La prima Supermedia “vera” di questo 2019 restituisce un quadro interessante. Se la settimana scorsa infatti ci eravamo potuti basare solo sulle indicazioni di tre singoli sondaggi, negli ultimi 7 giorni quasi tutti gli istituti demoscopici hanno pubblicato le loro stime aggiornate, consentendoci di fare un paragone con la situazione vigente a fine 2018. La Supermedia di questa settimana, perciò, si basa su un paniere di ben 8 sondaggi, proveniente da altrettanti istituti.
Maggior disponibilità di dati vuol dire minor incertezza, e minore incertezza vuol dire stime più “robuste” per tutti i partiti principali. Ecco perché il dato di quasi tutte le liste (sopra il 2%) risulta stabile o in crescita, con le dovute differenze.
La situazione è in realtà piuttosto stabilizzata, con la Lega al primo posto con il 31,6%, il Movimento 5 Stelle al 25,9% e il PD al 17,6%, seguiti da Forza Italia (9%), Fratelli d’Italia (4,2%) e Più Europa (2,7%). L’area a sinistra del PD (ex Liberi e Uguali) vale il 2,8%, mentre Potere al Popolo esattamente il 2%.
Ci sono, come sempre, dei segnali “anomali” che non emergono dal dato aggregato, perché vengono “diluiti”, ma pur sempre degni di nota. Così, se la settimana scorsa abbiamo evidenziato come il M5S fosse in calo rispetto alle rilevazioni precedenti dei tre istituti considerati, questa settimana dobbiamo segnalare un calo della Lega di quasi 3 punti (-2,7% rispetto a un mese fa) rilevato dall’istituto Euromedia Research.
Secondo altri sondaggi, però, il partito di Salvini rimane sopra la soglia del 32%, per cui il suo valore aggregato non ne risente più di tanto. È senz’altro significativo, però, il dato del Partito Democratico, cresciuto di quasi un punto (+0,9%) rispetto a dicembre e che fa registrare un trend stabile o in crescita praticamente per tutti gli istituti.
Il dato del PD si riflette in positivo su tutta l’area progressista: il centrosinistra “parlamentare” (centrosinistra più ex LeU) ad oggi vale quasi il 24% dei voti. È ancora al di sotto dei voti effettivamente raccolti il 4 marzo, ma è comunque un dato in ripresa per la più consistente delle aree di opposizione. Eppure, il dato della maggioranza Lega-M5S rimane ancora estremamente alto, sopra il 57%. Le difficoltà delle ultime settimane non sembrano – per ora – aver intaccato il consenso verso i partiti di governo in misura sensibile.
A questo proposito, sarà interessante vedere se vi saranno conseguenze rilevabili sull’opinione pubblica dopo il “caso Battisti”. La cattura dell’ex membro delle BR, da anni latitante in Sudamerica, è di gran lunga più rilevante (se non altro quello a cui i media hanno dato più spazio) nell’ultima settimana, ed è probabile che abbia avuto un impatto piuttosto forte sull’immaginario collettivo.
Più che sulla cattura in sé – su cui è difficile registrare giudizi divergenti tra gli elettori – ha fatto molto discutere lo “show mediatico” con cui il Governo (e in particolare i ministri dell’Interno e della Giustizia, Salvini e Bonafede) ha accompagnato il rientro di Battisti in Italia dalla Bolivia e il suo trasferimento nel carcere di Oristano. Proprio su questo l’istituto EMG di Fabrizio Masia ha registrato una forte spaccatura, con una prevalenza di giudizi negativi: ben il 51% ritiene che vi sia stata una spettacolarizzazione eccessiva.
"Come valuta la presenza dei ministri #Salvini e #Bonafede all'arrivo di #CesareBattisti in Italia?"
— Agorà (@agorarai) 17 gennaio 2019
Il sondaggio di @FabrizioMasia1 #agorarai pic.twitter.com/ugipniLMYf
Il dato interessante di questo sondaggio è che all’incirca anche un elettore su tre di Lega e M5s esprime un certo scetticismo verso l’operazione. Non è detto, quindi, che dal punto di vista comunicativo il Governo abbia gestito questa vicenda nel migliore dei modi.
La vicenda Battisti però non crea tensioni nella maggioranza. A questo ci pensa, come e più di altre questioni, la realizzazione della TAV Torino-Lione. Nelle ultime settimane in cui il tema è tornato al centro dell’attenzione, con manifestazioni di piazza (a Torino) sia dei favorevoli che dei contrari all’opera. Il bilancio, stando ai sondaggi, sembra sorridere ai primi. Secondo varie rilevazioni (Piepoli, Euromedia, EMG) gli italiani pro-TAV sarebbero infatti più numerosi dei no-TAV, e non di poco: dal 65 al 72 per cento a seconda dell’istituto. Alessandra Ghisleri (Euromedia) ha sottolineato come il dato sia sensibilmente in aumento rispetto a novembre, quando secondo il suo istituto i pro-TAV erano il 58%.
