Con 26 milioni di voti Recep Tayyip Erdoğan si è riconfermato Presidente della Repubblica Turca al primo turno, saldamente in sella a un’istituzione trasformata profondamente in questo mandato per effetto dell’entrata in vigore dei cambiamenti approvati nel Referendum dell’anno passato e grazie ai quali, Erdoğan, Primo Ministro per 11 anni, Presidente della Repubblica da 4, potrà anche candidarsi per un terzo mandato nel 2023, rimanendo al potere per più di un ventennio.
I cambiamenti costituzionali
Secondo i cambiamenti costituzionali che entreranno in vigore, il Presidente della Repubblica potrà nominare direttamente ministri e sottosegretari, verrà abolita di fatto la figura del Primo Ministro. In questo nuovo sistema istituzionale il principio di divisione dei poteri viene meno, in quanto il Presidente della Repubblica avrà la possibilità di intervenire nel potere giudiziario, ingerenza senza precedenti nei sistemi presidenziali occidentali. L’altro grande potere nelle mani del Presidente Erdoğan sarà la possibilità di dichiarare lo stato di emergenza, grazie al quale, negli ultimi due anni una grande epurazione politica che ha sbaragliato gli oppositori è stata fatta non solo in ambito politico, ma anche culturale (giornalisti, docenti universitari, insegnanti, ecc...).
Nonostante l’oggettivo deficit democratico turco, con il 52,55% dei consensi il Presidente Erdoğan supera di 22 punti percentuali il suo inseguitore, Muharrem Ince (30,67%) del Partito Repubblicano (CHP). Dietro di lui un uomo simbolo dello stato di emergenza democratica in cui si trova la Repubblica Turca: Selahattin Demirtaş (8,36%), il candidato del partito democratico curdo HDP, che ha condotto la campagna elettorale da una cella accusato di aver offeso il Presidente Erdoğan e di aver fiancheggiato i terroristi del PKK. A seguire l’unica candidata donna alle presidenziali, Meral Akşener del Buon Partito (YIY) con 7,33%, mentre gli altri due candidati, Karamollaoğlu e e Periçek non hanno raggiunto l’1% . Tutti i candidati con percentuali significative avrebbero appoggiato Ince al ballottaggio, che non ci sarà nonostante l’accesa campagna elettorale e l’intesa tornata elettorale.
Un voto molto sentito che ha visto alcuni elettori fare fino a 25 Km a piedi per raggiungere i seggi elettorali spostati lontano dai villaggi curdi del distretto di Van a est della Turchia dove fotografi locali hanno ritratto gruppi familiari con gli abiti della festa e i bimbi per mano incamminati su strade sterrate verso i seggi. Durante lo svolgimento della campagna elettorale si segnalano efferati fatti di sangue a Suruç, nel distretto di Urfa al confine siriano, dove anche ieri si sono evidenziati violenti tentativi di frode elettorale: un gruppo di persone armate si sono presentate al seggio elettorale pretendendo di cambiare le schede con dei sacchi di schede già votate per l’AKP di Erdoğan.
Volontari di tutti i partiti in tutto il paese hanno presidiato i seggi elettorali che sono stati chiusi alle 17 (16 ora italiana), ma che hanno continuato le operazioni di spoglio fino a tarda notte quando già i caroselli di auto inneggiavano alla vittoria del Presidente Erdoğan e arrivavano le congratulazioni dei capi di stato, primo di tutti il Presidente dell’Azerbaigian.
Rispetto al passato è stata l’elezione più difficile da seguire, data la condizione di monopolio di fatto dei media turchi. Dalle televisioni veniva ripresa solo Anadolu Agency, la fonte governativa vicina al Presidente che celebrava la vittoria di Erdoğan già prima che fosse terminata una percentuale significativa delle operazioni di scrutinio, mentre il sito dell’YSK, l’istituzione che presiede al voto, era irraggiungibile. Dall’estero risultava filtrato da Turk Telecom, forse per scongiurare attacchi informatici, ma era inaccessibile anche dalla Turchia e ha continuato ad esserlo anche la mattina successiva al voto quando già tutti i media riportavano i risultati. Molti siti di giornali non reggevano il peso del traffico e si sono potuti leggere solo in mattinata, quando è stata certa la distribuzione dei seggi parlamentari..
Il nuovo Parlamento
Il nuovo Parlamento è composto da tre gruppi parlamentari: l’AKP di Erdoğan, che può contare su una solida maggioranza di 342 parlamentari, l’Alleanza Nazionale con 193 parlamentari (formata da CHP di Ince, IYI Parti di Akşener e qualche parlamentare dell’islamico Saadet Partisi che ha preso un risicato 1,35%) e l’HDP, il partito democratico curdo, che ha superato lo sbarramento del 10%, aggiudicandosi un 11,63%, che equivale a 63 deputati. La mappa del voto rimane pressoché invariata con le zone costiere mediterranee che votano il partito kemalista repubblicano (CHP), le zone a est e a sud-est che votano per il partito democratico curdo (HDP) e la gran parte della Turchia continentale che vota per l’AKP di Erdoğan. Molto interessante la tenuta del partito alleato di Erdoğan, i nazionalisti di destra di MHP (11,13%) che si erano scissi dando origine a IYI Parti (10,01%), dato che alle scorse elezioni avevano totalizzato un 16% dei consensi. Forse questo risultato si può spiegare con il voto giovanile e con una perdita di consensi di CHP a favore del Buon Partito.
Per il tradizionale discorso dal balcone, i fedelissimi di Erdoğan hanno dovuto attendere le 3 del mattino, quando il Presidente è rientrato ad Ankara dopo aver seguito le elezioni da Istanbul, mentre Ince ha dato appuntamento ai suoi alle 12 del giorno dopo. Ha detto che, nonostante i brogli, accetta il risultato elettorale, dato che i brogli non avrebbero potuto riguardare milioni di voti. Poi ha confermato il suo impegno di politico, dicendo che rimarrà in politica finché in Turchia non ci sarà l’eguaglianza. Potrebbe diventare il prossimo Segretario di CHP, il secondo partito del paese, sostituendosi alla guida meno carismatica di Kemal Kılıçdaroğlu, sicuramente ha dato speranza a un partito che ha perso parecchi punti percentuali nelle elezioni nell’ultimo decennio, quando si attestava attorno al 30%. Dato che i partiti in Turchia funzionano sui personalismi dei segretari, chissà che non potrà lavorare a un cambiamento? Certo, con l’entrata in vigore della nuova Costituzione bisognerà vedere quali margini avrà l’opposizione parlamentare.