La grande quantità di sondaggi pubblicata con l’arrivo di settembre ha dipinto un quadro chiaro e stabile, pur con dei trend riconoscibili. Ora che anche gli ultimi residui delle vicende che hanno segnato il dibattito estivo (i migranti, la tragedia di Genova) sono praticamente scomparsi, la scena sta per essere monopolizzata dalle discussioni sulla legge di bilancio, che dovrà essere definita nelle prossime settimane. Quelle che vediamo oggi quindi sono le posizioni ai “blocchi di partenza” di una fase che si preannuncia come il primo, serio ostacolo sulla strada del governo giallo-verde.
Tutti i sondaggi sono ormai concordi nel situare la Lega al primo posto, sopra il 30% dei consensi (31,6%) e con un trend in leggera crescita – con l’unica eccezione di SWG, che fa segnare un lieve calo nell’ultima settimana. Il Movimento 5 Stelle è secondo, non troppo staccato, con il 28,6%. Lo “shock” del sorpasso subìto in estate non sembra aver danneggiato l’appeal del M5S, che si mantiene decisamente stabile.
Chi invece è pesantemente in crisi è il Partito Democratico, che fa segnare per la terza settimana consecutiva il suo record negativo, scendendo sotto il 17%. Di certo non hanno giovato le polemiche sulla cena (poi annullata) che doveva mettere intorno a un tavolo Calenda, Gentiloni, Renzi e Minniti per concordare una strategia comune in vista del congresso.
Il PD fa ancora troppa fatica a parlare con una sola voce e si sta stremando nell’attesa di un congresso che dovrebbe tenersi solo a inizio 2019. Non sorprende quindi che nell’ultima settimana un sondaggio di Noto per la trasmissione “Cartabianca” abbia registrato un dato per il PD pari al 15%, il punto più basso mai toccato nella sua storia, ormai decennale.
Come si nota dal grafico, questa settimana abbiamo incluso tra le liste anche il dato di “Potere al popolo!”. La lista di sinistra radicale, che alle elezioni del 4 marzo ottenne un dato certo non entusiasmante (1,1%) comincia ad essere rilevata a parte da un certo numero di istituti, al di fuori della categoria residuale degli “altri” (normalmente dedicata a quei partiti che non raggiungono valori statisticamente significativi). Per la seconda settimana consecutiva, SWG ha stimato PaP al 2,6%, sopra la ben più “strutturata” LeU – l’altra lista che si rivolge agli elettori che si posizionano più a sinistra del PD.
Il “blocco” progressista nel suo complesso tocca un nuovo minimo storico: ad oggi la coalizione guidata dal PD il 4 marzo varrebbe meno del 19%. Ma con l’arrivo della sessione di bilancio le cose potrebbero cambiare, perché i partiti di governo potrebbero scontrarsi con questioni che ne intacchino il consenso.
Di recente, ad esempio, ha fatto molto discutere la proposta – fortemente sostenuta dal M5S – di reintrodurre l’obbligo di chiusura domenicale per gli esercizi commerciali, liberalizzato completamente nel 2012 dal Governo Monti. Secondo i sondaggi di Euromedia e Piepoli, si tratta di una proposta che trova contrari almeno 4 italiani su 10, e che avendo una ricaduta tangibile sulle abitudini dei cittadini (o perlomeno quelli che per scelta o per necessità fanno la spesa nei weekend) potrebbe avere conseguenze anche sul consenso verso il Governo.
I punti più delicati riguardano però i provvedimenti in materia economica. Come ha chiarito più volte il ministro dell’Economia Tria, lo spazio di manovra è molto ridotto, se non si vuole sforare il deficit. È chiaro quindi che non solo sarà impossibile implementare da subito tutte le promesse principali, ma che sarà arduo anche solo intervenire – sia pure marginalmente – sulle tre misure di maggior impatto previste dal “Contratto di governo” siglato da Lega e M5S: superamento della riforma delle pensioni (Fornero), flat tax (o meglio riduzione delle tasse) e reddito di cittadinanza.
L’istituto Euromedia ha chiesto agli italiani quale fosse, tra le tre, quella più importante e urgente: e non sorprende che, in uno dei paesi più anziani del mondo, sia proprio la riforma delle pensioni ad essere messa al primo posto (31,8%).
Ma più interessanti del dato nazionale sono quelli disaggregati per zona geografica: se la riforma delle pensioni da questo punto di vista è “omogenea”, il reddito di cittadinanza è di gran lunga la misura più attesa nel Mezzogiorno (33,5%), mentre al Nord, in modo esattamente speculare, si dà molta più importanza alla riforma fiscale (30,8% contro 13,9%). Dal momento che il reddito di cittadinanza è stata la principale proposta di politica economica del Movimento 5 Stelle fin dalla campagna elettorale, non sorprende che proprio al Sud (dove il M5S ha sfiorato il 50% alle elezioni del 4 marzo) siano maggiori le attese verso questo tipo di strumento.