Doveva succedere, prima o poi, ed è successo. Ma la prima modella musulmana che sfoggia velo e burkini nella famosa edizione in costume da bagno di Sports Illustrated ci regala un sorriso amaro. Halima Aden è bellissima e, giustamente, la più famosa rivista di sport rivendica la storicità di questo numero. Che andrà a ruba. Ma, esattamente come nel giorno della Festa della Liberazione della donna e in quello di San Valentino, ci viene in mente l’espressione “una tantum”, l’eccezione che conferma la regola, il tentativo sporadico di cancellare una consuetudine negativa. Perché, negli altri 364 giorni dell’anno, la condizione della donna nella nostra società è estremamente difficile, spesso tragica, più spesso proprio in molte aree musulmane. E il diritto di vestirsi secondo i canoni della propria religione e cultura sono contrastati, contestati e spesso negati in quasi tutti i paesi occidentali.
Oggi, quindi godiamoci questa meravigliosa posa di libertà che ci viene offerta dalla modella somalo-statunitense, nata in Kenya al campo rifugiati di Kakuma. Dov’è cresciuta fino ai 7 anni prima di trasferirsi negli Stati Uniti, e di veder cambiata la sua vita, fino a questa passerella a Watamu Beach, vista dall’obiettivo del fotografo Yu Tsai.
“Sono cresciuta nell’american dream, tornare in Kenya, diventare l’oggetto del servizio di una rivista importante come SI, in uno dei posti più belli di questo paese, è una storia che davvero nessuno sceneggiatore avrebbe immaginato”, ha commentato Halima. Che, a 19 anni, aveva già fatto epoca mostrandosi col hijab sulla passerella dell’elezione di Miss Minnesota, dov’era arrivata alle semifinali.
Del resto, lo show business non conosce frontiere nella continua ricerca di nuovi spazi, e il mercato musulmano è uno dei più agognati e delicati. Per cui la 21enne Halima si presta come testimone ideale, oltre che come fonte di ispirazione per tutte le donne come lei. Grazie anche al passaporto di ambasciatrice Unicef, alla tendenza a essere da sempre una pioniera. Dopo essere stata reginetta della scuola, e poi prima senatrice musulmana, al college. Aiutata dalla sua bellezza.
Le vendite della rivista, l’8 maggio ne guadagneranno sicuramente. Speriamo che serva davvero anche da apripista nella lunga e difficile guerra della autentica parità di diritti uomo-donna nella civiltà musulmana. Ma anche nel nostro mondo occidentale. Ed Halima non si riduca ad una nuova Barbie per le bambine – la “burkina babe”, come si autodefinisce lei - e ad una bambola per i sogni nascosti dei maschi del suo mondo. Speriamo che i colori del suo velo siano quelli dell’ideale arcobaleno dopo il grigio, la pioggia, la tempesta. Con quel sorriso, Halima può fare quel che vuole, ma le altre sorelle musulmane?