Post aggiornato alle 16,45 del 27 dicembre con le decisioni del giudice sportivo
"Mi dispiace la sconfitta e soprattutto per aver lasciato i miei fratelli! Però sono orgoglioso del colore della mia pelle, di essere francese, di essere senegalese, napoletano: uomo". Le parole di Kalidou Koulibaly colpiscono da Twitter come pietre e centrano in pieno il razzismo e, peggio, chi lo nasconde, chi lo minimizza, chi lo aggira, chi finge di non vederlo, chi si abitua, chi poi tanto uomo non è. Chi sostiene, che, in fondo, gli ululati del pubblico di San Siro contro il difensore centrale del Napoli non erano poi così forti e acuti, almeno dai microfoni tv.
A dispetto delle proposte, ufficiali e reiterate tre volte all’arbitro, di quel brav’uomo di Carlo Ancelotti, che allena gli azzurri, di sospendere la gara. Ottenendo solo due, inutili, richiami dello speaker dello stadio ai tifosi. Chi cerca nelle parole - peraltro assolutamente sbagliate - del presidente partenopeo, Aurelio De Laurentiis, la miccia che ha acceso gli animi nel pre-partita, aumentando le difficoltà dell’arbitro Silvio Mazzoleni ed aggiungendo tensione alle stelle ospiti, appunto i due espulsi, Koulibaly e Insigne.
Mi dispiace la sconfitta e sopratutto avere lasciato i miei fratelli!
— Koulibaly Kalidou (@kkoulibaly26) 26 dicembre 2018
Però sono orgoglioso del colore della mia pelle. Di essere francese, senegalese, napoletano: uomo.
⚽ #InterNapoli 1-0
#KK26 #famiglia
#ForzaNapoliSempre
#DifendoLaCittà pic.twitter.com/f9q0KYggcw
Il problema, ovviamente, è altrove. Intanto è nel carente senso sociale italiano, a fronte di una società sempre più multietnica che cresce in parallelo. Peggio ancora quest’ultimo fattaccio si verifica nella nostra unica città davvero europea, Milano, che, però, allo stadio, ricrea una zona franca per sbandierare i peggiori istinti dell’essere umano.
Inoltre, anche in questa circostanza delle vergognose violenze verbali al giocatore di colore Koulibaly, il calcio italiano malato dimostra di non saper andare alle radici dei problemi, perché non crea una classe dirigenziale e programmi validi (anzi, allontana il super manager Michele Uva, e annulla la carica in Figc), perché non può nemmeno più sperare nel “13 al Totocalcio”, perché vive di settimana in settimana, di risultato in risultato, di emozioni sporadiche e illusorie, perché sa solo attendere che spunti fuori un altro Totti, un altro Del Piero, un altro Baggio come panacea di tutti i mali. Essere bersaglio di bullismo e razzismo non è augurabile a nessuno, dev’essere tremendo per un essere umano, ancor di più per una atleta che sta solo facendo il suo lavoro. Che poi è un gioco e dovrebbe regalare spettacolo ed emozioni.
Ancora una volta le risposte sono semplici come le persone che le promuovono: il tweet dell’offeso, Koulibaly, le minacce dell’allenatore con la faccia onesta, Ancelotti, che dice: “La prossima volta ci fermeremo noi, e lasceremo tutti il campo” (visto che l’arbitro non ci difende), l’allenatore toscano, senza peli sulla lingua, Allegri, che incalza: “Prendere decisioni è impopolare e in Italia, mi dispiace dirlo, nessuno prende decisioni” (chiedendo provvedimenti contro “lingua lunga” De Laurentiis), il feroce difensore Chiellini che invita tutti alla calma.
(Il giudice sportivo ha sanzionato l'Inter con due gare senza spettatori e una senza il settore dei tifosi più accesi "per cori insultanti di matrice territoriale, reiterati per tutta la durata della gara, nei confronti dei sostenitori della squadra avversaria". Inoltre si punisce il "coro denigratorio di matrice razziale ai danni di Koulibaly. Due turni di squalifica per Kalidou Koulibaly e per Lorenzo Insigne sono i provvedimenti adottati nei confronti dei giocatori)