Sarebbe bello se la finanziaria della famiglia Agnelli investisse in startup italiane. Ma ho qualche dubbio che possa succedere.
Qualche giorno fa è circolata una notizia che dai titoli letti in rete non mi sembrava nuovissima. Tutti recitavano più o meno così: Exor investirà 100 milioni in startup. Il veicolo di investimento si chiamerà Exor Seed e in filigrana in diversi commenti traspariva la possibilità, o sarebbe meglio dire la speranza, che un po’ di quegli investimenti arrivino a startup italiane - considerato che a queste latitudini gli investimenti gravitano da anni intorno a quota cento milioni (cosa tra l'altro piuttosto normale).
Spero di sbagliarmi, ma credo che quella speranza sia destinata ad essere disattesa. Nonostante l'annuncio sia stato fatto a Torino e alla presenza di qualche rappresentante delle istituzioni italiane.
La notizia non mi sembrava del tutto nuova perché un anno fa sul Financial Times John Elkann, 42 anni, aveva anticipato la nascita di un veicolo di investimento. Questo sì da indirizzare alle aziende italiane, ma non startup. I soldi di quel veicolo sarebbero serviti, e servono, a comprare “quote di minoranza in aziende dall’alto potenziale di crescita sui mercati esteri, fondate da italiani, con prodotti che siano riconoscibili come eccellenze del made in Italy”. Ora, nulla lascia intendere che queste non possano essere anche delle startup digitali, ma il focus del veicolo di investimento è piuttosto chiaro: aziende dell’eccellenza italiana, meglio se con un brand forte nel made in Italy. Quel brand di cui l’altro Elkann, Lapo, si dice fiero alfiere nel mondo.
Anche allora quando si riprese la notizia del Financial Times, ricordo, si commentò con la stessa speranza di operazioni in startup italiane, magari del lusso. 15 mesi dopo però non risulta che sia successo.
Tornando al fondo degli Elkann in startup, leggiamo sul Wall Street Journal che questo veicolo ha già investito in 11 startup, 2 milioni il taglio medio dell’investimento, tutte americane, e con focus piuttosto variegato: salute, privacy, molto fintech, insurtech, automotive. Alcune di queste vengono da programmi di accelerazione piuttosto famosi come il celebre Y-Combinator. Quindi più che l'annuncio della nascita di un nuovo fondo, si tratta di un fondo già nato e operativo da qualche tempo.
A vedere gli investitori dietro queste società (basta farsi un giro sulla pagina portfolio di Exor Seeds per vedere che si tratta di investitori americani, come Rabbit Capital, Y-Combinator, BluePointe Ventures), e la sede delle società (Usa, California, Baia di San Francisco) risulta piuttosto chiara la natura del veicolo.
Per il resto, basta un'istantanea: Exor è una società di investimento internazionale, nel 2016 ha lasciato l’Italia per trasferirsi ad Amsterdam, è quotata a Milano ed ha una capitalizzazione di 15,6 miliardi.
Investire in startup serve a differenziare il portafogli investimenti, non è beneficenza. Servono buoni investimenti, in società che sappiano crescere all’estero. Come i buoni vecchi brand forti del made in Italy: moda, lusso e cibo buono. Startup? Magari in futuro.