La direzione del Partito Democratico di giovedì pomeriggio ha messo definitivamente la parola fine agli scenari (di per sé già poco realistici) di una alleanza tra democratici e Movimento 5 Stelle per formare un governo.
Dopo la rottura delle trattative tra Luigi Di Maio e un Matteo Salvini reso ancor più sicuro di sé dalle recenti vittorie del centrodestra in Molise e Friuli Venezia Giulia, il leader del M5S aveva infatti aperto alla possibilità di aprire un confronto con gli avversari storici del PD.
Apertura seccamente rispedita al mittente dall’ex segretario dem Matteo Renzi, che ha bruscamente stoppato sul nascere le pur timide tentazioni “aperturista” annunciata dal segretario reggente Maurizio Martina.
Il nuovo giro di consultazioni
Prima ancora che lo certificasse la direzione democratica, era stato lo stesso Presidente della Repubblica a prendere atto, con una nota diffusa in mattinata, dell’assenza di prospettive concrete per la formazione di un governo, annunciando un nuovo giro di consultazioni da tenersi nella giornata di lunedì.
Presto per dire cosa verrà fuori da questo nuovo giro di colloqui al Quirinale. Quel ch’è certo è che la fotografia della situazione scattata dai sondaggi comincia a mostrare dei piccoli, quasi impercettibili, segni di cedimento per Di Maio e il suo partito, logorato da quasi due mesi di trattative senza un esito positivo.
Lega in ascesa continua
Mentre, sempre secondo i sondaggi, non si ferma la graduale ma continua ascesa della Lega di Salvini. Tanto più che il leader leghista può approfittare, in queste settimane e in quelle immediatamente prossime, dell’effetto “bandwagon” (di cui abbiamo parlato spesso) derivante dalla doppia vittoria del centrodestra alle Regionali in Molise lo scorso 22 aprile e soprattutto in Friuli Venezia Giulia una settimana dopo.
I dati: nonostante resti ancora saldamente al primo posto, il M5S cala leggermente rispetto alle scorse settimane, quando sembrava proiettato oltre il 34% e oggi è “solo” al 33,6%. Cresce ancora invece la Lega, che con il 22,4% oggi farebbe segnare un saldo positivo rispetto alle elezioni del 4 marzo di ben 4 punti percentuali. Ancora stabili PD e Forza Italia, nonostante un momento non facile (soprattutto i primi) dovuto a divisioni interne o alla presenza di un alleato fin troppo ingombrante.
Il dato delle coalizioni ci mostra un centrodestra ormai non molto lontano dalla soglia del 40%. Se il trend continuasse così ancora per un po’, non sarebbe solo il M5S ad avere voglia di tornare ad elezioni il prima possibile, come annunciato da Di Maio pochi giorni fa ma anche e soprattutto il centrodestra a guida salviniana.
E gli italiani? Come abbiamo visto, le loro preferenze su cosa sia meglio fare mostrano di evolversi a seconda dello scenario politico generale. Non può dunque sorprendere che questa settimana la nostra “Supermedia degli scenari” mostri una tendenza in linea con il clima politico che si è determinato nell’ultimo periodo: con una maggior propensione verso la prospettiva di nuove elezioni (magari dettata anche da un senso di frustrazione per il tempo trascorso senza che si sia trovato un accordo per un nuovo governo) e un calo di uguale entità nella percentuale di favorevoli a un’alleanza di governo tra M5S e Lega. Tutte le altre ipotesi sul campo, dal governo tecnico alla “vasta alleanza” tra tutto il centrodestra e uno tra PD e M5S, continuano a riscuotere minori consensi.
Cosa dovremmo aspettarci se si tornasse a breve? Di certo non potremmo dare per scontata la visione di Di Maio per cui una nuova tornata elettorale sarebbe tutto sommato assimilabile a un ballottaggio tra M5S e centrodestra: troppi elementi ci dicono che gli elettori di centrosinistra si sentono troppo lontani da entrambi per comportarsi come in un secondo turno, votando per qualcuno diverso dal PD (o dai suoi alleati minori).
Quali conclusioni?
Ma una cosa si può dire: in base alla distribuzione territoriale del voto emersa nei collegi uninominali alle scorse Politiche, secondo un nostro studio di prossima pubblicazione, non basterebbe raggiungere il 40% dei voti per avere la maggioranza: il Movimento 5 Stelle dovrebbe raggiungere almeno il 41% per arrivare almeno alla metà dei seggi, mentre il centrodestra dovrebbe arrampicarsi addirittura attorno al 42% sul piano complessivo nazionale per sperare di “scardinare” il vantaggio del M5S nei collegi del Sud e raggiungere così una maggioranza autosufficiente.