Il referendum sulla Tav
A questo proposito, nel Movimento 5 Stelle si è parlato della possibilità di istituire un referendum per dare l’ultima parola ai cittadini. Ebbene, secondo i sondaggi mostrati da Nicola Piepoli e dalla stessa Ghisleri a “Porta a porta”, oltre il 70% degli italiani sarebbe favorevole a tenere un referendum consultivo su questa delicata materia; quasi la metà del campione, peraltro (42-46%) vorrebbe che il referendum avesse portata nazionale, mentre solo 1 intervistato su 10 ritiene che la consultazione debba tenersi nel solo Piemonte, la regione più direttamente interessata dai lavori.
Per quanto “esplosiva”, però, la polemica sulla TAV rischia di essere eclissata nelle prossime settimane da altre due questioni, anche queste potenzialmente delicate per la tenuta della maggioranza. Si tratta dei provvedimenti (in procinto di essere presentati in appositi decreti dal Governo) su reddito di cittadinanza e quota 100. Secondo quanto emerso nelle numerose anticipazioni diffuse fino a questo momento, entrambi i provvedimenti potrebbero rivelarsi notevolmente “depotenziati” rispetto alle previsioni più ottimistiche, per cercare di rientrare nelle risorse stanziate dal Governo nella Legge di Bilancio 2019.
Il reddito di cittadinanza
Ma questo sembra non piacere agli elettori: in particolare, il reddito di cittadinanza per come presentato dall’esecutivo rischia di deludere molte aspettative, se è vero – come emerge dai sondaggi, realizzati ancora una volta da Euromedia, EMG e Piepoli – che solo una percentuale compresa tra il 25 e il 29 per cento esprime un giudizio positivo o comunque soddisfatto. Va un po’ meglio al provvedimento su quota 100, che sarebbe promosso, secondo EMG, dal 53% degli elettori (e soprattutto dal 71% degli elettori della Lega e dal 70% di quelli del M5S).
Nonostante la popolarità di questa misura, solo una parte dei cittadini che potrebbero averne diritto pensa di fare richiesta. Le indagini dell’istituto Piepoli e di Euromedia rivelano come solo il 27% di chi ha maturato i requisiti per quota 100 è intenzionato ad usufruirne. E questa potrebbe rivelarsi – per i conti dello Stato e per il Governo – una buona notizia.
In chiusura, vediamo come sta andando la competizione per la leadership del Partito Democratico. È infatti iniziata la prima fase congressuale, quella che vede gli iscritti del PD votare per i candidati alla segreteria. In questa corsa, al momento sarebbe in testa il governatore del Lazio Nicola Zingaretti.
Con oltre 8000 voti raccolti da YouTrend sulla base delle comunicazioni giunte da 349 circoli, ad oggi la situazione vede Zingaretti al 45,1%, esattamente dieci punti avanti a Maurizio Martina (35,2%). In terza posizione il deputato Roberto Giachetti (13,9%), più staccati Francesco Boccia (4,0%) e gli outsider Maria Saladino (0,9%) e Dario Corallo (0,8%).
Congresso PD - Secondo aggiornamento (8500 voti, dati parziali):
— YouTrend (@you_trend) 17 gennaio 2019
• Zingaretti: 45,1%,
• Martina: 35,2%
• Giachetti: 14%
• Boccia: 4,1%
• Saladino: 0,9%
• Corallo: 0,8%
L'analisi completa e la mappa del voto: https://t.co/mcfgQ0yBuw #openPData #congressoPD pic.twitter.com/1LOxDpqM5h
Si tratta di dati ovviamente ufficiosi e provvisori, poiché le votazioni nei circoli andranno avanti ancora fino al prossimo 23 gennaio. Al momento la maggior parte dei voti raccolti provengono da circoli del Centro-Nord, in particolare da Emilia-Romagna, Toscana, Lombardia e Veneto. Gli equilibri potrebbero però cambiare con l'arrivo di un maggior numero di dati dalle regioni meridionali.
Secondo lo statuto del PD, passeranno alla seconda fase (primarie aperte, fissate per il prossimo 3 marzo) solo i 3 candidati più votati, purché abbiano conseguito almeno il 5% dei voti – o, in alternativa, tutti i candidati con più del 15%. Se questi dati venissero confermati fino alla fine, quindi, a sfidarsi alle primarie sarebbero Zingaretti, Martina e Giachetti.