La prima analisi della nostra Supermedia dopo la pausa estiva ci aveva lasciato con un interrogativo: i dati analizzati erano affidabili? I numeri segnalavano un’effettiva tendenza oppure la quantità di sondaggi pubblicati era ancora troppo ridotta per poter fare delle considerazioni sensate? Ebbene, la settimana appena trascorsa si è incaricata di smentire queste cautele. Negli ultimi 7 giorni quasi tutti gli istituti di sondaggio hanno provveduto a pubblicare i loro dati, sicché la nostra Supermedia può tornare a basarsi su un campione sufficientemente robusto (ben 7 rilevazioni nelle ultime settimane). E le tendenze che erano state ipotizzate sono state decisamente confermate.
Su tutte, quella che vede la Lega come primo partito. Si tratta di un elemento riscontrato in maniera pressoché unanime dai vari sondaggisti, con l’unica, parziale eccezione dell’istituto Piepoli, secondo cui ci sarebbe una situazione di parità (al 30%) con il Movimento 5 Stelle. Tutti le altre case vedono in testa il partito di Salvini con uno scarto di entità variabile, che arriva fino al 4,2% registrato da SWG. Nella nostra Supermedia, tutto ciò si traduce in un vantaggio della Lega inferiore a quello rilevato la settimana scorsa, ma comunque piuttosto netto. È il risultato di un trend che ha visto il partito di Salvini guadagnare quasi 2 punti dall’inizio di agosto – laddove, per contro, il M5S ne ha perso circa uno.
Per la seconda settimana consecutiva, il Partito Democratico fa segnare il suo record negativo: il 17% è infatti il peggior dato mai rilevato dalla nostra Supermedia. Rispetto a metà giugno, quando il partito di Renzi e Gentiloni (e Martina) aveva dato timidi segnali di ripresa, il PD ha perso circa due punti, seguendo una traiettoria lenta ma costante verso il basso. La cattiva notizia per i democratici è che questo calo non si è accompagnato ad una crescita dei soggetti “periferici”: +Europa e le altre liste minori del centrosinistra messe insieme non vanno oltre un timido 2,8%, vale a dire che quella che il 4 marzo era la coalizione di centrosinistra oggi vale meno del 20% (per la precisione il 19,7%). Anche in questo caso, si tratta di un record negativo. Anche l’altra lista potenzialmente parte di un fronte progressista, ossia Liberi e Uguali, fa registrare il suo peggior dato di sempre: questa settimana la lista che fu guidata dall’ex presidente del Senato Pietro Grasso fa segnare uno sconfortante 2,4%.
Gli elettori di sinistra stanno dunque scomparendo? Dove sono finiti i voti di coloro che il 4 marzo per oltre un quarto scelsero una lista o una coalizione progressista? In parte certamente tra le file di coloro che oggi si dichiarano indecisi oppure che si sono spostati sul Movimento 5 Stelle, convinti che quest’ultimo possa rappresentare il più efficace contrappeso “di sinistra” alla Lega di Salvini. Ma altri potrebbero essere stati attratti da un’alternativa ancora più “radicale”: come la lista di Potere al Popolo!, che pur non essendo rilevata dalla nostra Supermedia (poiché solo pochi istituti di sondaggio la citano nei loro risultati) sembra dare qualche segno di vitalità. Se alle elezioni del 4 marzo la lista anticapitalista aveva raccolto poco più dell’1% dei voti, oggi alcuni sondaggi la vedono in netta ripresa: ad esempio SWG, che nella sua ultima rilevazione stima PaP al 2,5% davanti a partiti ben più “attrezzati” – almeno mediaticamente – come LeU e +Europa.
Un ultimo cenno, in relazione alle liste, va fatto per Forza Italia. Il partito di Berlusconi ha lanciato segnali di riavvicinamento alla Lega, votando all’Europarlamento contro la “mozione di censura” nei confronti dell’Ungheria di Orbán (mozione che è stata comunque approvata. Ma nei sondaggi FI continua a restare sotto il 10%, lontana persino da quel 14% ottenuto alle elezioni politiche e che resta il peggior risultato elettorale mai registrato dal partito berlusconiano.
Secondo le rilevazioni di Euromedia e Piepoli, una quota di elettori forzisti compresa tra il 41 e il 63 per cento (dunque all’incirca la metà) vede con favore la creazione di un partito unico di centrodestra composto da Lega, FI e Fratelli d’Italia. Solo che, con i rapporti di forza attuali, una simile operazione si tradurrebbe sostanzialmente in una fagocitazione dei due alleati (?) da parte di Salvini. Sempre ammesso che tale operazione non si riveli superflua, visto il continuo travaso di elettori (ed eletti, in particolare sul piano locale) provenienti dai vari partiti di centrodestra verso la Lega.
E proprio i numeri di Euromedia e Piepoli ci tornano utili anche per capire come mai la Lega continui a crescere ormai da mesi, frantumando record di settimana in settimana. Il segreto risiede, ancora una volta, nel tema dei migranti. Secondo i dati dei due istituti, la percentuale di italiani che approva le politiche del governo in materia di immigrazione oscilla tra il 61 e il 69%; e coloro che nei confronti degli sbarchi preferiscono la linea dei respingimenti a quella dell’accoglienza va dal 55 al 64%.
Sono dati altissimi, e che certificano ancora una volta come la linea dura verso i migranti (“incarnata” dal ministro degli Interni e leader indiscusso della Lega, Matteo Salvini) trovi un consenso ampio e trasversale nel nostro Paese. Finché questo tema sarà all’ordine del giorno nell’agenda pubblica, è inevitabile che la Lega ne tragga beneficio in termini di consenso. Le cose, naturalmente, potrebbero cambiare nel prossimo futuro: già iniziano a trapelare delle tensioni in materia di legge di bilancio, dove la scarsità delle risorse finanziarie costringerà il governo a fare delle scelte, privilegiando alcune misure a scapito di altre. E lì si aprirà tutta un’altra partita.