in altre classi di età (solo tra gli over 60 scivola al terzo posto, dietro CSU e SPD, secondo i dati FG Wahlen)
4) Quale alleato per la CSU?
La palla ora è nelle mani di Markus Söder, atteso dal non facile compito di costruire una maggioranza di governo in uno scenario post-elettorale per lui tutt’altro che ideale.
La CSU dispone infatti di 84 seggi, ma per governare ne servono 17 in più.
Come detto, i Freie Wähler sarebbero i partner ideali per Söder: con un totale di 108 seggi, 7 in più della soglia di maggioranza, si potrebbe governare tranquilli – anche grazie alle profonde affinità certamente esistenti fra i due partiti.
Ancora più “confortevole” potrebbe essere un’alleanza con i Grünen, che con i loro 38 seggi garantirebbero una maggioranza numericamente più solida, ma politicamente più eterogenea: e forse è proprio questo che Söder vorrà evitare, dover contrattare e negoziare con una forza tradizionalmente piuttosto lontana dalla CSU – nonché con ambizioni nazionali, a differenza dei FW.
Eppure, gli elettori non sembrano guardare con sfavore a questa eventualità: secondo un sondaggio l’accordo con i Freie Wähler rimane il preferito dal 61% degli elettori, ma un’alleanza con i Verdi riceverebbe comunque un buon apprezzamento (59%).
Non sarebbe comunque una soluzione inedita: alleanze nero-verdi (CDU + Verdi) governano già altri due Länder del sud della Germania, il Baden-Württemberg – dove i Verdi esprimono addirittura il Ministerpräsident, il capo del governo locale – e l’Assia, dove tra l’altro si vota fra due settimane.
Vedremo chi sarà chiamato al tavolo delle trattative, e come si svolgeranno le negoziazioni. Certo è che in Baviera, oggi, è iniziata una nuova era.
(A cura di Edoardo Toniolatti)