Appena un mese dopo il successo del volo inaugurale del Falcon Heavy, Helon Musk ha lanciato una nuova provocazione: entro il 2020 effettuerà il primo test orbitale della Big Falcon Spaceship (BFS), la nave spaziale destinata a raggiungere Marte.
Ma vediamo in dettaglio il progetto della Space X. Alla base c’è un sistema di lancio assai più potente del Falcon Heavy appena collaudato, denominato appunto Big Falcon Rocket (BFR).
Il BFR sarebbe il primo stadio di un altrettanto imponente secondo stadio, rappresentato dall’astronave (BFS) con a bordo gli astronauti. Completata la fase di lancio, il secondo stadio si dovrebbe staccare e usare i suoi propulsori per entrare in orbita di parcheggio intorno alla Terra. Il primo stadio, invece, tornerebbe verso la base di lancio per agganciare un enorme serbatoio pieno di carburante e portarlo in orbita.
La “cisterna spaziale” verrebbe utilizzata per rifornire la BFS e, una volta svuotata, ritornerebbe sulla Terra con il primo stadio. Con i serbatoi pieni, la nave spaziale potrà accendere i motori e iniziare il viaggio verso Marte con l'equipaggio e il suo carico.
Parte della tecnologia necessaria è già stata sviluppata e collaudata con i lanci del Falcon 9 e del Falcon Heavy, ma non c’è dubbio che il nuovo vettore sarà diverso per alcuni aspetti importanti.
Per cominciare, sarà più grande e dotato di una spinta molto maggiore, capace di trasportare in orbita l’enorme massa dell’astronave interplanetaria. Il BFR misurerà 106 metri di altezza e quasi 10 metri di diametro e sarà in grado di portare un carico utile di oltre 150 tonnellate in orbita bassa, quasi il doppio della capacità di lancio del Saturn V, il razzo che ha portato gli astronauti dell'Apollo sulla Luna.
Inoltre, il BFR utilizzerà un diverso tipo di propellente e un nuovo sistema per rifornire la nave spaziale in orbita. Ma le sfide maggiori riguarderanno i costi e la sicurezza del veicolo con gli astronauti. Basta pensare che, in 50 anni di storia, è solo la “seconda volta” che il secondo stadio di un veicolo spaziale viene riutilizzato. Il primo è stato lo Space Shuttle della NASA.
Per quanto riguarda i costi, proprio il programma Shuttle offre un riferimento interessante: secondo le stime del 2010 (un anno prima che lo Space Shuttle fosse ritirato), il programma costava circa 210 miliardi di dollari. Gran parte di questi costi erano legati alla manutenzione tra un lancio e l’altro e al costo del propellente. Perché il progetto della Space X possa essere economicamente sostenibile, bisognerà ridurre questi costi di decine di volte.
Musk ci ha abituato agli annunci roboanti e spesso i suoi progetti non hanno rispettato i tempi previsti. Ma non si può negare il fascino di questa nuova sfida: se lo sviluppo della BFS avvenisse davvero all’inizio del prossimo decennio, diventerebbe realistico pensare ad una missione umana nel 2024, circa dieci anni prima della data prevista dalla NASA.
Ma l’aspetto più interessante è, forse, la prospettiva a medio termine. Se Space X riuscisse davvero a realizzare un’astronave in grado di raggiungere Marte, è molto probabile che le agenzie di tutto il pianeta si mobiliterebbero per fare lo stesso.
Il sogno dei viaggi interplanetari potrebbe davvero realizzarsi prima del previsto!