Tutti sognano di vivere almeno cinque minuti da pallone d’oro. Anche se ti chiami Armando Izzo e hai una dignitosissima carriera da difensore tuttofare in Serie A. Di certo, però, il nuovo giocatore del Torino non si sarebbe mai aspettato un’accoglienza di quel tipo. E per di più da quelli che sarebbero diventati i suoi tifosi rivali. Arrivato a Caselle, Izzo è stato fermato per scattare selfie, ha ricevuto diverse pacche sulle spalle e qualche grido di benvenuto. È bastata una frase, uno scambio di persona, e l’euforia che aleggia intorno alla Mole in questi giorni è scoppiata prorompente lungo le corsie dell’aeroporto. Coinvolgendo anche il difensore napoletano. “È arrivato Cristiano Ronaldo”. No, non era vero ma poco importava. A guardarli bene, i due calciatori non si somigliano proprio. Ma ormai il contagio ha convolto tutti. Sono pochissimi quelli che ancora pensano sia una bufala. In città non si aspetta altro che leggere un comunicato ufficiale che tramuti il sogno in realtà. E che spinga tutti, per davvero, a invadere l’aeroporto per accogliere quella stella che si pensava essere distante anni luce dall’Italia.
A photo of Cristiano Ronaldo 'at Turin airport' is doing the rounds (Record), BUT THAT MAN HAS A TATTOO ON HIS NECK and is actually Armando Izzo. pic.twitter.com/louGNoGYEz
— Sport Witness (@Sport_Witness) 5 luglio 2018
Verso Madrid e ritorno
La notizia di oggi, in effetti, riguarda sempre un aereo. Ma la destinazione era un’altra. Madrid, il Bernabeu, l’ufficio di Florentino Perez, presidente del Real. Un aereo privato che ospitava gli uomini di mercato della Juve, Marotta e Paratici. Un telefonino, quello di un altro presidente, Andrea Agnelli, che aspettava di illuminarsi mentre il suo possessore parlava di chissà quali accorgimenti tattici con Max Allegri. Un altro di quelli che aspetta con ansia di sapere se il campione arriverà e se lui, proprio lui, lo dovrà allenare. Un viaggio silenzioso, con un grande obiettivo. Portare in Italia il giocatore più forte del mondo. Un’operazione complicata, onerosa, piena di dubbi. L’occasione unica per far tornare il nostro calcio al centro di tutto.
Un lavoro iniziato dai tifosi
Mase oggi la Juve ha una minima possibilità di ingaggiare Ronaldo il merito è tutto dei suoi tifosi. Quelle persone che, con la maglia e la sciarpa bianconera ben stretta al collo, durante l’andata dei quarti dell’ultima Champions League, hanno deciso di alzarsi e applaudire l’avversario. Cristiano aveva appena segnato uno dei gol più belli degli ultimi anni, forse della Storia della manifestazione. Quella rovesciata, simbolo perfetto d’equilibrio ed eleganza, aveva prima ammutolito e poi, una volta passato lo stupore, unito chi ama il calcio. Difficile, anche per i tifosi più irriducibili, fischiare, urlare o insultare. Quello scroscio rumoroso di mani colpì così tanto il mondo del pallone che, a distanza di giorni, se ne continuò a parlare. Anche grazie a un video di ringraziamento che Ronaldo girò e postò sui suoi canali social. Emozionato, colpito. Sincero, per davvero: “La Juve mi è sempre piaciuta fin da bambino” disse, profetico, allora. In molti oggi sono convinti che è proprio quell’emozione ad aver fatto scattare qualcosa nel cervello dell’attaccante portoghese. Un gesto di stima, di resa consapevole di fronte alla bellezza di un gesto tecnico incredibile, di omaggio vero da parte di un popolo che ora lo aspetta. Un gol, altrettanto prezioso, segnato con le mani sugli spalti da migliaia di persone. Difficile da annullare.
Alzarsi in piedi e applaudire un rivale, un avversario, un nemico, non è scontato. Quella standing ovation che l’Allianz Stadium tributò all’avversario rappresenta oggi una risposta vera all’odio, agli insulti e alle cieche accuse che popolano la nostra società. Fuori e dentro gli stadi, fuori e dentro i social, fuori e dentro gli uffici, fuori e dentro la politica. Quell’applauso, così carico di sincera accettazione di ciò che era appena successo, potrebbe valere oggi un premio di enorme valore. Non sappiamo se Cristiano Ronaldo arriverà alla Juve. Ma quel giorno vivemmo tutti una grande pagina di civiltà: l’esempio più concreto da cui ognuno di noi, nel suo piccolo, dovrebbe ripartire. Insomma, la ricompensa, così inaspettata, potrebbe arrivare quando meno ce l’aspettiamo. L’importante, però, è saperla riconoscere, senza farsi ingannare dall’euforia.