Da quando la Lega di Matteo Salvini ha agganciato il Movimento 5 Stelle al vertice della classifica delle intenzioni di voto degli italiani – ormai più di un mese fa – sembrava di dover assistere, da un momento all’altro, ad uno storico sorpasso. Storico perché avrebbe fatto del movimento che fu di Umberto Bossi il primo partito italiano per la prima volta dalla sua nascita (sia pure solo nei sondaggi). Eppure, nonostante alcuni istituti demoscopici abbiano “certificato” tale sorpasso già da qualche settimana, nella nostra Supermedia questo non si è ancora verificato. E non perché si sia interrotto (men che meno invertito) il trend crescente che va avanti ormai dalle elezioni del 4 marzo: anzi, questa settimana la Lega fa segnare un nuovo record, salendo per la prima volta oltre il 29%. Il ritmo della crescita ha rallentato, ma questo è perfettamente fisiologico. Il vero motivo per cui il sorpasso non si è concretizzato è un altro: cioè che il Movimento 5 Stelle ha invertito la rotta, smettendo di calare e anzi tornando a crescere. Come mai?
Al di là delle fredde percentuali, infatti, deve esserci una ragione “politica” per questa inversione di rotta. E la risposta, come spesso capita, sembra venire dai temi che hanno dominato l’agenda mediatica. Il tema “forte” per eccellenza di Salvini (e quindi della Lega), ossia quello dell’immigrazione, continua ad essere molto presente nel dibattito pubblico. Ma ad esso, nelle ultime settimane, se ne sono affiancati almeno altri due, altrettanto forti – se non di più. Stiamo parlando del tema dei cosiddetti “vitalizi” e della loro “abolizione” (le virgolette sono d’obbligo, trattandosi di fatto di una riforma del sistema di calcolo delle pensioni degli ex deputati), e soprattutto del Decreto Dignità, emanato dal Governo e ora all’esame della Camera dei Deputati che dovrà convertirlo in legge.
La rimonta di Di Maio sui social
Che si tratti di temi dal forte impatto sugli elettori (o quantomeno sui rispettivi elettorati di riferimento) lo dimostrerebbero alcuni dati. Nel suo “Social Monitor” su YouTrend, Andrea Altinier ha mostrato come nella prima metà del mese di luglio l’attività sui social network di Salvini sia risultata complessivamente più intensa di quella di Di Maio; ma anche che quest’ultimo è stato l’autore dei contenuti che raggiunto di gran lunga il maggior numero di persone: ossia quelli in cui Di Maio annunciava il traguardo della riforma dei “vitalizi” con una foto e un video su Facebook. Contenuti che hanno fatto registrare oltre un milione e mezzo di visualizzazioni, e che toccano un tema che gli italiani – in modo pressoché unanime e soprattutto trasversale, come si evince dai dati pubblicati nel volume “Una nuova Italia” – considerano rilevante, e cioè la riduzione dei “costi della politica”. Anche alcuni contenuti di Salvini hanno ottenuto numeri impressionanti (oltre 850 mila per il video del suo bagno nella piscina confiscata alla mafia in Toscana), ma siamo comunque molto lontani dall’engagement suscitato dalla campagna #byebyevitalizi attivata dal M5S nello stesso periodo. Il secondo indizio viene da un’indagine condotta da SWG sulla percezione del lavoro in Italia.
L’indagine mostra alcuni dati interessanti, sotto diversi punti di vista. Per cominciare, quasi metà degli intervistati dichiara di ritenere “fondamentale” riuscire a ottenere un contratto a tempo indeterminato. Se a questi si sommano coloro che lo ritengono comunque “importante” si arriva all’88%.
Da questo dato emerge una forte domanda di stabilità lavorativa, esattamente quella alla quale (a prescindere dai dubbi sull’efficacia della soluzione prospettata) si propone di rispondere il Governo con il Decreto Dignità, che interviene sulle norme riguardanti sia i contratti a tempo determinato che indeterminato.
Voglia di posto fisso, possibilmente statale
Da notare come tra gli elettori del M5S coloro che danno grande importanza al tempo indeterminato siano ancora superiori alla media. Un’altra domanda del sondaggio chiedeva quale fosse il tipo di lavoro che preferirebbero: al primo posto (citato dal 28% degli intervistati) troviamo il “dipendente pubblico”. Non è solo il dato in sé ad essere significativo – a conferma dell’esistenza di una domanda di stabilità lavorativa – quanto il fatto che, a detta di SWG, il dato è in crescita di 13 punti rispetto ad ottobre 2016. La ricerca di un lavoro stabile sarebbe di gran lunga preferibile rispetto alla possibilità di mettersi in gioco in prima persona: la pensa così il 67% degli intervistati, un dato anche qui in aumento (del 6%) e che soprattutto raggiunge tra i più giovani picchi anche superiori all’80%. Insomma, con i primi provvedimenti di cui si è fatto promotore (tanto sul piano parlamentare come per i “vitalizi”, quanto su quello governativo come con il Decreto Dignità) il Movimento 5 Stelle sembra essere “uscito dall’angolo” in cui era stato messo dal protagonismo politico-mediatico di Salvini. E, a giudicare dai sondaggi, si tratta di una strategia che per ora sta dando i suoi frutti.