Qualche giorno fa abbiamo dato conto di un sondaggio che segnalava un calo nella poplarità di Macron. Abbiamo detto che serviva prudenza, perché il dato poteva essere presto smentito da altri dati, magari proprio in conseguenza dell’attivismo del presidente francese su temi (la Libia, i cantieri navali di Saint Nazaire) che l’avevano messo in cattiva luce qui in Italia. Ora però i dati – negativi – sono stati confermati da altre due rilevazioni curate da due diversi istituti di ricerca demoscopica. Al primo sondaggio dell’istituto IFOP si sono aggiunti quelli di Elabe e della divisione francese della britannica YouGov. Anche secondo questi due istituti il consenso di Macron è in netta discesa. Al punto che si potrebbe legittimamente sospettare che il già citato iperattivismo in chiave “nazionalistica” sia stato, se non dettato, quantomeno incoraggiato dal calo dei consensi. È molto probabile, infatti, che Macron sia venuto a conoscenza di questo calo già da tempo, attraverso i sondaggi riservati che certamente avrà commissionato.
Appena eletti e già così impopolari
Da un lato dell’Atlantico all’altro: anche il presidente americano Donald Trump ha degli evidenti problemi di popolarità. Per certi versi, la sua situazione e quella di Macron non sono comparabili: Trump è in carica da più tempo (gennaio) e ha già collezionato un numero impressionante – e impensabile, alla vigilia della sua presidenza – di “difficoltà” nel gestire i primi mesi di governo, dall’impossibilità di varare provvedimenti di peso efficaci a quella di trovare una quadra nel suo stesso staff alla Casa Bianca.
Nonostante queste differenze, sia Trump che Macron sono due presidenti direttamente eletti dai loro cittadini e chiamati a governare per affrontare direttamente i problemi. Entrambi sono stati, prima delle elezioni – com’è logico che fosse – delle figure di parte, polarizzanti (in Italia diremmo “divisive”). Ma questa connotazione era destinata a venir meno fin dai primi istanti della loro vittoria elettorale, dai successivi discorsi (quelli di resa delle loro avversarie e quelli da loro stessi pronunciati al momento dell’insediamento) tutti improntati a ritrovare l’unità nazionale dopo le divisioni elettorali. Proprio da quel momento sarebbe dovuta partire quella che gli studiosi chiamano “luna di miele”, ossia un periodo iniziale in cui la nazione si unisce dietro al nuovo leader, se non altro in attesa di vedere le sue prime mosse. Ecco, i numeri usciti in questo periodo (tanto per Macron quanto per Trump), dicono che questa “luna di miele” non c’è mai stata, o comunque è già finita. I due presidenti sono diversi per molti aspetti, politici e non. Ma in questa dinamica di diminuzione del consenso sono accomunati, anche quando si va a scomporre il dato per analizzarlo meglio.
I guai di Macron...
Cominciamo da Macron. Prendendo in considerazione tutti e tre i sondaggi menzionati, il presidente francese risulta ancora estremamente popolare tra chi ha votato lui (o il suo partito) alle ultime elezioni: tra questi elettori i giudizi favorevoli sono “solo” l’81% per YouGov, mentre si aggirano sul 95% per Elabe e IFOP. Macron gode della fiducia di una buona fetta di ex elettori socialisti e repubblicani, mentre tra quelli degli altri partiti e candidati (soprattutto chi aveva votato Le Pen o Mélénchon) prevale nettamente la sfiducia nel nuovo presidente. Quindi, i giudizi positivi restano alti tra chi Macron lo ha già votato, ma stanno calando tra tutti gli altri: le prime mosse del presidente lo stanno connotando politicamente, con ciò deludendo inevitabilmente chi non si riconosce nella sua linea.
...e quelli di Trump
Una polarizzazione che è presente anche nei giudizi su Trump. Il “fiduciometro” del sito Fivethirtyeight parla di un tasso di approvazione sceso oggi sotto il 37%, mentre quelli gli insoddisfatti sono ormai saliti sopra il 57%. La situazione di Trump è particolarmente delicata per due motivi: il primo, è che le particolari condizioni politiche di cui gode il neo-presidente (Camera e Senato saldamente repubblicani) sarebbero state l’ideale per approvare in fretta provvedimenti – anche simbolici – in grado di cementare da subito un certo consenso tra gli americani, cosa finora non avvenuta; secondo, a differenza di tutti i suoi predecessori, Trump non ha mai goduto di una “luna di miele”, non superando mai il 50% neanche nei suoi primissimi giorni dall’insediamento. Molti altri presidenti hanno visto i loro consensi scendere anche sotto al 30% (senza tornare indietro a Nixon, basti pensare a George W. Bush), ma si trattava in quel caso di un calo dovuto a stanchezza e delusione dopo anni di amministrazione. Qui siamo in presenza di una “fuga” a pochi mesi dall’insediamento, qualcosa di assolutamente inedito.
Un problema di polarizzazione
Cos’altro accomuna Trump a Macron? Anche il neo-presidente statunitense sembra godere ancora di un certo appeal tra i suoi elettori: secondo l’indagine dell’università Quinnipiac, il 76% degli elettori repubblicano esprimono ancora giudizi positivi. Si tratta anche qui di un calo (a giugno erano l’84%) ma denotano una fiducia ancora alta tra gli elettori del neo-presidente. A ciò si aggiunga, come riporta invece un sondaggio della CNN, che Trump sembra avere ancora la fiducia del 35% degli elettori “indipendenti”, mentre il suo tasso di approvazione sarebbe bassissimo, quasi nullo (il 5%) tra gli elettori democratici. Anche nel caso di Trump, quindi, al calo generale dei consensi si è accompagnata una loro “polarizzazione”: man mano che passa il tempo, gli elettori meno vicini ideologicamente al nuovo presidente gli negano la fiducia, che resta invece alta tra chi lo aveva votato. La sfida per entrambi i presidenti sarà duplice: conservare un “nocciolo duro” di consensi almeno tra i propri sostenitori; e tentare di rappresentare, allo stesso tempo, anche le istanze dei cittadini che non li avevano votati, e quindi l’intera nazione e non solo una sua parte.