Il 20 novembre 1998 veniva lanciato Zarya (in russo Alba), un nome davvero azzeccato per il primo elemento, la pietra angolare, della base orbitante. A quel primo modulo se ne sono aggiunti altri, fino a raggiungere la configurazione minima per stabilire una presenza umana permanente.
Due anni dopo il lancio di Zarya, il primo equipaggio si stabiliva a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) che, da quel momento, è stata sempre abitata da astronauti di diverse nazionalità.
La prima volta di un europeo
Un mese dopo l’arrivo del secondo equipaggio, ho avuto il privilegio di esser il primo europeo mettere piede a bordo della Stazione. Ho ancora un ricordo vivissimo di quella esperienza, quando lo Space Shuttle Endeavour era all’inseguimento della stazione, che appariva come un punto luminoso molto più brillante di tutte le stelle del firmamento.
Era la primavera del 2001 e non ho potuto fare a meno di pensare alla scena di “2001 Odissea nello spazio” in cui l’astronave proveniente dalla Terra manovra per attraccare con la grande ruota in lenta rotazione. Man mano che ci avvicinavamo, però, l’impressione cominciava a sfumare. Anche se l’anno era lo stesso, la stazione verso cui stavamo attraccando era molto diversa quella immaginata da Kubrik. Davanti a me stava prendendo forma una gigantesca farfalla, dal corpo argentato e dalle ali dorate: erano i moduli e i pannelli solari della ISS.
Una 'base' costruita pezzo per pezzo
La stazione era ancora un cantiere in costruzione e il nostro compito era di “consegnare” la gru che avrebbe reso possibile l’aggiunta di nuovi elementi e la sua futura crescita. Il braccio canadese (Canadarm2) era un elemento critico per proseguire la costruzione della ISS e il nostro compito era di istallarlo e di renderlo operativo, un compito che abbiamo portato a termine con successo.
Meno critica, ma non meno importante per me, è stata l’istallazione del modulo italiano Raffaello, al suo battesimo del volo in orbita. Al suo interno c'erano diverse tonnellate di esperimenti e rifornimenti per la stazione. Agganciarlo alla ISS è stato un compito tutt’altro che facile, ma sono stato felice di aver portato sulla Stazione un pezzo di tecnologia italiana.
La casa dell'umanità nello spazio
Negli anni successivi, con l’arrivo in orbita di elementi russi, americani, europei e giapponesi, la ISS ha continuato a crescere. Complessivamente, 15 paesi hanno lavorato insieme per realizzare quella che possiamo definire la “casa dell’umanità” nello spazio.
Oggi la Stazione è più che raddoppiata, con laboratori per condurre sofisticate ricerche in assenza di peso, ambienti più confortevoli per l’equipaggio e perfino una bellissima cupola da cui ammirare il nostro bellissimo pianeta azzurro. Ma quello che è cambiato davvero è la possibilità di comunicare in tempo reale. Nel 2001, si poteva mandare qualche mail; oggi i miei colleghi possono inviare foto via Twitter, e parlare con le famiglie grazie a Skype. Possono addirittura vedere le partite in diretta e c’è perfino il lusso di un vero espresso.
La Stazione Spaziale Internazionale è stato il primo progetto spaziale davvero “globale”, un esempio di collaborazione che speriamo sia ripetuto anche per le prossime sfide nello spazio. Sono orgoglioso di aver dato un piccolo contributo a questo grande progetto e mi auguro che, anche grazie al lavoro di questi 20 anni, sarà presto possibile lasciare l’orbita terrestre e riprendere l’esplorazione umana dello spazio.
“Buon Compleanno ISS”