Era nell’aria da diverso tempo e questa settimana il sorpasso si è materializzato. Secondo la nostra Supermedia, il Partito Democratico è tornato ad essere il primo partito nelle intenzioni di voto, superando il Movimento 5 Stelle.
Crescita iniziata prima delle primarie
La crescita del PD era iniziata già con l’avvicinarsi delle primarie del 30 aprile, quelle che hanno riportato il partito (e soprattutto Matteo Renzi, vincitore con il 70% di quella consultazione) al centro della scena politica. Nonostante il – tanto – spazio mediatico riservato a casi non proprio edificanti per i democratici o per il loro leader (come le anticipazioni del libro di De Bortoli relative alla vicenda di Banca Etruria, o gli sviluppi del caso Consip con le intercettazione tra Renzi e suo padre), la crescita rispetto al dato di un mese fa è netta: ben due punti e mezzo, sufficienti a passare dal 26,7% al 29,2%, poco sotto quella soglia “psicologica” del 30% che per tanto tempo (prima del 4 dicembre e della successiva scissione dei bersaniani) era stata la cifra di cui i sondaggi accreditavano il PD.
Ma i 5 Stelle non sono in crisi
E il Movimento 5 Stelle? Nonostante abbia perso (seppur di poco: soltanto mezzo punto percentuale) la prima posizione nella nostra Supermedia, il partito di Beppe Grillo non è affatto in crisi di consensi, anzi: si mantiene su una soglia di tutto rispetto – il 28,7% – che vuol dire un calo di meno di un punto in un mese. Bisogna anzi segnalare che secondo alcuni istituti (come EMG) il Movimento è in realtà in ripresa e da un paio di settimane sta tornando a crescere, parallelamente al “rimbalzo” verso il basso del PD. Insomma, oggi i grillini sono in seconda posizione, ma lo scenario potrebbe cambiare nuovamente tra una o due settimane.
Centrodestra immobile
Nel centrodestra assistiamo invece ad un immobilismo che ha quasi dell’incredibile. Le variazioni di questa settimana, rispetto a un mese fa, sono minime, e addirittura nulle per i due principali partiti dell’area (Forza Italia e Lega Nord, che restano su valori identici al decimale). Solo Fratelli d’Italia fa registrare un lieve calo, passando dal 4,7% al 4,4%, ma possiamo dire con ragionevole certezza che si tratta di un’oscillazione fisiologica, che riscontriamo da diverso tempo, e non di un trend negativo vero e proprio. Nel complesso, il centrodestra sembra estremamente statico in questo periodo, quasi impermeabile agli sviluppi dell’attualità. Come se ciascuno dei tre partiti si fosse attestato sul suo zoccolo duro, in attesa di mobilitarsi sul serio in campagna elettorale. Da questo punto di vista, è troppo presto per dire se il neonato Movimento Animalista co-fondato da Berlusconi può avere successo. La sensazione è che la nascita questo nuovo soggetto politico rientri in una più ampia strategia di recupero di consensi da parte dell’ex premier, sempre in attesa della sentenza della Corte di Strasburgo che potrebbe renderlo nuovamente eleggibile nonostante la condanna definitiva e gli effetti della legge Severino.
In difficoltà i 'partitini'
I partiti minori sembrano più in difficoltà, e forse sono proprio loro ad essere i soggetti maggiormente colpiti dal recupero di consenso del PD: a cominciare dagli “scissionisti” di MDP, che perdono in un mese un punto percentuale tondo, passando dal 4,1 al 3,1 per cento. Ma anche Alternativa Popolare non riesce a rialzare la testa, nonostante gli sforzi del ministro Alfano di ottenere visibilità: lle polemiche e gli strascichi legali nei confronti della trasmissione satirica “Gazebo” potrebbero far parte di questo tentativo, ma ad oggi sembrano non aver sortito effetti.
I dati di questa settimana sono particolarmente interessanti anche per un altro motivo. Il dibattito sulla legge elettorale va avanti, e nell’ultima settimana si è arricchito di un nuovo elemento: la proposta, proveniente da Silvio Berlusconi, di trovare rapidamente un accordo su un sistema elettorale di tipo tedesco (proporzionale con soglia di sbarramento al 5%) e di andare al voto anticipato in autunno. Si dice che in queste ore Renzi stia decidendo se accettare questo scambio o proseguire sulla strada del “rosatellum” (misto 50% maggioritario e 50% proporzionale). Quali sarebbero le prospettive se Renzi accettasse il “Nazareno bis”, come alcuni hanno già definito questo patto? La seconda parte della nostra infografica è una risposta proprio a questo interrogativo. Se le cose dovessero restare come i sondaggi le fotografano oggi, ad entrare in Parlamento sarebbero solo 4 partiti: PD, M5S, Lega Nord e Forza Italia. Nessuno di essi potrebbe governare da solo, e nemmeno un accordo tra democratici e forzisti potrebbe garantire una maggioranza solida. Anzi, se FDI riuscisse ad arrivare al 5% nemmeno l’alleanza tra questi due partiti storicamente avversari non basterebbe. E un eventuale ingresso in Parlamento anche della sinistra (magari attraverso un accordo elettorale tra MDP e Sinistra Italiana) renderebbe solo il quadro più frammentato, con ben poche possibilità di formare un governo con una maggioranza con un minimo di coesione ideologica e programmatica. Sarà decisiva la direzione del PD di martedì prossimo, che avrà il suo tema principale proprio nella riforma elettorale.