La spazzatura spaziale è una delle conseguenze della conquista dello spazio. Satelliti non più funzionanti, pezzi di lanciatori, che sono andati in orbita insieme al loro carico, detriti creati da esplosioni, accidentali o programmate nell’ambito di esperimenti militari, sono una costante e pericolosa presenza nelle orbite terrestri. Ma la nostra capacità di inquinare lo spazio non si ferma alle orbite terrestri. Ogni sonda che viene inserita in orbita lunare arriva accompagnata da una parte di lanciatore che poi rimane ad orbitare intorno alla Luna descrivendo traiettorie complicate continuamente modificate dall’attrazione gravitazione della Luna, della Terra e del Sole.
Proprio a causa di queste continue perturbazioni non è facile capire dove siano le molte decine (qualcuno parla di centinaia) di pezzi di spazzatura tecnologica che sono stati lanciati verso la Luna. Vederli non è facile: La luce riflessa da un cilindro metallico che orbita intorno alla Luna ricorda un moscerino che vola intorno ad un potente lampione. Occorre fortuna e capacità osservativa per accorgersi della sua presenza. Quando qualche osservatore ne individua uno, e si mette a seguirlo per determinarne la traiettoria, la domanda è sempre la stessa: da che missione proviene? Non è una curiosità puramente accademica. Eventuali danni causati da un qualsiasi componente di una missione spaziale sono responsabilità di chi ha effettuato il lancio.
La questione, che non è certo nuova, è tornata di attualità qualche settimana fa quando è stato visto un detrito in rotta di collisione con la Luna. L’impatto, previsto per il 4 marzo nell’emisfero nascosto del nostra satellite, rappresenterà una nuova riga nella lista dei manufatti umani sulla Luna e farà raggiungere la cifra tonda di 200 tonnellate alla ferraglia varia che ricorda successi e insuccessi di Unione Sovietica, Stati Uniti, Europa, India, Giappone, Cina e Israele.
In un primo tempo si era pensato che si trattasse dell’ultimo stadio del Falcon9 che, nel 2015, aveva portato in L1 la missione DSCVR della NASA (che è 1.5 milioni di km dalla Terra, a circa 4 volte la distanza della Luna). Ma un esame più accurato della traiettoria aveva dimostrato che non poteva essere quella missione. Allora si è pensato ad un pezzo del lanciatore Long March 3C della missione tecnologica Chang’è 5 T1, che la Cina aveva lanciato nel 2014. Si trattava della preparazione della missione Chang’è 5 che nel dicembre 2020 ha raccolto e riportato a Terra campioni del suolo lunare. La missione incriminata aveva fatto un sorvolo della Luna per poi riprendere la via di casa.
A scanso di equivoci, l’agenzia spaziale cinese ha negato, meglio mettere le mani avanti. Tuttavia l’impattatore misterioso ha suonato un campanello di allarme ricordando che nessuno si preoccupa di censire i molti oggetti che orbitano intorno alla Luna. Un problema che forse sarebbe il caso di considerare, visto il rinnovato interesse per il nostro satellite che vedrà non meno di 50 missioni nei prossimi 5 anni.
Ogni missione lascia qualche tipo di rottame in orbita che, prima o poi, è destinato a ricadere, come è successo al pezzo del lanciatore Saturn che ha lanciato l’Apollo 16. Meglio non farsi trovare impreparati