Non sappiamo ancora se gli orribili fatti di Macerata sono destinati a produrre uno scossone nelle intenzioni di voto, come qualcuno teme (o magari spera). Quello che possiamo dire è che finora non solo non c’è traccia di scossoni, ma nemmeno di timidi segnali di una qualche novità nelle tendenze.
I trend di questa settimana della nostra Supermedia (che tiene conto delle ultime rilevazioni effettuate da ben 7 istituti negli ultimi 15 giorni) segnalano infatti una stasi che per la terza settimana consecutiva non mostra evoluzioni di sorta ci induce a ritenere che i mutamenti nella geografia del consenso destinati a prodursi nella prima parte di campagna elettorale si sono quasi completamente esauriti.
Leggi anche: "Vietare il corteo avrebbe significato aumentare il riscio di incidenti"
Come nelle ultime settimane, il Movimento 5 Stelle è il primo partito con poco meno del 28%, il Partito Democratico è in seconda posizione (poco) sopra il 23%, l’area di centrodestra è di gran lunga la prima coalizione con oltre il 36% (9 punti sulle altre due) e Liberi e Uguali si mantiene ancora sopra la soglia del 6%.
Tutto già scritto, quindi? Possibile che la campagna elettorale non abbia più niente da dire, che il consenso ai partiti si distribuirà esattamente nello stesso modo oggi come il 4 marzo? Tutt’altro, in verità. E non solo perché – come ogni elezione ci dimostra – c’è sempre una quota importante di elettori che decide cosa votare nelle ultimissime settimane. Ma soprattutto perché, come abbiamo più volte raccontato, con il nuovo sistema elettorale conteranno molto le campagne territoriali nei singoli collegi uninominali, che eleggeranno oltre un terzo dei futuri deputati e senatori.
(A proposito: se volete scoprire qual è il vostro collegio e chi sono i vostri candidati provate il nostro TrovaCollegio)
Come si tradurrebbero le attuali intenzioni di voto in seggi alla Camera e al Senato? Non molto diversamente da come abbiamo visto la scorsa settimana: sostanzialmente, non ci sarebbe una maggioranza né alla Camera…
…né al Senato:
Che lo scenario sia “bloccato” non deriva solo dal fatto che nessuna delle tre coalizioni raggiunge la maggioranza assoluta (anche se il centrodestra ci arriva non troppo distante), ma anche dal fatto che una eventuale scomposizione delle coalizioni per formare un governo di “larghe intese” (con il coinvolgimento di PD, Forza Italia e centristi vari) non raggiungerebbe comunque la maggioranza assoluta dei seggi.
Eppure, per dare un governo al Paese un qualche tipo di accordo dopo il voto sarà necessario: l’alternativa è quello di un ritorno alle urne, forse già entro la fine dell’anno. Ed è verosimile che i neo-eletti faranno di tutto per scongiurare un simile scenario.
Ecco perché in questa campagna elettorale si assiste a strategie di attacchi “incrociati”: per colpire gli avversari più diretti, certo – com’è ovvio in qualsiasi campagna elettorale; per screditare gli avversari ideologicamente più prossimi per “rubare loro” elettori – come si conviene in presenza di un sistema sostanzialmente proporzionale; ma anche con un occhio alla probabile instabilità post-voto, e alla necessità di non inimicarsi troppo quelli che oggi sono avversari e che domani potrebbero essere alleati di governo.
Questo quadro risulta confermato dall’analisi delle “uscite” sui social network dei leader dei principali partiti, curata da Andrea Altinier e Francesco Cianfanelli su YouTrend
Da questa analisi, emerge non solo che esistono leader più orientati alla propria “promozione” (di sé, del proprio programma, dei propri candidati) e altri molto più orientati alle uscite polemiche verso gli avversari. Ma emergono soprattutto gli schemi di “attacchi incrociati” ispirati dai criteri che abbiamo menzionato. Ad esempio, non sorprende vedere che tra i bersagli principali di Renzi ci siano la Lega o il Movimento 5 Stelle: ma è significativo che le polemiche dirette a Forza Italia siano invece praticamente inesistenti.
Allo stesso tempo, registriamo che Berlusconi attacca molto più il M5S invece dello stesso PD, e che Salvini e Bonino sono i più “aggressivi” e ne hanno un po’ per tutti – persino per i loro alleati, in qualche caso. Il più “mite” sembra invece essere Grasso, che pure non risparmia qualche stoccata al PD nell’ottica di una strategia di erosione di consensi “da sinistra” al partito di Matteo Renzi. Quanto queste strategie si riveleranno efficaci, per citare una famosa canzone (in questi giorni di Festival) “lo scopriremo solo vivendo”…